Mario Cerciello Rega e Silvio Mirarchi, quando la ricerca della verità è la vera giustizia

Chiara Putaggio

Mario Cerciello Rega e Silvio Mirarchi, quando la ricerca della verità è la vera giustizia

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sabato 27 Luglio 2019 - 17:17

Se esiste un paradiso dei carabinieri, o delle forze dell’ordine in genere o ancora… degli eroi (loro malgrado), immagino che adesso lì Mario Cerciello Rega stia parlando con Silvio Mirarchi. Immagino che si siano abbracciati, dopo essersi rivolti il saluto militare e che si siano compresi al primo sguardo, da uomini di Stato esemplari. Entrambi accomunati dal profondo e autentico senso del dovere, dal sentimento della necessità di perseguire il bene oltre la propria incolumità, dalla consapevolezza che solo andando oltre gli interessi dei singoli si persegue un Paese migliore, più giusto. Sono quasi certa che un pensiero, da parte di entrambi, sarà stato rivolto ai colleghi che sono rimasti in questa trincea e che continuano, con coraggio ed onestà a fare ciò che sentono di dover fare, dimenticando il proprio tornaconto, per un fine più ampio: il tornaconto del nostro Paese, che è la difesa della giustizia, in definitiva. Ma per fare questo bisogna sapere cosa perseguire, quali sono i mali da sconfiggere, contro chi rivolgere le forze (non sempre pingui) dello Stato per migliorarne la salute, nel senso morale, etico, ma anche della sicurezza e della garanzia di futuro per chi vive oggi qui e per chi ci sarà domani. Ebbene questo stesso quesito e la risposta che in molti casi i governi che si sono avvicendati hanno fornito è il principale ostacolo alla risoluzione dei problemi del nostro Paese.

Fino a qualche ora fa la notizia che andava per la maggiore era che a pugnalare selvaggiamente il vice brigadiere Mario Cerciello Rega fosse stato uno dei due nordafricani che si riteneva fossero responsabili di estorsione di cento euro. Una fine incomprensibile e insensata: morire per cento euro. Ma grazie a Dio i nostri inquirenti non sono degli sprovveduti e a poco a poco si è scoperto che due indagati erano in un hotel di lusso (cosa che cozza con l’idea di due maghrebini scippatori) e poi che dietro c’era un giro di cocaina. Bingo: in circa 24 ore beccati i responsabili e la storia assurda, ma molto più logica, che sta alla base dell’assassinio brutale e che ha a che fare con una dose di aspirina spacciata per cocaina che i due – americani e non africani – hanno acquistato e per cui, accortisi di essere stati truffati – volevano essere risarciti e in un certo senso si erano risarciti da soli rubando il borsello di chi aveva indicato loro un pusher farlocco. Storia rocambolesca dalla quale emerge un dato: il mercato della droga, che riguarda Roma ma anche Marsala. Cerciello e Mirarchi sono stati uccisi per lo stesso motivo. Entrambi, nell’esercizio del loro servizio, si sono imbattuti nella notte nera di un Paese senza prospettive, senza agevolazioni per chi intende costruirsi un domani alla luce del sole e hanno incontrato letalmente un mondo che ha fatto della delinquenza il suo sostentamento.

A fronte di un numero enorme di nostri migranti economici, per lo più giovani promettenti che non vengono sostenuti a costruire il loro domani qui e perciò partono per vivere all’estero (dove ad esempio vengono pagati mille euro al mese per fare un master), ce ne sono altri con meno abilità e competenze che restano e, se a mancare, oltre alle qualità intellettive sono anche quelle morali, scelgono vie buie per tirare avanti o per arricchirsi veramente. E mentre l’attuale governo centrale punta il dito sulla piaga dell’immigrazione che porterebbe qui anche delinquenti, viene trascurato il problema reale: l’incremento del mercato della droga che non fa preferenze tra capitali o città metropolitane e si estende ovunque. Lo ha scoperto a sue spese Silvio Mirarchi, al quale è stata strappata la vita per aver scovato una serra con oltre cinquemila piante di marijuana nelle campagne marsalesi. La risposta degli inquirenti anche tre anni fa, come ora in occasione dell’assassinio di Circiello, fu celere ed efficace. Ma il dolore resta, specie per i familiari delle vittime. È una questione di prospettive e di punti di partenza.

La piaga imperante adesso, che spezza il fiato a molte famiglie, non è certo la presenza di giovani africani che girano per le strade in bici. Per quanto mi riguarda trovo scandalosa la presenza di milioni di siringhe in una vecchia scuola di Sappusi piuttosto che l’esistenza di persone nate altrove. Bisogna comprendere cosa è un problema che uccide e cosa non lo è. La migrazione è un fenomeno naturale. Anche gli animali migrano, gli uccelli lo fanno per sopravvivere e anche gli uomini, percorrono la Terra in cerca di condizioni migliori. Certo poi ci sono i trafficanti, che vanno scovati e perseguiti, ma non è l’immigrazione in sé a poter essere considerata reato. Ma la droga sì. Chi la coltiva, fabbrica, vende non lo fa per sopravvivere, ma solo per lucrare. È un reato assoluto. Lo Stato ha sconfitto il terrorismo degli anni settanta quando ha deciso di farlo. Era un reato assoluto anche quello. Se deciderà di sconfiggere la filiera della droga la sconfiggerà. Occorre però decidere chiaramente contro cosa concentrare le forze. E magari anche nel paradiso dei carabinieri, qualcuno ci ringrazierà per questo.

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