“Si è passati dai depistaggi di Stato, citati nel processo Borsellino quater a veri e propri depistaggi istituzionali”. Non usa mezzi termini Salvatore Borsellino, fratello del giudice palermitano ucciso dalla mafia il 19 luglio del 1992, nel soffermarsi sulla fase che si sta vivendo in Italia sul fronte dell’accertamento della verità relativa alla Strage di via D’Amelio. Com’è noto, infatti, la Commissione Parlamentare Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, ha dato una sterzata netta rispetto al passato, privilegiando la pista del dossier “mafia e appalti” e accantonando quella sulla Trattativa Stato-mafia. Una scelta che, secondo alcuni – lo ha scritto in un suo editoriale sul quotidiano “Il Domani” il giornalista Attilio Bolzoni – sarebbe in qualche modo legata alle indicazioni dell’ex dirigente del Sisde Mario Mori e del suo storico “braccio destro” Roberto De Donno.
Nell’intervista rilasciata ai microfoni di Sky, Salvatore Borsellino ha presentato anche il percorso visivo realizzato quest’anno in via D’Amelio, con la rappresentazione delle varie stragi che hanno insanguinato la storia repubblicana.
“Questa verità che cerchiamo disperatamente è ancora lontana – ha chiosato con amarezza Salvatore Borsellino – Ho perso la speranza, nella porzione di vita che mi resta, di arrivare a conoscere la verità. Spero che riescano ad ottenerla i giovani”. Proprio alle nuove generazioni il fratello del magistrato ha dedicato gran parte del proprio impegno civico negli ultimi 20 anni, creando intorno a sè il movimento delle “agende rosse” che continua a chiedere verità e giustizia sulla Strage, magari attraverso il ritrovamento di quell’agenda rossa su cui Paolo Borsellino annotava meticolosamente i propri appunti di lavoro.