Il Policlinico di Catania Circa 80 milioni di euro a fronte di rischi ridottissimi. Sono...
Circa 80 milioni di euro a fronte di rischi ridottissimi. Sono i ricavi a cui avrebbero potuto ambire, nel giro di una quindicina d’anni, i privati aggiudicatari della proposta di partenariato a cui il Policlinico di Catania, qualche anno fa, aveva dato il proprio bene stare per rinnovare il servizio mensa negli ospedali. Il periodo ipotetico del terzo tipo, quello dell’impossibilità, è d’obbligo: dopo il Tar, anche il Cga ha cassato l’iniziativa dell’azienda sanitaria etnea.
Il ricorso di un anno fa
L’anno scorso a ricorrere contro il project financing era stata anche la G. & C. Servizi Globali – oggi Inthegra –, una delle società che attualmente gestisce la ristorazione per pazienti, medici e personale sanitario. L’azienda, difesa dall’avvocata Isabella Ferrante, ha visto riconosciuto le proprie ragioni dal Consiglio di giustizia amministrativa, che ha rigettato il ricorso del Policlinico contro la sentenza di primo grado e di conseguenza confermato le criticità insite nella proposta presentata dalle aziende Siristora – anch’essa attuale gestore –, Vivenda e Sirimed, tutte difese in appello anche da Gaetano Armao, ex assessore regionale e attuale presidente della Cts e consulente del presidente Renato Schifani.
Il bando contestato
Al centro della disputa giudiziaria c’era l’iniziativa del valore complessivo di circa cento milioni avviata nel 2023 dal Policlinico, sotto la dirigenza di Gaetano Sirna, andato in pensione nei mesi scorsi. Per individuare chi avrebbe dovuto preparare i pasti l’azienda sanitaria aveva scelto la strada del project financing. Si tratta di un istituto previsto dal codice dei contratti che poggia sul concetto di concessione: il pubblico concede al privato il diritto di gestire un servizio sfruttandone il relativo ritorno economico, ma a patti di farsi carico dei rischi connessi alla realizzazione dello stesso. A chiarire quali siano le differenze con una normale gara d’appalto ci ha pensato di recente il Consiglio di Stato: “La distinzione attiene alla struttura del rapporto, che nell’appalto di servizi intercorre tra due soggetti, essendo la prestazione a favore dell’amministrazione, mentre nella concessione di servizi pubblici intercorre tra tre soggetti, nel senso che la prestazione è diretta agli utenti”.
Nella sentenza pubblicata dal Cga lunedì scorso si legge che “affinché possa farsi uso dell’istituto della finanza di progetto occorre verificare, di volta in volta, se la concreta attività che il privato intende porre in essere, con la connessa ripartizione dei rischi con l’ente concedente, sia tale da realizzare, in capo all’operatore economico, quel trasferimento del rischio operativo legato alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei servizi”. I contenuti del project financing accolto dal Policlinico per i giudici non rispettano tali principi. “Dalla lettura dei documenti emerge come, in condizioni operative normali, sia ben garantito il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti per la gestione dei lavori e dei servizi oggetto della concessione”, viene affermato nella sentenza che definitivamente annulla tutti gli atti sottoscritti in questi due anni.
Le singole criticità
Nel provvedimento si elencano tutti gli aspetti che spingono ad affermare che quello messa a gara dal Policlinico sarebbe stato un appalto di servizi mascherato da concessione. “Non sussiste il rischio di concorrenza, in quanto l’operatore economico, in una posizione di sostanziale monopolio, fornisce il servizio di ristorazione ai pazienti e ai dipendenti del Policlinico, con obbligo in capo all’Azienda ospedaliera di rispettare un determinato numero di ordinativi per ogni anno di concessione. Non vi è il rischio di insolvenza dal momento che è lo stesso Policlinico (e non gli utenti finali) a provvedere al pagamento delle rette (di ammontare già previamente stabilito). Non sussiste il rischio di squilibrio tra domanda e offerta, dal momento che l’operatore economico ben può pianificare i pasti da preparare in base alla (ristretta) platea di riferimento, non essendo stato inoltre dimostrato che il numero degli utenti finali del servizio di ristorazione (dipendenti e pazienti del Policlinico) sia oggetto di significative o repentine fluttuazioni nel corso del tempo”, si legge. La lista delle criticità prosegue con la considerazione che “i costi per l’adeguamento e il potenziamento del centro cottura sono di entità assai marginale rispetto al valore complessivo del servizio”. A fronte, infatti, di poco più di 1,1 milioni di costi fissi erano stati stimati quasi 80 milioni di ricavi nei quindici anni della concessione.
La questione royalties
La proposta di project financing prevedeva il pagamento a favore dell’azienda sanitaria di royalties in misura proporzionale ai pasti che le società concessionarie avrebbero preparato in favore di utenza esterna. A contestare questo passaggio è stata la legale di Inthegra, la società che gestisce al momento insieme a Siristora il servizio.
“L’uso illegittimo e distorto della finanza di progetto è di lapalissiana evidenza ed è legato – si legge in una memoria difensiva depositata dall’avvocata Isabella Ferrante – a un unico obiettivo: consentire alle imprese appellanti di utilizzare un centro cottura pubblico per l’esercizio ordinario della propria attività, ma con oneri a carico dell’amministrazione. In tale contesto, la previsione delle royalties costituisce soltanto un appannaggio per soddisfare il crisma meramente teorico della struttura pubblicistica che ne ritrae una utilità”.
Secondo Ferrante, il sistema di cottura a legame refrigerato proposto nel project financing avrebbe rischiato di esporre Policlinico “ai costi di un investimento che non ha alcuna ragione d’essere, in quanto l’acquisto degli automezzi necessari per siffatta tipologia di trasporto serve soltanto a consentire alle aziende preponenti di dotarsi, a spese dell’amministrazione, di mezzi destinati ad essere utilizzati, con ogni probabilità, per servizi esterni e non certo per la produzione dei pasti interni”.
La difesa del Policlinico
Nell’esaminare il ricorso, i giudici del Cga hanno rigettato tutti i rilievi formulati dall’azienda sanitaria. A rappresentare le ragioni del Policlinico è stato, così come in occasione del giudizio di primo grado davanti al Tar, l’avvocato messinese Gianfranco Scoglio.
Prima di rappresentare il Policlinico nelle aule dei tribunali, Scoglio era stato coinvolto nella valutazione, per conto del pubblico, del project financing presentato da Siristora, Vivenda e Sirimed. L’incarico era arrivato dai vertici dell’azienda sanitaria catanese.
La bacchettata dell’Ue
Sul tema del project financing e di come questo istituto sia disciplinato in Italia, di recente ha acceso i riflettori l’Unione Europea. La Commissione Ue, infatti, ha avviato una procedimento di infrazione legato al codice degli appalti voluto dal governo Meloni, contestando il principio del diritto di prelazione che consente al proponente del project di avere la meglio sull’aggiudicatario a condizione che a quest’ultimo vengano rimborsati i costi sostenuti per partecipare alla gara. All’origine della contestazione c’è un dato di fatto: la prelazione fa sì che le gare d’appalto derivanti dai project financing vedano quasi sempre la partecipazione soltanto delle aziende proponenti. Per l’Ue ciò rappresenta una distorsione del mercato e una violazione dei principi di concorrenza, non discriminazione e parità di trattamento.