Viticoltura, nuove frontiere del vino, il prodotto per eccellenza delle nostre terre, mercati internazionali, Vinitaly. Abbiamo toccato diversi punti con la marsalese Roberta Urso, responsabile alla comunicazione e pubbliche relazioni delle Cantine Settesoli di Menfi, recentemente eletta delegata regionale dell’Associazione Donne del Vino.
Iniziamo con un resoconto di questa 53esima edizione di Vinitaly 2019, la manifestazione più importante del settore vitinicolo. Anche voi Donne del Vino non siete mancate all’appuntamento. Vino e immagine oggi vanno di pari passo. Come vi siete presentate?
Al Vinitaly si deve l’evoluzione del sistema vinicolo nazionale, grazie alla capacità che la fiera ha avuto di fare del vino una delle più dinamiche e coinvolgenti realtà del panorama produttivo nazionale. Per le aziende siciliane essere presenti al Vinitaly rappresenta un indispensabile momento di consolidamento dei rapporti esistenti coi partner commerciali sia italiani che esteri, oltre che per avviare rapporti con soggetti terzi, che grazie alla Fiera si concentrano in 4 giorni di incontri, meeting e scambi, di incontri con la stampa estera ed internazionale, cui comunicare valori, strategie, news e programmi aziendali. Noi Donne del Vino della delegazione Sicilia ci siamo presentate con stand innovativi, pieni di colore e calore, ove il territorio, famiglie e comunità sono al centro di tutto. Il visitatore percepisce la vocazione agricola e soprattutto viticola dell’isola, ove l’agricoltura diventa il motore dello sviluppo economico in virtu’ del lavoro e della passione dei vignaioli. Non c’è modalità migliore di promuovere e comunicare il prodotto vino, figlio della terra siciliana, verso il consumer e verso il trade, se non partecipando all’esperienza del Vinitaly: qui il trade, i giornalisti ed i buyer ospiti, hanno cementato o instaurato con le aziende relazioni e contatti, sentendosi permeati di un progetto ampio di sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Questi infatti i valori comunicati dalle aziende siciliane.
Il vino locale e in via generale, quello siciliano, si avvia verso nuovi mercati internazionali. Quali scenari si aprono oggi?
L’esperienza dell’ultimo Vinitaly ci insegna che la Cina diventa sempre di più il mercato internazionale da attenzionare, seguire e penetrare: fino a qualche anno fa i facili entusiasmi erano stati un po’ offuscati dalla scarsa professionalità degli operatori e dalle barriere all’ingresso, oggi invece il trade è più evoluto, è più semplice trovare partner validi capaci di agevolare la distribuzione dei vini siciliani in quel mercato. Un mercato dalla crescita esponenziale, che occorre sapere sfruttare al massimo nella maniera più virtuosa. Interessanti comunque tutti i mercati asiatici, compresi Singapore, Corea ed il Giappone.
Innovazione vitivinicola e peculiarità del territorio sono importanti per la produzione di un vino ed oggi, probabilmente, se ne ha una coscienza maggiore.
La Sicilia, continente del vino, è ricca di biodiversità ed ogni angolo dell’Isola esprime una vocazione vitivinicola differente, grazie ai diversi terroir; la stessa varietà infatti genera vini dal carattere differente, distintivi del territorio che li ha generati, ma comunque tutti marcatamente mediterranei. I 300 giorni di sole all’anno, le brezze marine, le diverse esposizioni, pendenze ed altimetrie, il clima mite tutto l’anno rendono i nostri vini unici.
La generale impressione è che ancora poco si conosce della produzione di un vino biologico.
Il biologico è un mondo a parte, continua a crescere, non è più una moda o una nicchia di mercato, è una realtà significativa dell’agroalimentare italiano, un modello di sviluppo sostenibile, basato sui principi di salvaguardia e valorizzazione delle risorse e sul rispetto dell’ambiente e della salute del consumatore. Indica un metodo di coltivazione che ci porta a programmare la vinificazione fin dal vigneto, credendo nelle potenzialità di una vigna senza chimica e rispettosa della zona del vitigno, evitando forzature come concimazioni chimiche e antiparassitari sistemici che tendono a stimolare la produzione quantitativa della pianta a scapito di quella qualitativa e ad impoverire il prezioso rapporto Terreno/Pianta/Clima che costituisce l’equilibrio necessario per lo sviluppo di una vite forte, che produce uve sane, equilibrate, ricche. Stenta a decollare perché i costi di produzione sono molto alti e di conseguenza i vini sono abbastanza costosi per un consumatore medio. Si tratta di un consumo responsabile che oggi colpisce un target alto e sensibile ai temi della sostenibilità e del rispetto dell’ambiente.
Quali sono, nell’era 3.0, le potenzialità della Sicilia nel settore. Qual è l’aiuto più concreto per le aziende vinicole, per il settore stesso e soprattutto per i giovani imprenditori?
Il vino rappresenta il 7% del fatturato dell’agroalimentare italiano, una percentuale destinata ad aumentare di molto se si dovessero considerare i settori ad essa collegati e quelli di cui è motore propulsivo, quali per esempio l’enoturismo e l’hospitality in cantina e vigna. L’etica e la responsabilità d’impresa rivestono un’importanza sempre maggiore e si riflettono sull’immagine, sulla comunicazione, sul marketing e sul valore percepito del vino. I giovani viticoltori dovrebbero viaggiare, confrontarsi con gli altri paesi che producono ed hanno un posizionamento ben definito, capire con quali standard all’avanguardia producono e come comunicano il prodotto. Solo così saranno in grado di anticipare il futuro, comprendere dove andranno i consumatori prima che siano i consumatori a chiederlo, di diventare creatori di tendenze e di una nuova cultura del vino. Tenendo sempre d’occhio la tradizione e le radici ben piantate nel territorio di origine.