Fu inaugurata nel 2008, ma allo stato attuale si presenta ancora come un’incompiuta. L’area artigianale di contrada Amabilina, concepita con l’idea di creare un nuovo spazio riservato all’imprenditoria marsalese e di contribuire alla riqualificazione del quartiere, è ancora molto lontana dall’aspetto che avrebbe dovuto avere. A nove anni dalla conclusione dei lavori, dei capannoni immaginati non c’è ancora alcuna traccia e il Comune risulta in ritardo nel completamento degli oneri di urbanizzazione (allacciamenti alla rete elettrica e alle fognature) previsti a beneficio delle attività che hanno acquistato i lotti. Rispetto ai primi tempi, in cui l’alto importo previsto dagli uffici comunali aveva scoraggiato i privati, qualche passo avanti è stato fatto. L’abbassamento del costo al metro quadro da 91,50 € a 27,50 € ha infatti convinto numerose ditte ad investire su quest’area, presentando le proprie candidature e la documentazione prevista. Stilata la graduatoria, si è passati all’assegnazione dei lotti (al momento 32 sui 45 disponibili).
Il processo di realizzazione dei capannoni risulta però ancora frenato da vari fattori. Uno tra questi è legato agli atti vandalici che continuano a consumarsi all’interno dell’area artigianale. Numerosi sono stati negli anni gli episodi di trafugamento dei tombini in ghisa fino a trasformare la superficie in una sorta di percorso a ostacoli irto di insidie, che obbliga gli autisti a improvvisi slalom per evitare danni ai propri mezzi. Al contempo, l’area è diventata luogo di bivacco, ma anche discarica o pista per le corse notturne di auto o moto. Attorno ai marciapiedi o all’interno delle aiuole è possibile ancora adesso trovare un po’ di tutto: televisori dismessi, water o lavandini in frantumi, vecchi copertoni abbandonati e naturalmente una quantità industriale di bottiglie di birra, cartoni di pizza, sacchetti di organico e tanto altro.
L’ultimo inquietante episodio, in ordine di tempo, è il furto di un cancello da cantiere che su indicazione del Comune era stato installato a protezione dell’intera area (e a proprie spese) dalla ditta Osmosea snc. L’azienda, che si occupa di dissalatori ed impianti di trattamento acque (per uso nautico, industriale e domestico), è assegnataria (e dunque proprietaria) di due lotti all’interno dell’area ed è la prima ad aver cominciato i lavori per la realizzazione della propria sede operativa. La proprietà ha presentato regolare denuncia ai carabinieri e ha informato dell’episodio l’amministrazione comunale.
“Per un imprenditore è impossibile lavorare in questo modo – spiega Mario Alagna, uno dei titolari di Osmosea snc -. Il Comune da un lato pretende, dall’altro non ci tutela. Il sindaco ci ha accolti, assicurando piena disponibilità a venirci incontro. Mi auguro che quanto ci è stato promesso venga mantenuto. In caso contrario, a malincuore potremmo decidere di spostare la nostra impresa in un altro territorio”. L’azienda, infatti, ha la necessità di procedere nel rispetto di precise scadenze per poter ottenere i finanziamenti utili alla realizzazione del proprio progetto. Ulteriori intoppi o ritardi finirebbero per far saltare tutto, compromettendo il buon esito dell’iniziativa.
L’amministrazione ha fatto sapere che a tutela dell’area procederà all’installazione di un sistema di videosorveglianza, ma resta la questione dei servizi ancora da completare (acqua, luce e fognature). Argomento su cui in Consiglio comunale era intervenuto qualche tempo fa il capogruppo dell’Udc Flavio Coppola : “Nel Piano Triennale delle Opere Pubbliche – ricorda il consigliere lilybetano – avevamo previsto uno stanziamento di 500.000 €, con circa 150.000 per l’anno in corso”.
Resta tuttavia la sensazione di un processo che continua a procedere col freno a mano tirato a fronte di un’opera pubblica che ha le potenzialità per poter dare ossigeno alle aziende marsalesi e per ridisegnare le sorti di un quartiere la cui storia (tristemente associata a fenomeni di criminalità) è spesso stata determinata proprio dall’incapacità delle istituzioni di portare avanti con decisione un modello di sviluppo alternativo.