Il sangue di padre Puglisi

Vincenzo Figlioli

Marsala

Il sangue di padre Puglisi

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venerdì 16 Settembre 2016 - 06:57

Ricorreva ieri il 23° anniversario dall’uccisione di don Pino Puglisi. Lo ricordiamo ogni anno, perchè vale la pena fare memoria della sua capacità di coniugare il messaggio evangelico con il rifiuto della rassegnazione alla prepotenza mafiosa. Ed è proprio qui, in un aspetto che dovrebbe essere la norma, che per il suo tempo padre Puglisi diventò un’eccezione per certi versi rivoluzionaria. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio del decennio successivo la Chiesa aveva infatti cominciato a dare finalmente segnali di attenzione verso Cosa Nostra. Tra i primi, il cardinale Salvatore Pappalardo, che nel celebrare i funerali del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa sferzò le istituzioni presenti con una memorabile omelia (“Mentre a Roma si pensa sul da fare, la città di Sagunto viene espugnata dai nemici [..] e questa volta non è Sagunto, ma Palermo. Povera la nostra Palermo”). Poi arrivò Giovanni Paolo II, che nel suo celebre discorso alla Valle dei Templi si rivolse direttamente ai mafiosi (“Convertitevi, verrà il giudizio di Dio”). Si è comunque dovuto attendere il 2014 e l’avvento di Jorge Mario Bergoglio, per ascoltare un Papa scomunicare “senza se e senza ma” gli affiliati a Cosa Nostra.

Per troppo tempo, fino ad allora, i sacerdoti avevano fatto finta di non vedere e di non sentire, celebrando i matrimoni dei latitanti, battezzandone i figli e accettando che statue e simulacri di santi portati in processione si inchinassero sotto i balconi dei boss, accettandone le laute offerte per le feste patronali (episodi che, peraltro, continuano a verificarsi, seppur in misura minore rispetto al passato). Per non parlare delle alte gerarchie vaticane, che hanno spesso fatto affari con la criminalità organizzata, secondo una logica del “do ut des” che traspare da tanti misteri italiani (la scomparsa di Emanuela Orlandi, le vicende dello Ior, le morti di Roberto Calvi e di Papa Luciani). La storia di Padre Pino Puglisi testimonia, dunque, che anche in un contesto storico non facile e in uno dei quartieri di Palermo che maggiormente subivano l’arroganza mafiosa, poteva esserci spazio per un’idea di sacerdozio coerente con il vero spirito del messaggio evangelico. Se solo lo avessero capito tutti gli altri parroci siciliani di quegli anni, con ogni probabilità Cosa Nostra avrebbe perduto molto prima il consenso di cui per tanti anni ha goduto. E la Chiesa italiana avrebbe qualche macchia di sangue in meno sulla coscienza. Compreso quello di padre Puglisi.

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