Non voglio tutto come prima, voglio che sia meglio di prima

Ninny Bornice

Pensieri Arancioni

Non voglio tutto come prima, voglio che sia meglio di prima

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martedì 27 Aprile 2021 - 08:04

Questo post rischia di essere uno dei meno social e popolari della storia. Ma, spinto dall’ irrefrenabile voglia di condividere un pensiero arancione in piena zona arancione, sfido l’antipatia (la mia naturalmente).

La pandemia ci ha regalato una grande opportunità, ci ha fatto conoscere meglio. Ma soprattutto ha fatto emergere quella linea sottile fra l’approssimazione e l’ignoranza. Il tutto accentuato da istituzioni in alcuni casi inadeguate, come in Sicilia. La frase “questi morti SPALMIAMOLI un po’” si commenta da sola, non servono garantisti “a simpatia” e neanche opposizioni farlocche, che credono di essere sempre nel giusto, al netto delle nefandezze che hanno combinato (vi conosciamo, state sereni).

Da mesi, ultimamente troppo spesso, leggo e ascolto commenti di chi dice che vuole che TUTTO TORNI COME PRIMA, ALLA NORMALITÀ. Vi starete chiedendo cosa ci sia di strano? Starete pensando che siamo tutti stanchi di questa pandemia, dei negozi aperti a singhiozzo, della movida azzerata, delle palestre e dei ristoranti chiusi. Come darvi torto. L’economia è in ginocchio e le cose che magari prima non funzionavano bene, lo sapevamo, però “vabbè chi se ne frega”, adesso dovevano funzionare alla perfezione, era necessario e ne avevamo bisogno. L’abbiamo pagata tutti la nostra superficialità. Ma il punto, almeno il mio, non è questo. Rabbrividisco quando chiedete che tutto torni come prima. Si, ribadisco, rabbrividisco. Perché se questi mesi di incertezze, in cui ci siamo dovuti adeguare ad una situazione incredibile, non sono serviti a capire che dobbiamo migliorarle le cose, non accontentarci, allora vuol dire che siamo al punto di partenza. Se le esperienze della vita non servono a migliorarci, vuol dire che non sono servite a niente, vuol dire che non abbiamo imparato niente, vuol dire che, alla fine, quell’approssimazione del “vabbè chi se ne frega” non ci dispiace. Leggo sui social che la zona rossa vuol dire <limitare la libertà dell’individuo sancita dalla costituzione> (detta così fa un po’ ridere!). Ho letto che la zona arancione non va bene perché la libertà porterà ad aumentare i contagi. Il bello è che spesso erano le stesse persone a lamentarsi del colore. Riusciremo a lamentarci anche in zona bianca?

Ma soprattutto, adesso riusciremo a fare tesoro dell’esperienza della Sardegna che qualche settimana fa è stata la prima regione in zona bianca e adesso è l’unica in zona rossa? Ma invece di essere colpa delle istituzione, a tutti i livelli, non è che siamo noi i responsabili della diffusione del virus? Piace sempre avere qualcosa da dire sui social, prendere qualche like, e lamentarsi è un gioco che premia. Ma facebook non è la realtà, non si risolvono le “grandi questioni internazionali”, pandemie comprese, buttando la propria bile su un social network, magari pubblicando una foto di qualche anno fa auspicando che quella “normalità” torni domani. Non dobbiamo tornare come prima, ma deve essere meglio di prima. Se la politica smettesse di litigare pure su chi ha “la pandemia più grossa”. Se la smettessimo di usare i social per protestare, invece di proporre. Se la smettessimo di prendercela con chi impone le regole (che ha altre colpe), invece di indignarci per chi non le ha rispettate in questi mesi, forse sarebbe già un modo per iniziare…ad essere migliori.

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