Processo Scrigno, riprende il processo

Linda Ferrara

Processo Scrigno, riprende il processo

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giovedì 24 Febbraio 2022 - 06:30

A dicembre scorso è iniziato, da parte delle difese, il controesame dell’ufficiale dei carabinieri che ha svolto le indagini.

Davanti al collegio dei giudici, presieduto dalla dottoressa Daniela Troja e a latere i dottori Giancarlo Caruso e Mauro Cantone, l’accusa ha concluso, nel dicembre 2021, l’esame dell’ufficiale dei carabinieri, il tenente Vito Cito, il quale si è occupato delle indagini del cosiddetto processo Scrigno, in cui risulta imputato per associazione mafiosa, tra gli altri, l’ex deputato regionale Paolo Ruggirello.

Prima di sentire il teste, il sostituto procuratore della DDA di Palermo, il dottore Gianluca De Leo, ha comunicato il deposito di una nota del 15 dicembre concernente altre attività di indagine e la richiesta di trascrizione di quattro progressivi. Dette intercettazioni ambientali riguarderebbero delle conversazioni avvenute tra Carmelo Salerno, il quale è stato assolto nel rito abbreviato per lo stesso procedimento (è in corso l’appello) e tale Gianfranco Gianni, aventi ad oggetto il ruolo dei fratelli Virga, Pietro e Francesco, e la questione della dazione di denaro, avvenuta successivamente al relativo accordo che sarebbe stato raggiunto tra l’ex deputato regionale, il Salerno e Pietro Cusenza. Il collegio dei giudici dovrebbe sciogliere la riserva nel corso dell’udienza odierna. Le difese, nel corso dell’ultima udienza, si sono riservate di decidere dopo la lettura della documentazione, dal momento che la stessa non riguarderebbe la posizione di tutti gli imputati.

Sempre a dicembre è stata trattata la posizione di Vito Mannina, ex consigliere comunale di Trapani. Nello specifico, il pubblico ministero De Leo ha chiesto al teste di riferire sui riscontri in merito ai principali indagati nell’ambito delle diverse consultazioni elettorali. Il tenente Cito ha spiegato che sono stati registrati, in particolare, degli incontri tra il Mannina, i fratelli Virga, Franco Orlando e Pietro Cusenza in occasione delle consultazioni elettorali del 2017, sia per il comune di Trapani che di Erice, in quanto si sono svolte in un periodo molto vicino. Le indagini sono state effettuate tramite le intercettazioni telefoniche, ambientali e di video sorveglianza presso il negozio Scrigno ( da cui prende il nome l’inchiesta), della moglie di Francesco Virga, e presso il bar Efri, gestito da Francesco Orlando. Incontri sarebbero stati captati dagli investigatori nella prima decade dell’aprile 2017. Nell’ambito di una conversazione, Pietro Cusenza avrebbe raccontato al Salerno la somma che avrebbe ricevuto da Vito Mannina se quest’ultimo avesse raggiunto, grazie all’aiuto nella raccolta dei voti, il suo scopo: la sua elezione al Consiglio comunale di Trapani e anche quella figlia, Simona Mannina, candidata al consesso civico di Erice. Detta somma sarebbe stata saldata successivamente. Poi, PietroVirga, nel corso delle conversazioni del 9 e 10 aprile, avrebbe dato al Cusenza una sorta di nulla osta al patto tra quest’ultimo e il Mannina. Dopo alcuni giorni, il candidato al Consiglio comunale di Trapani si sarebbe recato presso il negozio Scrigno di Francesco Virga, dove, senza mezzi termini, avrebbe chiesto il sostegno per lui e la figlia. Vito Mannina rivestiva in quel momento la carica consigliere comunale per la seconda volta. Per quanto riguarda il Comune di Erice, però, Francesco Virga avrebbe avuto già un candidato da appoggiare: il consigliere comunale Giovanni Maltese. Tale circostanza, comunque, non avrebbe destabilizzato il Mannina, perché in passato si era adoperato per risolvere proprio una questione dello stesso Maltese. Durante, invece, uno degli incontri con Carmelo Salerno, Pietro Cusenza avrebbe cercato di convincerlo a sostenere Vito Mannina, ma il suo interlocutore gli avrebbe risposto che era legato a Paolo Ruggirello, il quale in quel momento mirava alle elezioni regionali e nazionali. Vicino alle consultazioni elettorali, inoltre, Pietro Cusenza si sarebbe attivato per ottenere dei normografi da una tipografia per la raccolta dei voti in favore del Mannina. Altra conversazione citata è stata quella in cui l’ex consigliere comunale di Trapani avrebbe riferito al Cusenza di essere più interessato all’elezione della figlia perché non sarebbe stato in grado di rispondere alle richieste dei suoi sostenitori. Non avendo più ricevuto l’appoggio di alcuni imprenditori, infatti, avrebbe chiesto un prestito per finanziare la propria campagna elettorale. Alle elezioni dell’11 giugno 2017, Simona Mannina è stata eletta nella lista “Erice che vogliamo-Toscano Sindaco”, al contrario del padre, in quanto il Comune di Trapani è stato travolto dall’operazione della magistratura “Mare Monstrum”, nella quale è rimasto coinvolto Girolamo Fazio, principale candidato sindaco. L’ente locale, successivamente, è stato commissariato. Antonio D’Ali, avversario di Fazio, è stato invece raggiunto da un provvedimento restrittivo, ossia l’obbligo di soggiorno. Con l’elezione di Simona Mannina sarebbe, poi, iniziata una discussione sul numero dei voti. Nel corso di un’intercettazione Pietro Cusenza avrebbe, infatti, rivelato a Pietro Virga la tecnica utilizzata per avere certezza della preferenza data all’interno del seggio da alcuni votanti. Nello specifico, avrebbe chiesto di fotografare a degli elettori la scheda una volta espresso il proprio voto. Al sostituto procuratore, la dottoressa Luisa Bettiol, il teste invece ha indicato nel dettaglio le intercettazioni a supporto delle indagini effettuate.

In seguito, è stata riferita dall’ufficiale dei carabinieri la posizione dei Manuguerra. In particolare, ha raccontato lo svolgimento della raccolta dei voti, da parte della famiglia mafiosa di Trapani, per Alessandro Manuguerra, attuale consigliere comunale di Erice, figlio di Luigi Manuguerra detto “il mago”. Come precisato dal tenente Cito, sarebbe stato così denominato perché negli anni ’90 avrebbe partecipato ad una trasmissione televisiva come indovino. Il soprannome “il carabiniere” sarebbe invece legato ad alcune polemiche e, nello specifico, alla volontà del Manuguerra di recarsi presso la Digos per denunciare dei brogli elettorali in occasione di una passata competizione.

Terminato l’esame da parte dell’accusa, dopo una sospensione dell’udienza, è iniziato il controesame della difesa. In primis, è stato l’avvocato Salvatore Alagna, legale dei coniugi Giuseppa Grignani e Mario Letizia, a prendere la parola. L’ufficiale dei carabinieri, escusso dalla difesa per l’appunto, ha spiegato che la coppia non era nota al suo comando. Il Letizia, indicato nelle conversazione sempre con l’appellativo di “cugino” è un imprenditore del settore edile privato. In particolare, è stata ricostruita la sua partecipazione alla società P.H.M. che si sarebbe dovuta occupare dell’acquisto dell’hotel Florio di Favignana. La proprietà di detta struttura alberghiera era riconducibile ad Antonino Grammatico, il quale, però, non sarebbe stato a conoscenza della presenza occulta dell’associazione mafiosa ( di Francesco Virga nello specifico) dietro la società che avrebbe voluto acquisire l’edificio, costituita dal farmacista Marcello Pollara e Mario Letizia. Un primo riscontro sul coinvolgimento di quest’ultimo nell’inchiesta, da parte degli investigatori, risalirebbe al 23 giugno 2016, quando nel corso di una intercettazione tra Francesco Virga e Francesco Peralta si sarebbe fatto riferimento ad un lavoro eseguito dal Letizia a Favignana e al pagamento di 200 euro (somma ritenuta irrisoria) a Vito D’Angelo, referente mafioso sull’isola. Spesso Francesco Virga si sarebbe lamentato del comportamento di alcuni imprenditori, come Francesco Russo, e, pertanto, avrebbe puntato su Letizia e Vincenzo Ferrara. Con entrambi sarebbe stata progettata la costituzione di una società, intestata poi al Letizia e alla moglie del Ferrara, poiché quest’ultimo era stato già condannato nell’ambito dell’indagine “Operazione Peronospera II” e, quindi, non sarebbe potuto comparire nella compagine sociale. Vincenzo Ferrara avrebbe dunque già condiviso dei progetti criminali con i Virga. Dunque, nel 2016 viene fondata la società “VM costruzioni” avente ad oggetto lavori edili privati e il noleggio bici. A tale operazione, agevolando le comunicazioni tra i vari soggetti coinvolti, avrebbe partecipato anche Jacob Stelica. Quest’ultimo sarebbe stato incaricato inoltre da Francesco Russo di danneggiare una mini pala dell’imprenditore di Favignana Antonino Donato (fatto in seguito denunciato ai carabinieri dal figlio) per costringerlo a corrispondere una cifra al suo competitor (di tale azione sarebbero stati informati sia Vito D’Angelo che Francesco Virga perché diretti interessati ai proventi dell’attività imprenditoriale sull’isola). In merito sarebbe stata captata dagli investigatori una conversazione tra il Russo e il D’Angelo nel corso della quale il primo avrebbe espresso preoccupazione per una probabile “azione investigativa” portata avanti da Baldassare Azzaro e dal figlio Ferdinando, finalizzata a raccogliere informazioni, presumibilmente per conto di Antonino Donato, per scoprire l’autore del danneggiamento. In un’altra intercettazione telematica del 16 febbraio 2017, tra Francesco Russo e Francesco Virga, sarebbe stata anche esternata la preoccupazione del primo per una possibile rivelazione del nome del mandante della sopracitata azione delittuosa da parte dello Stelica, a seguito di un deterioramento dei loro rapporti. Infine, il teste è stato esaminato dall’avvocato Nino Sugamele che nel processo difende Vito Gucciardi. Il legale ha chiesto all’ufficiale dei carabinieri se il suo assistito fosse un componente ed affiliato di Cosa nostra. Il tenente Cito ha risposto negativamente. L’avvocato Sugamele ha ricordato che l’associazione di tipo mafiosa è infatti il reato contestato nel processo al Gucciardi.

Sul punto è intervenuta la presidente del collegio dei giudici, la dottoressa Daniela Troja, la quale ha ricordato che spetterà ai magistrati valutare e decidere sul tipo di condotta, in quanto la giurisprudenza ha dato delle indicazioni in merito. Il teste Vito Cito ha dunque specificato che dal punto di vista delle indagini sull’associazione mafiosa molti soggetti vengono indicati vicini alla stessa per il sostegno logistico e imprenditoriale. Vito Gucciardi, pertanto, non sarebbe stato completamente un soggetto sconosciuto agli investigatori in quanto il suo nome sarebbe già saltato fuori durante l’operazione Pionica e nell’ambito degli incontri al Baglio Chinea tra Salvatore Crimi, Michele Gucciardi e Sergio Giglio. Vito Gucciardi, comproprietario dell’immobile insieme ai fratelli, avrebbe dunque messo a disposizione lo stesso. Inoltre, avrebbe partecipato alle bonifiche di microspie su una macchina. In merito era stato sentito già il maresciallo Tranchida, che aveva partecipato all’indagine Pionica per l’appunto. Per quanto riguarda invece l’operazione Scrigno, il teste ha dichiarato che il Gucciardi non avrebbe partecipato a riunioni con soggetti mafiosi in cui si sarebbero prese delle decisioni. Dopo è stata trattata la vicenda relativa al sostegno economico ai detenuti, avvenuta nel 2014. Il tenente Cito ha spiegato che sarebbe stata documentata la consegna di 500 euro, relativa alle spese legali, alla moglie di Michele Martines, tramite una terza persona: Giuseppe Mazzara. Successivamente, l’avvocato Sugameli ha chiesto al teste se a lui risultasse che il Gucciardi avesse avuto rapporti diretti o indiretti con Matteo Messina Denaro, Vito Gondola, Vincenzo Rallo e Nicolò Sfraga. L’ufficiale dei carabinieri ha risposto negativamente, aggiungendo che Gucciardi avrebbe avuto rapporti solo con Michele Gucciardi, Sergio Giglio e Salvatore Crimi, già condannati per associazione mafiosa, e Michele Martines.

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