Dal dentista al tempo del Coronavirus: rischi, costi e vantaggi per medici e pazienti

Tiziana Sferruggia

Dal dentista al tempo del Coronavirus: rischi, costi e vantaggi per medici e pazienti

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venerdì 15 Maggio 2020 - 14:43

Andare dal dentista, al tempo del Coronavirus non è semplice. Il virus non è ancora stato debellato, è sottotraccia, ed è ancora pericoloso. Ma, a parte la paura del contagio, comprensibilissima del resto, chi ha un problema ai denti, sa che non può resistere a lungo con rinvii e pannicelli caldi per lenire il disturbo. Il dolore ai denti è insopportabile e dunque andare dal dentista non è un capriccio ma una necessità. Per chiarire l’attuale situazione e gettare anche uno sguardo sul prossimo futuro, abbiamo chiesto al dottor Gaspare Zambito, medico odontoiatra di Marsala, di spiegare le difficoltà della categoria in questo particolare momento. Con chiarezza e buona volontà, il dottore Zambito ha svelato che, a complicare ulteriormente le cose, è la mancanza di chiarezza delle linee guida a rendere difficile il lavoro a chi, per esempio, come professionista, vorrebbe garantire per i suoi pazienti clienti efficienza sia nel lavoro che nella sicurezza.

Dal 4 Maggio siamo stati aperti, finora, soltanto per le urgenze, anche se prima non c’è mai stata una formale chiusura degli studi dei medici odontoiatrici perché a livello ministeriale non c’è stata data nessuna comunicazione di chiusura. Soltanto l’ordine dei Medici ha consigliato di chiudere gli ambulatori per effettuare soltanto le urgenze. Finora abbiamo ricevuto solo per appuntamento e per reali emergenze, ovvero per ascessi o emorragie e non certo per risolvere “cariette” curabili anche dopo, con calma. E comunque finora si è lavorato a discrezione del dentista. E’ ovvio che più passa il tempo più aumentano le urgenze. I pazienti che avevano aspettato per farsi curare la non urgenza, ora si ritrovano con “urgenze” improrogabili”.

Non è difficile comprendere che il lavoro del dentista è quanto di più “ravvicinato” ci possa essere fra 2 persone, altro che rispetto delle distanze di sicurezza, verrebbe da dire. Per non parlare degli effluvi, ovvero dall’effetto aerosol che si crea durante l’uso del trapano, un aspetto che mette in pericolo contagio sia il medico dentista che il paziente.

“Se tutte le categorie possono lavorare a patto che mettano la mascherina, da noi, ovviamente, il paziente non può metterla. L’ aerosol non è soltanto quello che si emette, ad esempio parlando, ma si crea anche quando noi introduciamo nella bocca strumenti rotanti che vaporizzano tutto, sangue e saliva. Questo crea una “nuvola” all’interno della stanza che poi verrà successivamente sanificata con l’ingresso di ogni nuovo paziente”.

Un lavoro impegnativo quello del dentista dunque, ora più che mai, con regole da rispettare e protocolli di sicurezza più severi per la tutela anche della propria salute e anche di quella dei pazienti: “Noi abbiamo tutte le apparecchiature sigillate e gli attrezzi monouso li teniamo fuori dalla stanza. Finora siamo stanti abbastanza bravi come categoria di dentisti a gestire le infezioni che si trasmettevano attraverso il sangue, penso all’infezione da HIV, oppure alle malattie esantematiche come il morbillo, ma con i virus a trasmissione aerea, cambia tutto o quasi“.

Di fatto, lavorare a stretto contatto non deve essere facile considerati gli effetti subdoli del Coronavirus ma non è solo questo ad inquietare il dottor Zambito. “Il problema per noi dentisti è stato il recupero dei dispositivi medici di protezione, ovvero le mascherine FP2 o FP3. Con questa protezione avremmo potuto lavorare anche nell’immediato senza chiudere ma siamo stati “costretti” a farlo perchè la Protezione Civile ha contingentato subito tutti i dispositivi di protezione per trasferirli agli operatori sanitari che negli ospedali curavano i malati di Covid19“. La protezione, in effetti, non è mai troppa in casi come questi. i dentisti, inoltre, alla loro “divisa standard” hanno dovuto aggiungere anche altro. “Prima dell’esplosione del Covid19 lavoravamo con una mascherina chirurgica, occhiali di protezione e la visiera. Ora, al posto della mascherina chirurgica,dobbiamo usare una FP3 oppure una FP2 per non essere contaminati e a nostra volta per non contaminare. Ora dovremo lavorare con i camici monouso da indossare sopra il camice nostro ai quali vanno aggiunte delle “maniche” impermeabili in TNT che devono essere sostituite ad ogni nuovo paziente”.

E poi c’è il problema dei costi che ovviamente, stando al racconto del dottore, sono aumentati: “il materiale va acquistato e in questo momento ha prezzi altissimi. Ed è comprensibile anche un piccolo aumento delle nostre parcelle”.

Ovviamente, questo materiale monouso, (camice, maniche e mascherina doppio filtro), va comunque smaltito e qui subentra un altro problema non di poco conto. E’ lo stesso Zambito a spiegarcelo: “tutto questo materiale potenzialmente contaminato, andrà smaltito secondo norme di legge con costi addizionali con quanto già prevedeva il normale esercizio”

Tiziana Sferruggia

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