Alle Isole Egadi si volta pagina con l’elezione di Giuseppe Pagoto a nuovo sindaco. A tracciare un bilancio lucido di questa tornata elettorale, dei suoi retroscena e delle prospettive per il futuro è Toto Braschi: operatore commerciale, presidente di una cooperativa della pesca e storico consigliere comunale, con 23 anni di esperienza alle spalle e due candidature a sindaco. In questa intervista, Braschi offre una lettura profonda del clima politico che ha preceduto il voto, commenta l’esperienza dell’ex sindaco Forgione e non risparmia consigli (né critiche) a chi oggi si prepara a governare.
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Dopo le elezioni alle Egadi, Peppe Pagoto è il nuovo sindaco. Come legge questo risultato?
La lettura che formulo è che i due candidati, Pagoto e Sammartano, sono il risultato finale di un dibattito politico locale acceso e frammentato. Dal 14 febbraio — data della sfiducia all’ex sindaco Forgione — si è aperto un periodo molto turbolento: si parlava ogni giorno di nuovi papabili candidati, almeno cinque o sei. Tutti legittimi, certo, ma il problema era la mancanza di una visione chiara. In quel contesto, la politica non aveva bisogno di bandiere partitiche, ma di un progetto condiviso per la salute pubblica del territorio. Adesso spero che il sindaco Pagoto e l’opposizione riescano a costruire una sinergia che unisca e non divida le isole.
Ha parlato di un “programma di salute pubblica più che politico”. Cosa intende?
Favignana e le altre isole non hanno bisogno di grandi proclami o opere faraoniche. Servono interventi concreti, quotidiani: pulizia urbana, cura del territorio, programmazione turistica seria, servizi essenziali che funzionino anche in inverno. È inaccettabile, ad esempio, che a Marettimo o Levanzo in bassa stagione manchi anche l’accesso ai beni primari o alla farmacia.
Tornando al 14 febbraio, San Valentino amaro per l’ex sindaco Forgione. Che giudizio dà alla sua amministrazione e alla sfiducia che ha subito?
Governare non è facile, lo dico da chi lo ha fatto per 23 anni. Forgione ha lasciato progetti importanti, riconosciuti anche dai suoi avversari politici. Ma ciò che gli contesto è l’incapacità di legare con il territorio. Ha portato nel ruolo di sindaco uno stile più da deputato: distante dalla strada, poco presente tra la gente. Era un ottimo comunicatore nel 2020, durante la campagna elettorale, ma nei successivi cinque anni non ha saputo spiegare le difficoltà incontrate, chiudendosi nel Consiglio comunale senza far arrivare la voce all’esterno.
Lei è stato per due volte candidato sindaco, nel 2018 e nel 2020. Ma stavolta non si è candidato. Perché questo disimpegno?
Dopo la sfiducia a Forgione mi aspettavo che i consiglieri uscenti presentassero una proposta politica chiara e unitaria. Invece ho visto solo divisione. Ho provato a costruire un’alleanza, ho parlato con tutti, ma ognuno era già determinato a candidarsi da solo. Non c’era spazio per una sintesi politica. In passato mi sono candidato anche per dare risposte a chi mi aveva ferito politicamente. Questa volta avrei voluto costruire qualcosa di condiviso, ma non è stato possibile.
Secondo lei, cosa è mancato a Sammartano per vincere?
È mancata la capacità di costruire un’alleanza più ampia. Si è legato a Forza Italia all’ultimo minuto, ma ha lasciato fuori altri soggetti politici locali. Se avesse condiviso di più, forse avrebbe ottenuto quel consenso extra necessario per battere Pagoto. La sua è stata una corsa solitaria, e in politica l’isolamento si paga.
Cosa si aspetta ora dal sindaco Pagoto? Cosa gli chiederebbe?
Conosco Pagoto: è una persona moderata, che ascolta. Anche quando ero all’opposizione, non rifiutava il dialogo. Ha tutte le carte in regola per amministrare bene. Non gli chiedo nulla per me, solo una cosa per tutti: che sia trasparente e che agisca nell’interesse generale. Le Egadi non hanno bisogno di proclami, ma di risposte concrete. Servono servizi essenziali, dalla sanità alla pulizia, alla portualità e a un marketing turistico programmato. Spero che sia davvero il tempo del governo e non più della divisione.