L’eterno ritorno dei cog*ioni

Gianvito Pipitone

L’eterno ritorno dei cog*ioni

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mercoledì 26 Febbraio 2025 - 06:30

Caro Mik,

Non bisogna essere fini analisti per comprendere la portata storica di quanto è accaduto ieri, man mano che arrivavano i risultati dei voti delle elezioni federali nella civile Germania. Solo gli sprovveduti si sarebbero potuti scandalizzare da una sicura affermazione dell’AfD, il partito risorto dalle ceneri delle vergogne del social-nazionalismo di matrice hitleriana. Come se non bastassero le numerose grane da risolvere in un contesto mondiale oramai impazzito, ecco l’AfD presentarsi alla ribalta con il suo carico di odio xenofobo, come un pericolo interno alla Germania e una minaccia per tutti i sistemi democratici occidentali. Risultante e probabile conseguenza di tanta cattiva politica dell’ultimo decennio che, ad ogni livello, ha contribuito a creare un mostro e risvegliato antichi fantasmi del passato.

Si fa fatica ad accettarlo eppure è così. L’incubo si ripresenta, incredibilmente, nella Germania di oggi, fino a qualche tempo fa nazione timida e castigata, cresciuta nello scorno e nel disonore di una Storia indicibile, rimodellata con tante difficoltà all’indomani della caduta del Muro di Berlino e con la voglia e la determinazione di cancellare una volta per tutte il suo traumatico passato. Eppure, il risultato di ieri è sotto gli occhi di tutti: un quinto degli elettori tedeschi si piega al programma dei discendenti diretti di zio Adolf, mentre monta l’angoscia nell’antico ricordo di quelle piazze traboccanti di odio e simboli di morte. Se mi avessero detto che un giorno avrei compreso, sul puro piano della realtà, la teoria dell’”Eterno ritorno” di Frederich Nietzsche, difficile da digerire per noi liceali imbottiti dalla cieca fiducia illuministica nella Ragione e nella Pace perpetua di Kant, non avrei mai potuto crederci.

Caro Mik, sai però quanto insopportabile mi risulti ammettere la triste realtà, senza prima schierare un’ultima linea di difesa, se non altro quella della ragion pura. Ecco perché, in cerca di uno spiraglio di speranza in questo drammatico capoverso di secolo, penso si possa considerare la situazione tedesca, nonostante l’exploit del 20 % dei neonazisti, più fluida di quella che si sarebbe potuta pensare in prima battuta, a caldo. Dopotutto, se ci pensi a mente fredda, ci tocca quasi gioire. Sì perché, nonostante sia quasi passato in sordina, esiste un vincitore in queste elezioni. Si chiama Friedrich Merz e, grazie al 28,5 % dei consensi della sua Democrazia Cristiana (CDU), sarà presto incaricato di formare il nuovo governo e, con molta probabilità, ricoprirà a breve il ruolo di cancelliere. Un classico conservatore, un germanico tutto d’un pezzo, con le idee chiare sul da farsi, che cercherà verosimilmente a sinistra il completamento della sua maggioranza di governo. Almeno a giudicare dalle prime veline post-elettorali. Ed è incredibile constatare in questi tempi, quanto ci si possa sentire rassicurati da politici che un tempo avremmo catalogato come grigi burocrati, un po’ retrò, quasi alla vecchia maniera.

Tuttavia, l’impressione è che sembra iniziato il conto alla rovescia per le forze democratiche e liberali, investite da ieri sera di un compito molto gravoso: quello di fornire risposte vere a una serie di problemi reali che in questi ultimi anni hanno lasciato ampi spazi aperti all’insinuarsi delle più aberranti ideologie. Ad occhio e croce saranno queste le sfide che attendono le forze di governo in questo rigido inverno della democrazia: il controllo dell’immigrazione “selvaggia”, la sicurezza nelle città e la stabilità economica dei lavoratori salariati. Oltre alla politica estera, sulla quale ad incidere sarà principalmente la fine della guerra in Ucraina e una pace duratura. Ed è indubbio che la sfida della Germania diventerà a quel punto, un paradigma non solo per la nazione tedesca ma per tutti gli stati europei, investiti in questi bui anni di incertezza politico-economica dagli stessi identici problemi.

Un buon punto di partenza è sempre l’analisi del voto per provare a capire le motivazioni della ricaduta nella malattia. L’AfD, ad esempio, ottiene percentuali bulgare nella ex Germania est, cioè nei Lander “poveri” di Brandeburgo, Sassonia, Anhalt e Pomerania, con l’esclusione del tradizionale baluardo di sinistra di Berlino. Senza voler azzardare paragoni impropri, la Germania est è il nostro mezzogiorno d’Italia o come le aree urbane più depresse delle nostre metropoli. Fin dai tempi della caduta del muro di Berlino è sempre stata una zona depressa economicamente e culturalmente, ai margini del benessere di quella Germania che fino a qualche anno fa era invece la locomotiva d’Europa.

Un posto dove, per dire, il tecno-oligo-crate Elon Musk ha pensato di impiantare qualche anno fa la sua mega giga factory Tesla che impiega ben 11 mila lavoratori del luogo. Ti prego di non fare ora torto alla mia intelligenza per questa correlazione: non è certo a causa della presenza di Tesla che da quelle parti si ritrovano ad essere tutti nazisti. E però è certo che esiste una sorta di relazione fra le zone depresse con un certo modo di pensare e di affrontare la politica, in maniera violenta, talvolta tribale e nel pieno disprezzo delle regole democratiche. Mentre il pieno endorsement pre-elettorale di Elon Musk per il partito dell’AfD e le sue innegabili simpatie per le loro posizioni estreme, è solo una constatazione successiva. D’altra parte cos’altro è successo in occidente negli ultimi anni? La storia si ripete laddove gli ultra conservatori pescano i loro voti, nelle zone depresse dell’America profonda o, laddove prosperano gli estremismi in Europa, come nelle periferie emarginate del nostro Mezzogiorno, nelle banlieue francesi o negli outskirts inglesi. Quelle sacche un tempo appannaggio delle cosiddette sinistre…

E mentre il presidente francese Macron e il premier inglese Starmer voleranno in questi giorni a colloquio alla Casa Bianca nel tentativo di addolcire le posizioni di Trump sulla guerra in Ucraina, l’Italia che cosa fa? mentre tutto intorno il mondo è in fiamme? Poco, a ben vedere. L’impressione è che non ci sia rimasto molto, se non sperare nella “cazzimma” degli altri, perché mi pare che se fosse per noi italiani, avremmo già venduto Zelensky, il Donbass e probabilmente tutta l’Ucraina, ai nuovi padroni del mondo: l’asse del terrore Trump-Putin.

Ti prego, però, non tirare anche questa volta in ballo la solita storia della “sfiga” di noi italiani. Quella sfortuna cioè di stare sempre e costantemente dalla parte sbagliata della Storia. Questa non è sfiga. Siamo quello che ci costruiamo attorno e che riusciamo a determinare con le nostre azioni. E non c’ è nulla di preordinato e di ineluttabile nel mondo. Pertanto non ci sono giustificazioni e/o piagnistei. E la sfortuna, o la provvidenza, come la chiamavano i latini, c’entra ben poco. Faremmo bene, invece prima o poi a chiamare le cose con il giusto nome: ossia, mancanza di visione, di orizzonte, di programmazione, di proiezione nel futuro. E questo, lasciamelo dire, è colpa della nostra classe politica, improvvisata e raccogliticcia, che da decenni ormai ha scambiato i mezzi per i propri fini. Con gli uni ci tiene incatenati al guinzaglio, con gli altri continua a giocare pericolosamente con le nostre vite…

In buona sostanza, bisogna stare all’erta, di questi tempi, per prevenire in ogni modo l’eterno ritorno dei coglioni. Stammi bene.

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