Processo Scrigno, sentito il tenente Cito su mafia, affari e politica nel trapanese

Linda Ferrara

Processo Scrigno, sentito il tenente Cito su mafia, affari e politica nel trapanese

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sabato 23 Ottobre 2021 - 15:32

L’ufficiale dei carabinieri è stato esaminato sul filone delle indagini avente ad oggetto la famiglia mafiosa di Trapani e i relativi affari illeciti.


Sì è tenuta presso l’Aula Bunker del tribunale di Trapani l’udienza del Processo Scrigno. Il nome dell’operazione è ispirato a quello dei negozi dei fratelli Pietro e Francesco Virga, figli dell’ergastolano Vincenzo, ex capo della famiglia mafiosa della città. Nel 2019 l’inchiesta della DDA di Palermo è culminata con una serie di arresti, dando luogo a distinti procedimenti. In particolare, a Trapani si sta svolgendo il processo con il rito ordinario in cui risulta imputato per associazione mafiosa, tra gli altri, l’ex deputato regionale Paolo Ruggirello. Due, infatti, sono state le attività di indagine condotte dai carabinieri. Il primo filone è appunto incentrato sulla famiglia mafiosa del capoluogo di provincia e sugli affari illeciti; il secondo, riguarda la ricostruzione dei passati e attuali rapporti tra l’ex parlamentare regionale e Cosa Nostra.

Giovedì, dunque, davanti al collegio dei giudici presieduto dalla dottoressa Daniela Troja, e a latere i dottori Giancarlo Caruso e Oreste Fabio Marroccoli, è stato sentito dal sostituto procuratore, il dottore Gianluca De Leo, il tenente Vito Cito, il quale ha seguito le indagini relative al primo filone delle indagini che dimostrerebbero l’attuale presenza dell’organizzazione mafiosa nei territori di Trapani, Marsala e, per la prima volta, sull’isola di Favignana. L’ufficiale ha spiegato che le investigazioni hanno preso piede tra il 2015 e il 2016, con l’osservazione dei fratelli Virga, già condannati in altri procedimenti, e altri soggetti. Nello specifico, si tratta di soggetti già condannati per associazione mafiosa, come Francesco Orlando, Antonino Buzzitta (imputato nel processo in corso) Michele Martines, ma anche imprenditori del settore edilizio che con i Virga avrebbero condiviso alcuni affari. L’attività d’indagine è dunque partita, ha spiegato il teste, da Trapani, per poi proseguire su Paceco, Marsala e Favignana. Affari dell’organizzazione mafiosa sono stati anche riscontrati a Mazara del Vallo e in altri territori della provincia di Trapani.

Per quanto concerne Marsala, è stato osservato Giuseppe Piccione. Figlio dell’ergastolano Michele, è considerato luogotenente del capo mafia lilibetano Vito Vincenzo Rallo e soggetto che si interfacciava con i trapanesi; Nicolò Sfraga e Giacalone Michele che nel 2017 sono rimasti coinvolti insieme al Rallo nella c.d. operazione Visir della Procura di Palermo. Principalmente, però, le indagini si sono concentrate sul Piccione in quanto, rispetto al Rallo, era un soggetto libero. Per quel che riguarda Paceco è stato osservato Carmelo Salerno, mentre su Favignana gli investigatori hanno tenuto sott’occhio Vito D’Angelo. Nello specifico, ha precisato l’ufficiale, dal marzo del 2016, durante l’attività d’indagine, sarebbero stati rilevati imprenditori che avevano degli interessi sugli appalti pubblici dell’isola e sarebbero stati identificati soggetti allora sconosciuti, come ad esempio Francesco Russo, ritenuto uomo di fiducia del D’Angelo.

Il teste ha poi ricostruito la figura di quest’ultimo. Condannato per un duplice omicidio all’ergastolo, è considerato il killer di fiducia di un boss di Ravanusa. Dopo avere scontato la pena di 30 anni nel carcere di Favignana è rimasto sull’isola e da uomo libero, insieme ad un altro soggetto, ha fondato un’azienda agricola. Nell’aprile del 2016, quindi, sarebbe avvenuto uno scontro tra Russo ed un altro imprenditore, Maurizio Paladino di Marsala, avente ad oggetto un mancato pagamento di circa 40 mila euro da parte di quets’ultimo. La somma sarebbe legata ad un appalto pubblico dell’importo complessivo di oltre 700 mila euro, concernente la rete fognaria dell’isola e il rifacimento del lungomare Duilio, aggiudicato a due ditte di Agrigento facenti parte di un’Ati. Le imprese agrigentine hanno poi affidato l’esecuzione dei lavori a quelle locali e, per l’appunto, a quelle di Russo e Paladino. Francesco Russo per risolvere la questione si sarebbe rivolto a Vito D’Angelo, mentre Maurizio Paladino avrebbe invece chiamato in causa sue conoscenze. A questo punto il Russo sarebbe stato incaricato dal D’Angelo di organizzare una riunione con i Virga, cosa che avrebbe portato a termine mediante il telefono di Filippo Tosto, altro soggetto che sarebbe inserito nella famiglia mafiosa trapanese. Il tenente Cito ha riferito che sono stati seguiti tutti gli incontri avvenuti nei pressi del locale Scrigno e di altri insistenti. In particolare, gli incontri svolti tra Francesco Virga e Francesco Peralta, dai quali, tra le altre cose, sarebbe emerso che parte delle somme dell’appalto citato sarebbero state destinate anche alla famiglia mafiosa di Trapani. Dalle interlocuzioni, inoltre, sarebbe emerso che ad un certo punto il Russo non sarebbe stato considerato più un soggetto affidabile perché avrebbe spesso messo in crisi il sistema adottato dai Virga per evitare di essere controllati verosimilmente dagli inquirenti, dimenticando il luogo o la data degli appuntamenti e presentandosi al negozio degli stessi senza preavviso. Pertanto, i due avrebbero deciso di esautorare da Favignana il Russo, individuando Vincenzo Ferrara, arrestato e condannato per mafia, nonché uomo di fiducia di Natale Bonafede di Marsala, e Mario Letizia come punti di riferimento sull’isola. Nell’ottobre del 2016 è stata fondata quindi una società, intestandola però alla moglie di Vincenzo Ferrara, dal momento che questi era un soggetto condannato. Temendo che Russo potesse lamentarsi di tale scelta, sarebbe stata presa la decisione di puntare solamente sui lavori di scavo a Favignana. Sempre nel 2016, non essendo ancora stati superati i dissidi tra Russo e Paladino, Vito D’Angelo avrebbe fatto un secondo viaggio (il primo non andato a buon fine) ad Agrigento per risolvere la questione con le ditte dell’Ati. Contattato telefonicamente da Russo, e non prendendo le solite precauzioni, Il D’Angelo avrebbe dichiarato che si sarebbe occupato lui della questione sollevata dal Paladino su un conteggio per l’emissione di un bonifico, affermando “Lascialo stare e… dicci che se la fa muro, muro”. Altro argomento affrontato nel corso dell’esame del pubblico ministero è stato quello relativo all’episodio di un danneggiamento nei confronti dell’imprenditore Antonino Donato. Detta azione sarebbe stata commissionata da Francesco Russo al rumeno Jacob Stelica, conosciuto come Andrea. Il Donato infatti doveva dei soldi al Russo e sarebbe stato ritenuto “colpevole” dal Russo anche di aver sottratto lavoro ad imprenditori legati al sodalizio mafioso. Per tale motivo, si sarebbe deciso di procedere ad un danneggiamento sul suo cantiere. Sarebbe stato quindi concordato con Stelica di eseguire tale atto un giorno in cui Francesco Russo non fosse presente sull’isola, per evitare di far sorgere dei sospetti su di lui in quanto vantava appunto dei crediti. Tra il 13 e 14 novembre del 2016 è stato dunque effettuato il danneggiamento su una mini pala nel cantiere di Donato, il quale, successivamente, avrebbe attuato una sorta di piccola indagine per scoprire l’esecutore del danno, affidandola a due soggetti di Favignana. Dopo paio di mesi, nel febbraio del 2017, Russo, temendo che Jacob Stelica a seguito di uno screzio con lo stesso potesse rilevare il mandante del danneggiamento, avrebbe stretto un accordo con i Virga. Altro episodio raccontato dall’ufficiale Vito, interpellato dal pubblico ministero, è stato quello concernente il rinvenimento di una microspia nella Reanult di Mario Letizia. Il 22 giugno del 2017 Mario Letizia, in macchina con il figlio, avrebbe trovato la microspia degli investigatori. Il giorno dopo, prelevando Jacob Stelica con una Fiat uno, per spostarsi su uno dei cantieri dove stavano lavorando, avrebbe discusso dell’oggetto rinvenuto nell’altra macchina e classificata come GPS. Temendo che l’apparecchio potesse registrare la loro posizione, si sarebbero recati presso il baglio di Vito D’angelo per informarlo della scoperta, effettuando anche un controllo sulla Fiat Uno. Del suddetto rinvenimento sarebbe stata data notizia a Francesco Peralta e poi discussa in un incontro con quest’ultimo a Trapani. Infine, è stato affrontato il tema degli affari per la raccolta degli inerti a Favignana. A proporre tale business ai fratelli Virga sarebbe stato il marsalese Giuseppe Piccione, individuando l’imprenditore Gabriele Salvatore per la gestione di tale lavoro. Nell’ambito di un summit svoltosi all’interno di un garage, Francesco Virga avrebbe sollevato dei dubbi in merito al guadagno di tale affare, ma il Piccione lo avrebbe rassicurato sulla spartizione dei possibili introiti. L’esame del teste continuerà il 3 dicembre prossimo.

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