L’inchiostro del disonore, recensione sul libro “Protocollo fantasma” di Walter Molino

Claudia Marchetti

L’inchiostro del disonore, recensione sul libro “Protocollo fantasma” di Walter Molino

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martedì 13 Maggio 2014 - 12:19

 Onesta, limpida, misurata, esente da giudizi a catenaccio, si presenta l’analisi sviluppata da Walter Molino, nel libro “Protocollo fantasma”, sulla controversa trattative tra organi dello Stato e la Mafia. A primo acchito rientra nel genere del giornalismo d’inchiesta ma, al cospetto di una robusta intelaiatura concettuale unita a una consona dignità lessicale, si sarebbe in torto a non riconoscerne qualità anche letterarie. Del resto, si può essere fiduciosi che, nell’ariosa trasversalità di temi ed interessi sollevati, il giovane molino sconfinerà a breve in altri ambiti di ricerca e di espressione. Si precisa, abituato com’è a un costrutto conciso ma caustico, asciutto per renderlo più affilato, che difficilmente si impantanerà nel dire parolaio e vanaglorioso dove precipitano, ahimè, tanti… scrivani. Rispetto al lavoro precedente “Taci infame”, edito sempre con “Il Saggiatore”, è lieta la conferma di un affinamento di metodo e di sostanza, oltre lo stile ragionevolmente educato. Il metodo nasce da opportuni riscontri e verifiche che mettono a fuoco fatti ed episodi per lo più manipolati in un macabro gioco delle parti che vedono protagonisti, soggetti pubblici che si servono delle Istituzioni per fini di arricchimento illegale. Alla messe di devianze e a tutto ciò che la materia inquinante produce, l’autore contrappone lucidamente l’arma che tanto sarebbe piaciuta a Sciascia: l’ironia mordace, il sorriso amaro che smaschera, il mezzo di una diversa civiltà che rende ridicolo meschino ignobile quanto c’è di inumano. Ci fa capire, insomma, che sarà proprio questa diversa civiltà, imperniata su un diverso senso del dovere, a sconfiggere la selvaggia quanto dolente sottocultura che si è sedimentata in questi anni. Affiora il fine ricercatore che si arrovella per avvicinarsi quanto più possibile a quelle dinamiche criminose, il cittadino offeso, il professionista corretto che si spinge verso le correnti carsiche della storia repubblicana. Possono sembrare perfino azzardati certi riferimenti oggettivi e costanze di comportamenti, ma è innegabile che le tappe (spesso da ricostruire) delle conoscenze storiche, lo portino per amore di chiarezza agli intrecci innaturali e a quei scellerati scritti con l’inchiostro del disonore. Compreso, forse, il protocollo fantasma.

Peppe Sciabica

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