Processo Cutrara, trattati i dissidi interni al mandamento mafioso di Alcamo

Linda Ferrara

Processo Cutrara, trattati i dissidi interni al mandamento mafioso di Alcamo

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mercoledì 02 Marzo 2022 - 18:01

Nelle intercettazioni tra i sodali dell’associazione mafiosa si sarebbe fatto riferimento anche a dei post-it dell’ex capomafia Ignazio Melodia che, secondo le ipotesi investigative, potrebbero essere stati destinati anche al superlatitante Matteo Messina Denaro.

Si è svolta lunedì mattina, presso l’Aula Bunker del Palazzo di giustizia di Trapani, l’udienza del processo Cutrara che ha portato alla luce alcune vicende relative alla famiglia mafiosa di Castellammare del Golfo. Nel citato processo in corso sono imputati Francesco Domingo, che ha partecipato all’udienza collegato in video-conferenza dal carcere di Sassari, Felice Buccellato, Antonino Di Stefano, Lilla Di Bartolo, Nicolò Di Bartolo, Salvatore Labita e Francesco Ancona (suocero del sindaco Nicola Rizzo). Quest’ultimo, come riportato anche dalla nostra testata, è recentemente deceduto. Pertanto, lunedì è stato depositato il suo certificato di morte. Inoltre, il perito del tribunale, Roberto Genovese, ha depositato le trascrizioni che gli erano state affidate nel corso della precedente udienza.

Davanti al collegio dei giudici, costituito dal presidente Enzo Agate e a latere i dottori Edoardo Bandiera ed Enrico Restivo, è quindi continuato l’esame del maggiore dei carabinieri Giuseppe Del Sole da parte del sostituto procuratore della DDA di Palermo, la dottoressa Francesca Dessì.

Dopo aver rivolto al teste dei quesiti su alcune trascrizioni di conversazioni per comprendere l’identità degli interlocutori, il pubblico ministero ha introdotto alcuni nuovi argomenti. Di una certa rilevanza, è stato quello concernente i dissidi all’interno del mandamento di Alcamo e, nello specifico, tra gli esponenti dell’associazione mafiosa di Castellammare del Golfo, Francesco Domingo e Mariano Saracino. Entrambi, come riportato dall’ufficiale dei carabinieri, sarebbero appartenuti a due fazioni contrapposte. Le diverse interlocuzioni intercettate dalla polizia giudiziaria, tra il Domingo e alcuni sodali, avrebbero appunto fatto riferimento all’avversario del capomafia castellammarese, Gaspare Maurizio Mulè, figlioccio di Mariano Saracino e, dopo l’arresto di quest’ultimo nel 2016, appoggiato da Ignazio Melodia, capomafia del mandamento di Alcamo, come possibile nuovo reggente di Castellammare. Il Mulè era infatti scampato a detta operazione antimafia. La dipendenza della famiglia mafiosa castellammarese da quella alcamese, ha riferito il teste, sarebbe avvenuta all’indomani della guerra di mafia degli anni ’80, conclusasi con la vittoria dei Corleonesi. All’epoca il reggente di Castellammare era Michele Mercadante. La decadenza della famiglia mafiosa si sarebbe pertanto verificata a partire dall’omicidio dello zio di Francesco Domingo, schierato con la fazione opposta ai Corleonesi. A far entrare Gaspare Mulè all’interno dell’associazione mafiosa sarebbe stato invece Mariano Asaro, il quale faceva parte della fazione di Saracino. Dal 2013 al 2015, durante un periodo di codetenzione nel carcere di Sulmona, di Domingo e Asaro, il primo avrebbe chiesto a Mercadante in che modo avrebbe dovuto comportarsi con il secondo. Come avrebbe raccontato Francesco Domingo, l’ex reggente gli avrebbe detto di mantenere un profilo basso. Mariano Asaro non era infatti ritenuto un soggetto affidabile all’interno della famiglia mafiosa.

Gli altri soggetti dell’associazione mafiosa con cui il Domingo ha condiviso un periodo di detenzione sono Diego Ruggeri, arrestato nell’operazione “Tempesta” (appellativo di Francesco Domingo) e Mariano Saracino nei primi anni 2000. Nelle conversazioni tra Francesco Domingo e Camillo Domingo (nessun vincolo di parentela tra i due) del 7 settembre del 2016, e tra Francesco Domingo e il fratello Michele del 9 dello stesso mese, si farebbe riferimento dunque al contendente Mulè, aspirante alla reggenza di Castellammare, denominato dagli interlocutori “Minchia che duci”. Nell’ambito dello stesso dialogo sarebbe anche stato citato Vito Turriciano, arrestato nell’ambito dell’operazione AlMadarig. Il sostituto procuratore ha chiesto al maggiore Del Sole in che modo è stato identificato dalla polizia giudiziaria Gaspare Maurizio Mulè. Il teste ha spiegato che l’identificazione è avvenuta grazie ad alcune intercettazioni che avrebbero rivelato che il Mulè fosse un soggetto addentrato nelle faccende di una pescheria di Castellammare del Golfo. Per quanto concerne la seconda conversazione, poi, sarebbe emersa ancora una volta la contrapposizione all’interno della famiglia mafiosa castellammarese. Francesco Domingo avrebbe detto al fratello “L’alcamese si sta mangiando tutte cose”, soggetto da identificare in Ignazio Melodia detto “u dutturi”(deceduto nel 2019). Secondo il Domingo, infatti, avrebbe agito in autonomia senza rendere conto al padre Nicola e al fratello Antonino. Il predominio del “u dutturi”, interessato solamente ai soldi per Domingo, gli sarebbe stato confermato anche da “il calatafimaro”, ovvero Giuseppe Gennaro, componente della famiglia mafiosa di Calatafimi-Segesta. Sempre al parente, Francesco Domingo avrebbe poi spiegato di avere detto a Salvatore, da intendersi uno dei fratelli Mercadante,“Tu vacci ad Alcamo” per comunicare che se gli fosse stata assegnata la reggenza avrebbe esercitato in ogni caso il potere in modo autonomo ed indipendente. Una volta accortosi dell’inefficacia del Mulè, infatti, gli alcamesi si sarebbero rivolti al Domingo. Ignazio Melodia avrebbe comunicato con dei post-it con i sodali e avrebbe potuto avere dei contatti con qualcuno al di sopra di lui. Detto soggetto, secondo quanto ipotizzato dalla polizia giudiziaria, sarebbe il superlatitante Matteo Messina Denaro.

Nel corso dell’esame sono stati approfonditi anche altri temi, tra cui l’attività di bonifica di microspie nella casa di contrada Gagliardetta, a Castellammare del Golfo, di Francesco Domingo. Nell’ambito di una conversazione captata tra quest’ultimo e il figlio Vito si sarebbe citato Antonino Rosario Di Stefano, al quale il reggente di Castellamare avrebbe ordinato al suo discendente di rivolgersi per procacciarsi un dispositivo per suddetta attività di bonifica. Il Di Stefano è considerato dagli inquirenti uno dei procacciatori di incontri e accompagnatore di Francesco Domingo, consapevole di rivestire tale ruolo. Ad esempio, per l’organizzazione di un appuntamento con Antonino Cusenza nella primavera del 2016. Con la scusa di un lavoro da effettuare, questi sarebbe stato contattato proprio dal Di Stefano. L’incontro sarebbe stato stabilito presso un b&b della nuora di Domingo. Altro argomento toccato nel corso dell’esame del maggiore Del Sole è stato quello relativo all’estorsione ai danni dell’imprenditore Angelo Magaddino (costituitosi parte civile nel processo in corso), suocero di Calogero Valenti (componente della famiglia mafiosa di Castellammare), da parte di esponenti della famiglia mafiosa di Trapani. Nello specifico, il figlio di Angelo Magaddino, Simone, sarebbe stato intestatario di alcuni terreni a Marsala, mediante un contratto di comodato d’uso stipulato nel 2016 con tale Walter Bulgarella. La presenza di tale contratto, però, avrebbe ostacolato da parte del proprietario la vendita del terreno al quale era interessato Francesco Virga, a capo di Cosa nostra trapanese. Quindi, il Virga avrebbe prospettato di intervenire con metodi mafiosi per costringere il Magaddino a rilasciare detti terreni o in alternativa a corrispondere una cifra alla famiglia mafiosa di Trapani. Grazie ad un’altra operazione dei carabinieri allora in corso, sull’organizzazione mafiosa a Trapani, c.d. “Scrigno”, è stato possibile ricostruire la vicenda. Poiché il Magaddino era per l’appunto parente di un appartenente all’associazione mafiosa, gli esponenti mafiosi trapanesi avrebbero cercato di instaurare un’interlocuzione con Francesco Domingo, riconosciuto da costoro quale reggente di Castellammare, per risolvere appunto la situazione. Pertanto, sarebbero stati organizzati quattro incontri: uno tra il Domingo e Carlo Valenti e gli altri tre tra il primo citato e Francesco Virga. Gli incontri con il capomafia trapanese si sarebbero svolti presso il Baglio Pocoroba, nelle proprietà dello zio e cugina di Francesco Domingo. Gli incontri sarebbero stati organizzati da Francesco Stabile, il quale avrebbe accompagnato il reggente di Castellammare all’appuntamento. A cavallo tra alcuni incontri appresi dalle intercettazioni, gli investigatori avrebbero effettuato dei sopralluoghi. Nello specifico, prima dell’incontro del 22 maggio 2016, uomini della polizia giudiziaria si sarebbero trovati faccia a faccia con Francesco Stabile, il quale, con la scusa di farsi accendere una sigaretta (evidentemente insospettito), si sarebbe soffermato per accertarsi su chi fossero. Fortunatamente, ha spiegato il teste, sarebbero riusciti a preservare la loro identità. Successivamente, la dottoressa Francesca Dessì ha chiesto all’ufficiale di riferire in merito alla vicenda avente ad oggetto l’estorsione ai danni dei datori di lavoro di Vito Sorrentino, figlioccio di Francesco Domingo, tentata da Gaspare Maurizio Mulè. Quest’ultimo, al quale si sarebbe rivolto proprio il figlioccio di Domingo, avrebbe preteso di farsi corrispondere dai fratelli Domenico e Vito Sottile il pagamento di 3 mila euro. Tale cifra sarebbe stata richiesta in quanto, cessato il rapporto di lavoro tra il Sorrentino e i suoi datori, il primo avrebbe presentato la richiesta al sindacato per ottenere una somma (900 euro) come tfr. Il capomafia di Castellammare avrebbe pertanto convocato il figlioccio al suo cospetto perché avrebbe considerato l’iniziativa del Sorrentino come una violazione dei principi di Cosa nostra, aggravata dal fatto che si sarebbe rivolto al suo avversario per risolvere la questione. Quindi, gli sarebbe stato intimato di rinunciare ai soldi e alla controversia instaurata presso il sindacato. Infine, è stata riportata la vicenda concernente l’intervento di Francesco Domingo per il furto, avvenuto nel 2016, di un trattore appartenente all’ex presidente del consiglio comunale di Castellammare del Golfo: Francesco Foderà. Quest’ultimo, accompagnato da Giuseppe Arena, suo parente, si sarebbe recato il 21 maggio dello stesso anno nell’abitazione rurale di contrada Gagliardetta del reggente di Castellammare. L’ex consigliere comunale si sarebbe dapprima rivolto ai carabinieri, sporgendo la denuncia, e successivamente al Domingo. Il capomafia dunque avrebbe incaricato i fratelli Mercadante di ritrovare il suddetto mezzo. Nella conversazione intercettata tra i tre soggetti sopracitati sarebbero state avanzate anche delle ipotesi su chi avesse potuto compiere l’azione delittuosa, tra cui i Mangiapane. Francesco Foderà avrebbe sollecitato anche il Domingo a rivolgersi ad un altro associato, Antonino Puma, figlio di Salvatore e fratello di Giuseppe di Calatafimi. Per questo motivo il capomafia di Castellammare avrebbe incaricato i Mercadante, i quali, essendo originari di Calatafimi, non avrebbero potuto non sapere nulla del furto.

La prossima udienza si terrà il 14 marzo.

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