Strage di via D’Amelio, i giudici di Caltanissetta: “Non c’è legame con la Trattativa”

redazione

Strage di via D’Amelio, i giudici di Caltanissetta: “Non c’è legame con la Trattativa”

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giovedì 21 Gennaio 2021 - 11:40

La strage di via D’Amelio e la Trattativa Stato-mafia. Due istantanee dell’Italia di inizio anni ’90 considerate strettamente collegate da magistrati, storici e saggisti che hanno dedicato indagini, approfondimenti e inchieste al filo che lega la morte di Paolo Borsellino e la strategia di alcuni apparati dello Stato, intenzionati a sedare la strategie stragista di Cosa Nostra in cambio di alcune concessioni. Eppure, a distanza di quasi 30 anni, si fa ancora fatica a trovare unanimità di consensi intorno a questa ricostruzione, che dopo la storica sentenza di primo grado emessa nell’aprile 2018 dal Tribunale di Palermo, sembrava poter essere accreditata anche presso gli ambienti più scettici. Alcuni giorni fa, nel corso della discussa puntata che Report ha dedicato ai legami tra Cosa Nostra e il mondo politico, l’ex ministro Calogero Mannino è tornato ad affermare l’insussistenza di una Trattativa politica tra la cupola mafiosa e i rappresentanti delle istituzioni del tempo. A scuotere il mondo dell’antimafia, tuttavia, è adesso la Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta, che si è occupata dell’ultimo processo relativo alla strage di via D’Amelio e nelle motivazioni del Borsellino quater, rese note in questi giorni, ha contestato le conclusioni dei colleghi palermitani, scrivendo che “Non sussiste alcuna prova che consenta di collegare la trattativa Stato-mafia con la deliberazione della strage di Via D’Amelio”.

“La strage di via d’Amelio – scrivono i magistrati nisseni – rappresenta indubbiamente un tragico delitto di mafia, dovuto ad una precisa strategia del terrore adottata da Cosa nostra, in quanto stretta dalla paura e dai fondati timori per la sua sopravvivenza a causa della risposta giudiziaria data dallo Stato attraverso il maxiprocesso (nato anche, da una felice intuizione dei giudici Falcone e Borsellino)”. Per il Tribunale di Caltanissetta, non è da escludere che altri soggetti potessero avere interesse all’eliminazione fisica del magistrato palermitano, ma ciò non toglie che la responsabilità principale sia da addebitare agli uomini di vertice dell’organizzazione mafiosa, che decisero di uccidere il giudice per “vendetta e cautela preventiva”. Poche certezze, invece, traspaiono in merito alle motivazione del depistaggio costruito intorno alle dichiarazioni di Vincenzo Scarantino, poi smontate grazie alle confessioni di Gaspare Spatuzza.

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