Intervista a Fabrizio Lombardo: “Puntare sugli artisti professionisti. Lo sponsor è lavoro per le amministrazioni”

redazione

Intervista a Fabrizio Lombardo: “Puntare sugli artisti professionisti. Lo sponsor è lavoro per le amministrazioni”

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martedì 19 Luglio 2016 - 12:09

L’arte, la cultura e lo spettacolo dal vivo sono temi che tengono banco in questi giorni nella nostra città. Parliamone con Fabrizio Lombardo, attore diplomato alla “Scuola D’arte Drammatica Paolo Gassi” di Milano, che si è perfezionato frequentando l’”ÉCOLE DES MAÎTRES” 2012 e che da dieci anni lavora in campo teatrale e audiovisivo collaborando con registi del calibro di Giorgio Barberio Corsetti, Rafael Spregelburd ed Emma Dante.

 Il sindaco di Marsala ha detto che gli artisti si devono abituare a lavorare gratis. Poi ha rettificato.

Non entro nel merito della questione: se l’ha detto, se non l’ha detto, poco importa. Voglio sperare che non l’abbia detto e immagino, data la reputazione di “persona per bene” del sindaco, che non l’abbia detto.Comunque, il nostro sindaco non spicca per proprietà di linguaggio e quindi bisogna concedergli il beneficio del dubbio. Però, questa frase ha sollevato una problematica molto attuale, che proprio in questi mesi riempie le pagine culturali dei giornali nazionali. Il problema di come il pubblico, le istituzioni, possano aiutare l’arte, gli artisti.

Come secondo te?

A Marsala la questione vive una sua specificità: si parla spesso di artisti a Marsala, ma lo si fa senza una giusta distinzione tra amatori e artisti professionisti. Questo fa in modo chela questione “artisti marsalesi” venga trattata in modo provinciale. Mi spiego:  nel momento in cui si mettono nello stesso calderone di artisti di professione e le persone che fanno un lavoro d’ufficio e la sera si riuniscono per provare delle cover per esibirsi nei pub marsalesi, è chiaro che si perde il centro del vero problema. Non si possono mettere sullo stesso piano questi amatori e, per esempio, i Marta sui tubi. Questo penso sia criminale:  perché è proprio questo modo di pensare che fa in modo che l’investimento nella cultura sia a pioggia, invece di essere mirato. Vi faccio un esempio: io amo il calcio, però mi annoio a morte a vedere i miei amici che giocano a calcio a 5 o a 7, perché non sono bravi a giocare. Non è colpa loro, non sono giocatori professionisti. Se guardo invece una partita di seria A mi diverto, la vedo tutta.  Lo stesso vale per qualunque spettacolo dal vivo. Se fatto da amatori, non si può pretendere la qualità e in contraccambio gli amatori non possono pretendere di avere pagato dalla comunità un hobby. In quel caso è corretto che un’amministrazione decida di appoggiarli mettendo a disposizione un luogo e dei servizi. Specie in questo momento di bilanci comunali in rosso le amministrazioni comunali devono fare delle scelte e mi sembra normale che debbano scegliere di appoggiare, finanziare, tutelare i professionisti.

Quindi come si dovrebbe puntare sui professionisti?

Si. Marsala ha la fortuna di avere da qualche anno un gruppo di teatranti che lavorano a livello nazionale ed internazionale. Mi chiedo: perché non investire su di loro? Un’istituzione deve investire sui propri talenti, permettergli di sviluppare progetti artistici da portare anche fuori dai confini marsalesi. In un momento in cui per gli artisti è difficile essere ascoltati, trovare le risorse, ricevere un riconoscimento di ruolo da parte della propria città d’origine, la soluzione potrebbe essere questa: la città potrebbe investire sui propri talenti, gli artisti metterebbero a disposizione della città la propria professionalità, i propri contatti, le proprie capacità garantendo così una programmazione culturale di qualità. Paradossalmente, in un mondo illuminato, dovrebbe essere l’istituzione a cercare i talenti. Solo che, ripeto, il talento va cercato dove c’è un percorso che garantisce la qualità della proposta culturale e quindi giustifica l’investimento. Ecco cosa si deve fare: finire di pensare che i soldi spesi in attività culturali siano un costo e pensarli come un investimento. Al contrario di quello che si dice, l’arte, il teatro creano economia: un indotto di lavoro per strutture recettive, ristoratori, operatori della comunicazione, maestranze teatrali. Oltre, ovviamente, all’investimento sulla mente e sull’umore.

Il sindaco ha detto che bisogna cambiare mentalità, che gli artisti devono cercarsi gli sponsor.

Quello è il lavoro dell’organizzatore, non dell’artista.  Questo è sintomo di un vecchio modo di pensare che vede i soldi spesi per la cultura come soldi buttati, una tassa da pagare per la buona immagine di un comune. D’altro canto è molto grave l’espressione “mucca da mungere” quando si parla di soldi dati alla cultura e agli eventi culturali: come se gli artisti nel momento in cui percepiscono una sovvenzione dallo stato, dal comune, stessero un po’ rubando. In tutto il mondo funziona al contrario. Nel momento in cui un artista viene pagato per la sua arte, questa sua arte viene riconosciuta e la comunità che sovvenziona riconosce che sono i soldi meglio spesi dalle istituzioni. Si parla di sponsorizzazioni, di reperire fondi: questo è lavoro delle amministrazioni, non è lavoro degli artisti. Riguardo l’intervento di Daniele  Nuccio, che stimo per il sincero amore per la cosa pubblica, posso dire che non mi trovo d’accordo sul pensare che il comune deve agire, per quanto riguarda l’arte, come un’azienda, ma quando dice che una difficoltà economica non può essere alibi per non fare niente, cioè c’è bisogno di creatività, sono con lui. D’accordo. Però questa creatività spetta alle istituzioni e il problema nasce nel momento in cui queste amministrazioni non riescono a farlo. E non mi sto riferendo a questa giunta, mi sto riferendo ad un processo che va avanti da perlomeno 15/20 anni. Non è l’artista che deve intercettare i fondi per fare arte. Ci sono degli uffici che intercettano dei fondi e non deve farlo l’artista.

Come si risolve questa situazione?

Ci vuole un progetto a lungo termine. C’è bisogno di un dialogo serio e continuativo per crescere. Bisogna pensare al lungo periodo e non a tappare i buchi della stagione estiva o invernale che sia. C’è bisogno di investire sulla formazione per avvicinare la popolazione con corsi di teatro, musica, pittura, fotografia, danza e così via, a patto che a farli siano artisti che operano a livello nazionale, perché li abbiamo, o chi si è distinto per la qualità del suo lavoro sul territorio. Bisogna portare la gente a teatro a condizione di essere in grado di offrire qualcosa per cui uscire di casa abbia un senso. C’è bisogno di qualità. E rispetto a non troppi anni fa c’è un gruppo di Marsalesi che può offrirla nelle diverse discipline. Agli amatori gli spazi e i servizi a premio per la loro passione. Ai professionisti le risorse per far sì che il territorio dal punto di vista culturale si evolva veramente. Il lavoro più grande va fatto sulla mentalità.

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