“Cosa Nostra continua ad infiltrarsi nei centri di potere”. Pubblicata relazione della Dia sulla mafia trapanese

redazione

“Cosa Nostra continua ad infiltrarsi nei centri di potere”. Pubblicata relazione della Dia sulla mafia trapanese

Condividi su:

mercoledì 03 Agosto 2016 - 11:47

La Direzione Investigativa Antimafia ha reso pubblica in questi giorni la relazione in merito alle attività condotte nel contrasto alle organizzazione criminali. Il documento si riferisce al secondo semestre 2015 ed è suddiviso in vari capitoli e paragrafi da cui emerge un quadro articolato delle presenze mafiose su tutto il territorio nazionale. All’interno della sezione dedicata a Cosa Nostra, c’è uno spazio dedicato alla criminalità in provincia di Trapani che, a seguire, pubblichiamo integralmente. Confermata la suddivisione in quattro mandamenti: Trapani (che comprende anche le famiglie di Custonaci, Paceco e Valderice), Alcamo (che comprende anche Calatafimi e Castellammare del Golfo), Castelvetrano (che comprende anche Campobello, Gibellina, Partanna, Santa Ninfa e Salaparuta/Poggioreale) e Mazara del Vallo (di cui fanno parte anche le famiglie mafiose di Marsala, Salemi e Vita). Chiaramente, all’interno del documento (relativo, come detto al secondo semestre 2015) non si fa riferimento ai fatti degli ultimi mesi e, in particolare, all’offensiva fatta scattare sul fronte del contrasto al mercato degli stupefacenti in seguito all’omicidio del maresciallo Silvio Mirarchi. Parimenti, non si fa cenno alle ultime indagini sulle logge massoniche condotte dalla Procura di Trapani guidata da Marcello Viola.

Ecco il testo:

Caratterizzate da forte coesione le consorterie trapanesi operano in sinergia con le più potenti famiglie palermitane, con le quali condividono strategie di politica criminale, anche ultra provinciale, sia per la gestione di attività imprenditoriali che per quelle tipicamente illecite.

Il circuito relazione che continua a proteggere Matteo Messina Denaro è costituito da parenti, affini, cosiddetti “uomini d’onore”, affiliati e prestanome fidati.

Le attività investigative, svolte sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, puntano infatti, ad eroderne le fonti di sostentamento, scardinando la complessa catena logistica che lo sostiene.

Un duro colpo alla rete relazionale del latitante di Castelvetrano è stato dato con l’operazione “Hermes”, a seguito della quale sono stati arrestati 11 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso e favoreggiamento personale aggravato.

Le investigazioni sono state orientate, in una prima fase, verso una serie di soggetti che, per caratura criminale e ruolo all’interno delle consorterie mafiose trapanesi, erano stati individuati quali possibili favoreggiatori. Successivamente, è stata ricostruita la rete di distribuzione dei “pizzini” diretti al latitante o da questi prodotti per comunicare con i familiari.

Nel complesso l’azione svolta dalla magistratura e dalla polizia giudiziaria negli ultimi anni ha fortemente inciso su una larga parte della cerchia familiare del latitante, appartenenti alla quale sono tuttora detenuti per reati di particolare gravità, come l’associazione per delinquere di tipo mafioso, l’estorsione aggravata e il trasferimento fraudolento di valori. Altrettanto penetrante l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali.

Sul piano generale, cosa nostra trapanese continua a caratterizzarsi per la spiccata propensione a infiltrare, anche attraverso interposizioni fittizie, i centri di potere e di controllo amministrativo – finanziario, per ottenere il monopolio dei settori maggiormente remunerativi, primo fra tutto quello degli appalti pubblici.

In questo senso, assume una particolare rilevanza l’operazione “Alqamah”, finalizzata a disarticolare la famiglia mafiosa di Alcamo, da cui il nome. L’indagine ha documentato l’ingerenza nel tessuto economico sociale di imprese attivi nei settori dell’edilizia, del movimento terra e della commercializzazione di vino all’ingrosso, apparentemente lecite, ma di fatto riconducibili a soggetti condannati con sentenze passate in giudicato per associazione mafiosa e intestate a prestanome compiacenti, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali.

A questa strategia imprenditoriale si affianca, poi, il ricorso alle estorsioni, quale strumento di controllo del territorio.

Anche in quest’area lo spaccio di sostanze stupefacenti, assieme ai reati predatori, costituisce la principale attività della manovalanza straniera, che si colloca, comunque, in posizione subalterna alle consorterie mafiose.

Condividi su: