Arriverà anche il presidente della repubblica Sergio Mattarella che sarà a Partanna domenica prossima, in occasione della ricorrenza del cinquantenario del terremoto che nella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968, distrusse i paesi della Valle del Belice. Morirono, nel sonno, quasi 500 persone. Sono trascorsi 50 anni e non scriveremo che sembra ieri. Abbiamo l’età per avere un ricordo lontano di quella notte quando il letto tremò e i lampadari “ballarono”. Allora internet non esisteva e la tv trasmetteva (sembra impossibile..) soltanto di pomeriggio/sera. Apprendemmo dalla radio quello che era accaduto, visto che Marsala si trovava ai margini dell’epicentro del sisma. Dopo il cordoglio per le vittime, gli aiuti per le centinaia di famiglie rimaste senza tetto e le scene raccapriccianti in bianco e nero sulla vicenda calò il sipario, come avviene sempre in casi del genere. Arrivarono i politici, nazionali e regionali, e si cominciò a parlare di ricostruzione. Abbiamo un altro ricordo personale (noi non ci citiamo mai in prima persona, ma l’occasione è ghiotta…). Nella ricorrenza decennale del terremoto assieme a tanti altri coetanei andammo a manifestare nelle zone terremotate per protestare contro la mancata ricostruzione. Così è stato tante altre volte negli anni. Inchieste aperte e forse mai chiuse del tutto, accertarono che tanto denaro pubblico aveva preso canali per così dire…privati. I paesi intanto si erano svuotati (che ci stava a fare lì la gente senza lavoro e senza casa?), gli “scienziati” delle ricostruzioni fecero sorgere (non in tutti i casi, si capisce) delle cattedrali nel deserto. Citiamo per tutti Poggioreale, dove un anfiteatro e un cavalcavia che non collega nulla, fanno da corollario ad un paese praticamente vuoto. Alcuni cittadini che ancora vivono nelle città colpite dal terremoto, ad ogni ricorrenza vengono “avvicinati” dai colleghi che numerosi si avventurano in quelle zone. Sempre le stesse domande e sempre le stesse risposte. Tra quelle di questi giorni ci ha colpito l’intervista di un anziano ristoratore del luogo, il quale ha dichiarato alla collega di la Repubblica: “Mi sento ospite in questo paese, la mia storia, la nostra storia, si trova in mezzo alle macerie nell’altro paese”. Sarà nostalgia di quando era più giovane? Può darsi. Ma chi ha vissuto nelle capanne (si erano proprio una specie di capanne), e poi si è visto costruire una città vicina ad esperienze d’oltre oceano, piuttosto che alla nostra cultura, oggi rimpiange il pre-terremoto. Intanto arriva Mattarella.
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