Passato un decennio da Scarti di Magazzino (2013), torno a leggere Ivan Pozzoni e mi ritrovo ancora una volta di fronte a una poesia politica di conflitto e resistenza. Con Kolektivne NSEAE (Edizioni Divinafollia, 2024) la sua scrittura si conferma potente, capace di sfidare le forme diffuse del potere con ironia, sarcasmo e demistificazione. Con questo libro, Ivan Pozzoni rilancia l’idea che la poesia non sia semplice commento d’attualità, ma azione critica, collettiva e satirica. Un gesto fedele a una linea di combattimento che attraversa il tempo: dai bacaudae (Scarti di Magazzino) di ieri all’“anti-ukase” del “colletivo” di oggi.

Il termine “collettivo”, al centro del libro, è già una dichiarazione di intenti: rifiuto dell’individualismo e proposta di una voce plurale che si misura con le violenze del presente. Una voce plurale (un noi) che Pozzoni lega sia all’eredità della neoavanguardia che alla sua “Nuova Socio/Etno/Antropologia Estetica (NSEAE)”. Un paradigma che richiama tanto l’aisthesis sperimentale (Mach) quanto le acquisizioni più recenti della neuroestetica (Rizzolatti). Al tempo stesso, la sua poesia rimane fedele alla lezione critica di Marx e attenta alle dinamiche dei micropoteri analizzate da Foucault, senza trascurare l’idea dell’“intellettuale collettivo” evocata da Bourdieu e Badiou.
Kolektivne NSEAE si presenta così come un “libro dei conti”: chiama in causa responsabilità e azioni etico-politiche, senza indulgere nell’intimismo lirico. L’anti-lirismo di Pozzoni così diventa, corrosivamente, un’arma contro l’“egopatia” della società neoliberale. La sua è una critica integrale e una ridicolizzazione dei decreti e dei dogmi del biopotere contemporaneo.
Emblematica, in questo senso, la satira di “Rogito ergo sum”, dove l’esistenza del “pensiero” sembra ridursi al contratto immobiliare, e di “Il reddito di cittadinanza”, un diritto che trasforma i soggetti o i gruppi in creatura da bestiario in vetrina. Qui la poesia diventa – ci sembra –un pamphlet che mescola tecnicismi (Isee, navigator) e linguaggio popolare, mentre si costruisce un ritmo serrato e caustico che smaschera storture e furbizie della politica italiana.
Antonino Contiliano