MammaAvventura: L’attesa

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MammaAvventura: L’attesa

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lunedì 10 Febbraio 2020 - 18:27

Quando aspetti un bambino, lo aspetti sul serio. Dal momento in cui scopri di essere incinta, il susseguirsi dei giorni diventa una continua attesa. E, ovviamente, una continua ansia. Aspetti tre minuti per veder spuntare la seconda linea sul test di gravidanza. Aspetti la prima visita ginecologica. I risultati dello screening, per sapere se sta bene. Aspetti di conoscere il sesso di tua figlia. Di comprare le prime copertine. Di vedere il tuo corpo trasformarsi, giorno dopo giorno, e a stento riconoscerti davanti ad uno specchio. Guardi quei pigiamini in ciniglia e aspetti di avere tuo figlio fra le braccia. Di svegliarti insieme a lui. O, più probabile, di non andare nemmeno a dormire, insieme a lui. Nove mesi sembrano interminabili.

A volte penso che vorrei essere un topo. In venti giorni partorisce i topini e amen. O anche un coniglio, appena un mese. Certo, poi penso che “la gattina frettolosa fa i gattini ciechi” e mi ricredo, almeno in parte. Io, comunque, mi sento più come un elefante. Un po’ come la mamma di Dumbo, per intenderci. Grossa, ingombrante, con l’agilità e la leggiadria di un pachiderma in un negozio di cristalli, con una gestazione di ben 22 mesi. Mi sembra abbastanza chiaro il concetto. Eppure, se potessi, sceglierei di essere un cavalluccio marino. Tanto mica sarei io a partorire. Lascerei le uova in una tasca nel ventre del maschio e arrivederci e grazie. Niente rinunce, niente sacrifici, niente esami di routine con un ago continuamente infilzato nella pelle. Niente rischio di toxoplasmosi e via di prosciutto crudo e panini con salame e provola, come quelli che mangiavamo da piccoli. Partorisce il cavalluccio marino maschio e la femmina non fa nulla.

Al massimo assiste al parto, con una faccia inebetita e senza apportare alcun aiuto utile. Proprio come fanno gli uomini, insomma. Dunque, siamo giunti al nono mese, che sembra non terminare mai. 36 settimane, 11 chili in più, un quarto d’ora la mattina per mettere le scarpe. Con l’aggravante che è la seconda gravidanza. Quindi molto meno attenzioni, molto meno tempo per riposare, meno coccole, meno di tutto. Un’unica costante: quando vedi la gente per strada, chi non ti conosce ti fissa la pancia. Chi ti conosce esclama: “ma che gran pancia, mamma mia, ma è veramente grande”. E lì ti tocca davvero mettere in pratica tutti gli esercizi di respirazione, di yoga e di training autogeno appresi durante i nove mesi, per evitare di girarti e iniziare a gridare come una pazza, in giro per strada.

Michela Albertini

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