In alcune classi elementari italiane c’è uno di quei lenzuoli con la famosa foto di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con la scritta “Non li hanno uccisi: le loro idee camminano sulle nostre gambe”. Pochissimi alunni però sanno chi sono “quei due signori coi baffi che ridono”. Ancor meno quelli che sanno cosa ricordasse quelle date stampate sul lenzuolo: 23 maggio e 19 luglio 1992. Gli alunni di oggi sono nati quindici anni dopo quelle stragi. E’ come se qualcuno, quando noi frequentavamo le elementari, ci avesse chiesto della strage del Vajont avvenuta il 9 ottobre del 1963 o dell’incarcerazione di Nelson Mandela. Avevamo studiato il Veneto senza che nessuno parlasse di Longarone, di quello che era successo a causa di quella frana: erano morte 2000 persone ma sul libro di geografia non c’era una riga. Eppure conoscevamo benissimo i fiumi, i confini, i capoluoghi di quella Regione. Alla scuola bastava quello, alla nostra vita, lo abbiamo scoperto in seguito, no. Nessuno oggi può pensare che i nostri ragazzi conoscano quello che è successo in Italia nel 1992 se non vi è un passaggio del testimone, se non abbiamo un esercito di insegnanti che conosce quel pezzo di storia al di là del semplice “…mi ricordo dov’ero quel giorno”. Su un libro di geografia della quinta elementare quando si parla di Sicilia, allora come oggi, non si cita la mafia. Non si parla nemmeno di Capaci e di via D’Amelio. Quando a scuola qualche buon’anima di insegnante affronta questi argomenti, vanno tutti a finire in quell’ “Educazione alla cittadinanza” che contiene di tutto e di più. Fare memoria del nostro passato in questo Paese è lasciato alla buona volontà. Lunedì 50mila studenti in otto piazze italiane hanno ricordato Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. E gli altri 7.000.000 di ragazzi e i 650 mila circa insegnanti che hanno fatto in classe? Il 1992 fa parte della nostra storia, è una ferita che sanguina ancora sul corpo del nostro Paese. Abbiamo scuole dedicate ai due giudici, piazze e vie eppure qualcuno lunedì le ha attraversate come se niente fosse, come se quel 23 maggio fosse solo un ricordo. Quel lenzuolo dovrebbe essere appeso in ogni classe o almeno in ogni scuola. Accanto alla fotografia del Presidente della Repubblica ci dovrebbero essere quei due volti che, proprio perché amavano lo Stato, sono stati ammazzati da una parte di esso e dalla mafia. Lasciare che quella storia sia solo materia per insegnanti appassionati è un errore che non possiamo permetterci: a che servirà altrimenti ai nostri futuri cittadini conoscere i confini della Sicilia, gli Assiri e i Babilonesi, la democrazia ateniese senza far camminare le idee di Falcone e Borsellino sulle loro gambe?
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