È stata aperta dalle repliche dei pubblici ministeri della Dda Carlo Marzella e Paolo Guido l’ultima udienza del processo scaturito dall’operazione antimafia “Eden”. Il procedimento presieduto da Gioacchino Natoli (a latere Giacalone e Fiorella) vede imputati: Anna Patrizia Messina Denaro, sorella di Matteo, ritenuto il capo di Cosa Nostra, Francesco Guttadauro, nipote del superlatitante e Antonino Lo Sciuto, ai quali è contestato il reato di associazione mafiosa, Vincenzo Torino, accusato di intestazione fittizia di beni e Girolama La Cascia, ritenuta parte lesa, ma accusata di false dichiarazioni al pm e favoreggiamento. Il pm Marzella ha replicato a quanto affermato dall’avvocato Messina, difensore di La Cascia. “Se lo scopo della Dia fosse stato quello di incastrare la La Cascia con domande trappola, come ha detto l’avvocato, dobbiamo chiederci perché la stessa sorte non sia toccata alla Campagna che invece ha risposto alla Dia dicendo la verità e per questo è stata ascoltata come testimone e non come imputata. Sia la difesa di La Cascia che di Patrizia Messina Denaro hanno detto che sarebbe il primo caso di estorsione con preconfezionamento della prova delle proprie responsabilità. Con prova documentale del passaggio di denaro avvenuto tramite assegni. Ma non è così. Ci sono stati casi di imprenditori che emettono persino fattura del pizzo pagato. In questo caso, pur in presenza di assegni per 70mila euro, la banca non ha effettuato alcuna segnalazione di operazione sospetta. Se la Dia non avesse indagato, non si sarebbe mai scoperto nulla”. Il pubblico ministero ha anche precisato che uno dei testi principali dell’accusa è credibile. “Per noi Vincenzo Campagna è il testimone più attendibile. Non aveva alcun intento speculativo, tanto è vero che non si è nemmeno costituito parte civile. La tentata estorsione in danno di Rosetta Campagna è di 100mila euro. In quel periodo la donna emise assegni per 100mila euro che poi non furono negoziati. Sempre in ordine all’estorsione contestata ad Anna Patrizia Messina Denaro la difesa dice che non c’è certezza che la Bonagiuso fosse incapace di disporre oralmente delle sue sostanze fino alla fine, ma invece lo dicono in molti e la stessa La Cascia ha anticipato al 26 dicembre 2010 la data in cui la Bonagiuso avrebbe detto di lasciate soldi a Patrizia”. Il pm non ha dubbi nemmeno sulla colpevolezza di Guttadauro: “Diverse e convergenti le fonti di prova rispetto al ruolo di portavoce dello zio Matteo Messina Denaro assunto da Francesco Guttaduaro. Strettissimo il rapporto tra i due per vicende familiari e affari. E siccome Guttadauro aveva solo 9 anni quando Matteo è diventato latitante, il rapporto si è consolidato durante la latitanza”. Marzella parla anche di Lo Sciuto. “Lorenzo Cimarosa (collaborante) ci dice che Lo Sciuto non era mafioso, ma lavorava con Filardo e si è trovato in mezzo a certe faccende. Ma le valutazioni non le possiamo far fare a Cimarosa. Per noi Lo Sciuto è diventato la longa manus di Filardo dopo l’arresto di quest’ultimo. Depositario delle somme prima drenate dai familiari di Filardo e poi destinate ai Messina Denaro”. Poi la parola è passata al pm Guido: “Il fatto che la Patrizia Messina Denaro percepisse una somma dai proventi dell’associazione mafiosa è una cosa chiara, per questa pubblica accusa. Le dichiarazioni di Cimarosa sono confermate dalle intercettazioni. In un colloquio Giovanni Filardo dice di darle mille e cinquecento euro, due mesi dopo la figlia dice che le dà ogni mese mille euro. Che Patrizia Messina Denaro percepisse un vero stipendio dalla cassa mafiosa si evince dal fatto che spesso lei stessa interveniva nelle riunioni delle imprese”. Guido ha anche ribadito che Patrizia avrebbe veicolato i messaggi di Matteo”. Nessun dubbio, secondo il pm neanche sulla fittizia intestazione contestata a Vincenzo Torino.
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