L’Unesco, la lirica e lo Stagnone

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

L’Unesco, la lirica e lo Stagnone

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giovedì 07 Dicembre 2023 - 06:45

Grande entusiasmo ha suscitato, ieri pomeriggio, l’ennesimo riconoscimento dell’Unesco per l’Italia, che ha inserito il canto lirico della nostra tradizione nazionale nella lista dei beni immateriali meritevoli di tutela. Hanno comprensibilmente esultato i rappresentanti del governo, ma il merito è da attribuire soprattutto ai cantanti lirici, che nel 2011 hanno costituito un’associazione per valorizzare la propria arte. Di fronte alla bocciatura del primo dossier, risalente al 2014, non si sono persi d’animo e hanno lavorato per una nuova candidatura che stavolta è stata valutata positivamente.

Un riconoscimento nazionale, naturalmente, è una buona notizia per tutti, da Bolzano a Lampedusa. Dalle nostre parti, tuttavia, ogni volta che si parla di Unesco il pensiero non può non andare ai vari tentativi di candidare la Riserva dello Stagnone di Marsala nell’altra lista Unesco, quella riservata ai beni materiali meritevoli di tutela e in cui sono già ben 59 i siti in cui l’Italia è a vario titolo rappresentata. Ogni volta che andiamo a fare una passeggiata lungo il litorale che costeggia le saline e i mulini, davanti alle isole dello Stagnone e delle Egadi, appare inevitabile chiedersi come mai questa meraviglia non abbia ancora meritato un riconoscimento, come accaduto – invece – per il barocco della Val di Noto, per la Valle dei Templi, per i percorsi arabo-normanni di Palermo, le isole Eolie, la Villa del Casale di Piazza Armerina o l’Etna. La storia è nota: numerosi sono stati i tentativi, ma finora senza esito.

Consultando il sito ufficiale di Unesco Italia si trovano attualmente 31 candidature in attesa, tra cui quella di Mozia e Lilibeo, presentata nel 2006. L’auspicio è che non sia rimasta “dormiente” in questi 17 anni e che i nostri rappresentanti istituzionali si siano spesi adeguatamente per sostenerla, come del resto è stato fatto in altre realtà italiane che sono riuscite ad ottenere il riconoscimento Unesco. Sarebbe importante per una questione di prestigio, ma anche di sviluppo economico: qualche anno fa è stato stimato che l’inserimento tra i siti considerati patrimonio dell’umanità porti un incremento del 40% in termini di presenze turistiche.

Attendiamo, dunque, fiduciosamente il 2024, sperando che possa essere l’anno giusto per interrompere la lunga sequenza di occasioni mancate da questo territorio e per invertire una tendenza alla rassegnazione che sembra sempre più marcata nella nostra comunità.

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