L’affluenza al voto per il referendum dell’8 e 9 giugno sembra almeno al momento, un flop. Per i 5 quesiti referendari alle 23 si è recato alle urne circa il 22% degli aventi diritto al voto. Nell’ultimo referendum di iniziativa popolare si era recato alle urne il 41%. Va detto che per raggiungere il quorum è necessario Ia metà degli aventi diritto più uno. I seggi si sono chiusi alle 23 di ieri e si sono riaperti questa mattina alle 7 fino alle 15. Alle ore 19 di ieri per i cinque referendum abrogativi su lavoro e cittadinanza si sono recati alle urne il 15,6% degli aventi diritto, secondo i dati forniti dal Viminale relativi a oltre 52 mila seggi su 61.591 aperti in tutta Italia dalle 7. La Regione dove fino alle 19 si è votato di più è stata la Toscana, con un’affluenza di poco superiore al 22%. . Quella dove si è votata di meno la Calabria, con una presenza alle urne che ha lievemente in media superato il 10%. I seggi restano aperti stasera fino alle 23. Per riaprire domani dalle 7 alle 15.
Primo quesito: reintegro licenziamenti illegittimi
Si propone l’abrogazione di uno dei decreti del Jobs act che riguarda il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti introdotto nel 2015. Cancellando il decreto si ristabilisce l’obbligo di reintegro del lavoratore nel suo posto di lavoro in tutti i casi di licenziamento illegittimo, come prevedeva fino al 2015 l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. La questione riguarda i lavoratori assunti dal 2015 in poi in aziende con più di quindici dipendenti.
Secondo quesito: licenziamenti e limiti indennità
Il quesito due chiede se si vuole eliminare il tetto massimo all’indennità dovuta ai lavoratori per i licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di quindici dipendenti, consentendo al giudice di determinare l’importo senza limiti predefiniti.
Terzo quesito: tutela contratti a termine
I cittadini devono decidere se abrogare alcune norme che stabiliscono quand’è che un’azienda può assumere lavoratori con contratti a tempo determinato e a quali condizioni può prolungare e rinnovare questi contratti. Cancellando le norme in vigore dal 2015 si ristabilisce l’obbligo di una “causale” per i contratti a tempo determinato più brevi di dodici mesi, cioè l’obbligo di indicare per quale motivo si usa questo tipo di contratto. Oggi l’obbligo c’è solo per i contratti a tempo determinato che durano dodici mesi o più.
Quarto quesito: responsabilità infortuni sul lavoro
Il quesito chiede l’abrogazione della norma che esclude la responsabilità solidale del committente (cioè chi affida un lavoro in appalto), dell’appaltatore (chi riceve l’incarico di fare il lavoro) e del subappaltatore (chi, in alcuni casi, svolge il lavoro per conto dell’appaltatore) per gli infortuni sul lavoro legati al tipo di attività che svolgono le imprese appaltatrici o subappaltatrici. L’espressione “responsabilità solidale” indica che tutti i soggetti coinvolti (in questo caso committente, appaltatore e subappaltatore) hanno gli stessi obblighi, per esempio di risarcimento, verso chi subisce un danno di cui sono responsabili. Oggi la responsabilità solidale negli appalti non è prevista. Se invece dovesse vincere il sì, in caso di infortunio di un lavoratore dovrebbero risponderne anche il committente.
Quinto quesito: cittadinanza italiana
Ad oggi per avere la cittadinanza italiana le persone maggiorenni nate in un paese esterno all’Unione europea devono risiedere legalmente in Italia per almeno dieci anni. Il quesito propone di cancellare questa norma per tornare a quella precedente, in cui si stabiliva che gli anni di residenza necessari erano cinque. Tutti gli altri requisiti per ottenere la cittadinanza previsti dalla legge del 1992 non sono modificati.