Scrive Gioacchino Grupposo su Cecilio, il lungomare di Marsala e gli scavi archeologici

redazione

Scrive Gioacchino Grupposo su Cecilio, il lungomare di Marsala e gli scavi archeologici

Condividi su:

giovedì 09 Ottobre 2025 - 06:45

Io mi sono occupato di Cecilio Metello Fabiano perché è un IO IDENTITARIO. Lui porta e trasmette un’eredità. Questa eredità è Greco-Romana. Cosa puó trasmetterci oggi? Ci puó trasmettere il LOGOS. ESSO È MISURA, ORDINE, LIMITE.

Cecilio ha conquistato la CONSCIENTIA sui attraverso le componenti che la MATER Divina gli ha fornito, e, in base alla distinzione tra DIONISO e APOLLO, è pervenuto al dominio di sé, che non è rigidezza assiomatica né ubrys dommatica, bensì apertura critica verso di sé e il mondo. Certamente gli aiuti spirituali esterni gli mancherebbero, come le fonti di trasmissione iniziatica. In compenso troverebbe in sé li modo di auto-costituirsi in vir pius et optimus, attingendo al mito che parla del cosmo e della sua UNITÀ DIVINA. PERSONALMENTE, lui professerebbe il culto di ZEUS e su questo culto interiore e non pubblico – quod mirum in saeculo-darebbe le sue ragioni. Nella vita di tutti i giorni è un uomo ordinario, ma nel privato si prosterna dinanzi a ZEUS. PERCHE’ ZEUS? Lui paragona ZEUS a BRAHMAN, ma a suo avviso ZEUS è un principio endo-cosmico, che, per via di esigenza personale, si integra nel suo sé come Brahma saguna e pertanto lo invoglia alla pietas bhaktica. Vivendo nella nostra epoca, respingerebbe risolutamente il percorso semitico, contrassegnato dal sigma giudaico-cristiano-coranico, considerato via dogmatico – repressiva e oltre tutto ferocemente monolatrica.

Precedentemente ho immaginato Cecilio vivente sotto Augusto, immaginiamolo ora nato a Marsala, con attitudini accentuatamente intellettualistiche, sicché, non potendo soddisfarle in loco, parte verso altre direzioni. Immaginiamolo ad un certo momento munito di studi atti a consentirgli di accedere all’insegnamento universitario. Nel corso del suo sviluppo coscienziale intanto ha avuto modo di scoprire  la via degli dei e di sentire dentro di sé una eco lontana che via via lo ha condotto al contatto empatico col mito greco riconosciuto in radicibus come fondativo  e personalizzante. Da quel momento e  lungo il suo itinerario esistenziale, marcato da incontri fisici e cognitivi di rilevanza e di incidenza, egli avrebbe dato alla sua vita un orientamento specifico. A Marsala sarebbe tornato solo per celebrare, da convinto seguace degli dei, i momenti solstiziali e trascorrere il periodo estivo rure et animo sedato. Esperto di studi archeologici e conoscitore di storia antica, avrebbe orientato i suoi sentimenti verso il cuore pulsante dell’antico Lilibeo, in quel momento ridotto a locus interdictus e recitantato. Lui, nelle sue peregrinazioni intellettualistiche attraverso il mondo contrassegnate da spessore culturale, spinto dalla nostalgia e dalla rabies di vedere sorgere metastasi costruttive come palafitte deturpanti il locus carico di storia col solo fine dell’avidità commerciale, avrebbe dato vita ut civis singulus ad un movimentato battage di parole e di incontri, al punto di far convergere l’interesse internazionale verso il punctum dolens della sua città natale. Di conseguenza, il suo sogno sarebbe stato quello di vitalizzare il parco con lavori di scavo, di istallazione di centri di ritrovo storico – attrattivo, con la sensibilizzazione evocativa per la domus romana sepolta tra le spesse erbe e orribilmente dimenticata. Avrebbe voluto vedere in atto un turismo colto aggirantesi nel locus sacer rivitalizzato e rianimato da interesse artistico e religioso – rispettoso dell’aura benyaminiana emanante dal sito. Ma la sua rabies non era meno orientata verso l’usurpazione cristiana del locus maggiormente propheticus et symbolicus occupato Illo Tempore Sacro dalla Sibilla Cumana.  Nocte quadam, in un sogno onirico-intuitivo, vide accanto alla sede sacra della Sibilla ergersi un tempio forse dedicato alla Magna Mater o a Venere callipigia. Tra gli auspici del futuro sarebbe stato ottimale scupolare il capannone che la viltà cristiana aveva latronescamente sovrapposto alla sede sacra della profetessa. Testimone del susseguirsi vicissitudinale era Poseidone, flusso e riflusso di una memoria eterna, chiamato a confessare il contrasto tra realtà assolutamente incomparabili che avevano visto il cimento di vite macroscopicamente diacrisiche. Oggi, sotto gli occhi di Cecilio, in quella zona sacra si aggira  un bipede ignaro, ignavo, senza eredità, avido, ottuso, cieco, ribollente di smodati desideri, voracissimo, incapace di cogliere il legame tra la materia e il simbolo. Ma ancora peggiore era la mentalità di chi era preposto ad amministrare tale patrimonio considerato come cimelio inerte e nudamente storico, tutt’al piu’ soggetto – quod satis iuri-a custodia sine tempore. Per converso il tutor loci avrebbe dovuto essere dotato di animo sacerdotale, simile a quello di Plutarco. Lo stato di abbandono della parte sacra in contrappeso alla diffusa insorgenza metastasica di palafitte commerciali attiranti ciandala voracissimi era oggetto di continua meditazione disperata di Cecilio. I luoghi sono portatori di aura sacra e di incanto. A MAZARA del Vallo il litorale è incantevole per via di Poseidone, senza piú, allo stesso modo il litorale trapanese affascina per la presenza di Teti. Ma il litorale marsalese reca la traccia impressa dal nume, che non è dato unicamente dalla vicinanza ondivaga. Se solo il credito e non solo intellettuale di intelligenze internazionali potesse concentrarsi sul valore del parco marsalese, sarebbe consequenziale la sua rinascita. Tra queste intelligenze ci dovrebbero essere quelle di sensibilità pagana, in quanto esse solo  potrebbero restituire senso e valore ad oggetti stimati dagli archeologi museali. In particolare la domus romana diventerebbe la domus aurea neroniana con messa in evidenza della sua funzionalità sacrale mediante il sacellum dedicatorio . E non solo. Diventerebbe il forum per dibattiti e celebrazioni riservate ai cultori pagani. Ma una battaglia ancora più veemente spetta all’igiene del litorale. La sorveglianza piú stretta  e rigorosa dovrebbe vigilare sulla entità delle palafitte inquinanti e sulla viabilità solcata da ciandala noncuranti, da podisti interessati al loro ego, da vandali veicolari parcheggianti selvaggiamente, unicamente protesi al richiamo ludibrico delle palafitte vomitanti veleno. Infine una altra grande battaglia sarebbe orientata alla richiesta pacifica di un bene che di fatto appartiene al patrimonio pagano, la pseudo-aedes intotalata ad un individuo di origine mitico-semitica e olim sede della profetessa, signaculum gentium. Se ora procediamo lungo il viale bovario(il nome alludente ad un fatto prosaico è da scartare, esso probabilmente allude al mito Fondativo di Roma o al mito narrato nell’odissea riferentesi alla presenza bovina custodita dal dio Sole), arrivando alla piccola piazza ove sorge il monumento al dux Garibaldi, notiamo accanto una insenatura evadentesi in depressione conducente al mare: ora, nel prolungamento sabbioso di tale depressione apparivano-ni parce fallor-sagomature funebri risalenti ai primi secoli dell’era volgare. Queste delineazioni mortuarie a valore sepolcrale sono scomparse. Si descriptio non errat. Nella tangenza immediatamente marina sono comparse or non molto forme quadrangolari di cemento con funzione di sostegno strutturale. Tali forme basiche, simili ai sostegni sorreggenti le piattaforme petrolifere, adesso supportano strutture lignee, simili a quelle utilizzate dal cabanon che sorge molto piú avanti, adibito a palafitta commerciale. Siccome tale nuova struttura è in fieri, non se ne può stimare – saltem iudicio profano-la destinazione. Ma se è di natura bieca, come quella dei cabanon longior et propior, ma per di piú poggiante su forme infisse nell’acqua, allora la deturpatio loci si aggrava maggiormente, con il plauso dell’autorità demaniale e con la maledizione scagliata dagli dei. Ai posteri l’ardua sentenza! La palizzata, costituita da assi di legno robusto, si unisce al terreno sabbioso mediante una striscia lignea. Il problema è dato dal suo sopraelevarsi sull’acqua marina con conseguenze deturpanti e inquinanti e risponde a volontà modificatrice del paesaggio marino naturale. A meno che non si tratti di struttura protettiva a difesa dell’habitat.. Cosa da escludere, data la volontà distruttrice in atto perpetrata dal qualunquismo ambientale. E tutto ció accade perché al QUIDAM distruttore fa difetto il senso sacro della res naturale, considerata come inerte e facilmente manipolabile. Altrimenti si comporterebbe colui che è dotato di una visione olistica includente il detto eracliteo sulla plenitudine  morfo-teica del tutto. Marsala, proh dolor, è aliena da tutto ció.

Gioacchino Grupposo, Paganus vir. Ante Idus Septembres

Condividi su:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Commenta