«Liberiamo il mare dal cemento e vi dico la mia su Porta Nuova e Lungomare»: il parere del “super”direttore Enrico Caruso

Tiziana Sferruggia

«Liberiamo il mare dal cemento e vi dico la mia su Porta Nuova e Lungomare»: il parere del “super”direttore Enrico Caruso

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martedì 07 Luglio 2020 - 08:00

Quando ero ragazzo, la ringhiera del piccolo Belvedere era in ferro e quella trasparenza consentiva di vedere tutta la bellezza del mare. Ovviamente ci vuole manutenzione perché il ferro arrugginisce ma non la stessa cosa vedere cemento al posto del mare. Togliere la visione del mare stesso è assurdo. Se uno passa in auto, il mare neanche lo vede. Penso che il mare debba essere liberato dal cemento”.

Enrico Caruso

Forse “coltivare” la bellezza ha in sè qualcosa di veramente rivoluzionario. Bellezza equivale spesso a invincibile forza, a resistenza che sfida il Tempo e spesso anche l’incuria dell’uomo che ne dovrebbe essere degno custode. Quanto sia cambiata nel tempo Marsala è forse un tema che farà discutere e susciterà teneri e nostalgici amarcord a chi, per ragioni anagrafiche, in quel “tempo marsalese” di cui parliamo, c’era. Forse in quegli anni non si comprese il valore di ciò che sembrava”antico e precario” e si pensò che fosse un retaggio maturo per essere sostituito. Non si apprezzò abbastanza la testimonianza temeraria di un passato “armonioso” rispettoso di linee, di forme, di prospettive, di dimensioni protese a coltivare la bellezza e la funzionalità. Erano anni in cui ancora non si riusciva ad intravedere la portata di quei guasti, di quegli scempi architettonici che poi avrebbero cambiato irrimediabilmente i volti di molte città del Sud. L’appassionato ricordo dell’architetto Enrico Caruso,marsalese di nascita, promotore e cultore della bellezza, ci costringe a riflettere sulle modifiche dell’assetto originario di una città storica che ha fatto i conti con la massiccia cementificazione negli anni del boom.

Caruso, stimato per gli ottimi risultati raggiunti nei precedenti incarichi, da poco più di un anno è direttore del Parco Archeologico Lilibeo di Marsala. Già Soprintendente ai Beni Culturali di Trapani e direttore del prestigioso Parco Archeologico di Selinunte , in tempi non sospetti aveva rivolto appelli inascoltati che mettevano in guardia sull’imbruttimento e sugli “errori inenarrabili” .

Direttore Caruso, chi in questi giorni passa da Porta Nuova non può non notare i “polverosi” lavori in corso durante i quali si sta provvedendo a rimuovere i “finti giardini” con tufi e moquette che per più di 5 anni hanno “abbellito” questa piazza. Cosa ne pensa del nuovo progetto?

«Quella “cosa”, quei finti giardini, erano indecenti. Per quanto riguarda questo progetto che è in corso, quando venne presentato, io lo approvai. Si tratta di una pavimentazione in basolato che è sicuramente meglio dell’asfalto. Il problema semmai è un altro»

Quale?

« Negli anni si è persa la forma iniziale di questa bella piazza. Pian piano si è trasformata da ovoidale, a ferro di cavallo per intenderci, a quadrata. Nelle cose storiche non bisogna intervenire a meno che non si faccia un progetto che esalti il disegno iniziale. Si è provveduto invece a cancellare i viali come se fossero una cosa secondaria ed invece erano di primaria importanza. Io l’ho scritto nel 2005 che si trattava di uno dei più bei disegni urbanistici del Sud Italia ma non mi hanno ascoltato.

Cosa le piaceva di questo disegno iniziale?

«Mi piaceva il fatto che da questa piazza si diramassero, a raggiera, 5 strade. Questo disegno, di urbanistica ottocentesca, riprendeva un motivo Neoclassico molto in voga in quegli anni ma è stato cancellato per fare il Parco Archeologico. Per trovare qualcosa di simile, dobbiamo andare in Germania, nella città di Karlsruhe dove l’impianto della città è impostato su una serie di strade a raggiera che però, piuttosto che su una piazza, fanno perno su un Castello. Stiamo parlando di una città Neoclassica, bellissima. Nel caso nostro, per Porta Nuova, che aveva lo stesso impianto, quando vennero cancellate le strade, non si trattò altro che di un patto fra l’Amministrazione Comunale e quella Regionale »

Viale del Decumano Massimo Plateia Aelia

Che patto?

«Il Comune allora ha ceduto 2 strade, una che portava al Lungomare in prossimità dei canottieri e quella che passava accanto alla Chiesa di San Giovanni al Boeo ricevendo in cambio, dalla Regione, Palazzo Grignani e Palazzo Fici. Facendo questo è stata fatta la recinzione unica che ha di fatto cancellato le 2 strade. Io scrissi che era un errore fare la recinzione e cancellare le strade. Si è persa in tal modo la prospettiva. La strada che passa accanto il Teatro Impero adesso chiusa, portava fino al mare.

In questo “do ut des”, secondo lei, la cancellazione di queste strade che di fatto attraversavano il Parco, è servita almeno a tutelare i reperti archeologici di Plateia Aelia?

«Non credo sia così. Quando hanno realizzato la strada che conduceva ai Canottieri, hanno “sbancato” il percorso, pertanto, i reperti archeologici si trovano ad oltre un metro e mezzo di altezza rispetto alla strada. E comunque, la realizzazione di quella strada, quello che doveva distruggere, l’ha distrutto, quindi di che tutela eventualmente si è trattata? Quello che andava conservato, è andato perduto proprio realizzando quella strada»

Di queste 5 strade, quella principale o centrale che dir si voglia, dove sbucava?

BOEO CON FIORIERE

«Sul mare direttamente, su un piccolo belvedere, chiamato “Ferro di Cavallo” tutt’oggi. Anche lì, il Comune, nel tempo, ha fatto errori inenarrabili»

Quali ad esempio?

«Hanno cambiato la bellezza di uno spazio, abbruttendola. Quando ero ragazzo, la ringhiera del piccolo Belvedere era in ferro e quella trasparenza consentiva di vedere tutta la bellezza del mare. Ovviamente ci vuole manutenzione perché il ferro notoriamente arrugginisce ma non è la stessa cosa vedere cemento al posto del mare. Togliere la visione del mare, è assurdo. Se uno passa in auto, il mare neanche lo vede. Perché in un Lungomare ci debbono essere muri di cemento che limitano proprio la vista del mare stesso? L’unica cosa che si è conservata è la bellissima panchina a semicerchio. Purtroppo dagli anni ’60 in poi, il cemento è stato considerato la panacea di tutti i mali».

Cosa propone lei, Caruso?

«Penso che questi blocchi di cemento con relative fiorire, senza fiori peraltro, debbano essere tolti. Penso che il mare vada liberato».

Per rendere tangibile l’esempio,il lungomare Boeo di Marsala dovrebbe somigliare al Lungomare “Mazzini” di Mazara?

Sì, esattamente. C’è bisogno di cura e di bellezza sopratutto.

Tiziana Sferruggia

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