La lezione di Peppino e i cento passi del nostro tempo

Vincenzo Figlioli

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La lezione di Peppino e i cento passi del nostro tempo

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sabato 09 Maggio 2020 - 10:15

Il 9 maggio, per i siciliani, non è una data come le altre. E’ la data in cui si ricorda la morte di Peppino Impastato, che pagò con la vita il suo impegno per la liberazione di questa terra dalla prepotenza mafiosa. Le disposizioni contro gli assembramenti, quest’anno, impediscono al movimento antimafia e ai giovani sensibili alla storia di Peppino di ritrovarsi a Cinisi per le consuete manifestazioni organizzate in suo ricordo. Casa Memoria, l’associazione Peppino Impastato e il Centro di Documentazione di Umberto Santino hanno organizzato un programma alternativo sul web, ma è chiaro che non sarà la stessa cosa. C’erano giovani e scolaresche che avevano immaginato di partecipare per la prima volta a un evento di cui tanto avevano sentito parlare: per semplice curiosità, per un nascente interesse o perchè già si sentivano pronti a raccogliere il testimone dell’impegno antimafia da parte dei veterani, quelli che ci sono ogni anno, con i loro ricordi e le loro bandiere, nella speranza di vedersi affiancare da volti nuovi, pieni di energia e speranza. Ci sarà tempo anche per questo, per tornare a percorrere la strada che porta dalla stazione al viale principale di Cinisi e quei cento passi che separavano la casa di Peppino da quella del boss Tano Badalamenti.

Nel frattempo, però, le cronache quotidiane regalano nuovi motivi di indignazione: questa settimana, tra le altre cose, è stata ricca di spunti, dalla scarcerazione di numerosi boss mafiosi ai ritardi della burocrazia siciliana nell’erogazione della cassa integrazione in deroga ai lavoratori penalizzati dagli effetti del lockdown. Mafia e burocrazia, una storia antica, che riempie ancora le prime pagine dei giornali, lasciando la sensazione che ancora una volta tutto si tenga: istituzioni che si rivelano inadeguate a garantire servizi e diritti ai cittadini sono il miglior alleato delle organizzazioni criminali. Se poi, come emerso in questi giorni, gli uffici regionali chiedono addirittura un bonus per procedere più velocemente nell’evasione delle istanze presentate, allora appare evidente come l’indignazione dovrebbe essere accompagnata da una nuova presa di coscienza e dall’urgenza di immaginare nuove forme di mobilitazione e di lotta sociale per cambiare i destini di questa terra.

Il Coronavirus e il lockdown hanno avuto almeno un pregio: ci hanno consentito di riflettere sulle cose veramente importanti. Una di queste è che non possiamo più permetterci una pubblica amministrazione che, al di là delle responsabilità della politica, rallenta qualsiasi tipo di iniziativa, orientando le nostre vite alla rassegnazione o alla fuga. Non possiamo permetterci la negazione di diritti economici e sociali che sono alla base della nostra Costituzione, né di attendere pazientemente un futuro turn over in cui finalmente si trovino le persone giuste al posto giusto, selezionate per principi meritocratici e non per altri discutibili criteri.

E’ questo il tempo che viviamo ed è quello in cui siamo tutti chiamati ad agire. L’eredità di Peppino Impastato non è un trionfo di like su facebook, ma un’azione costante e continua sui territori, capace di affermare libertà, diritti e trasparenza in ogni aspetto della nostra vita civile. La lezione di quei cento passi parte proprio da qui.

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