Ho iniziato il mio percorso giornalistico con un articolo sul caso di Eluana Englaro. Chi può dimenticare Luana e suo padre Beppino, che ha seguito la figlia per 17 anni in stato vegetativo dopo un incidente. Non possiamo scordare la battaglia di un padre per la libertà della figlia, affinchè Eluana riottenesse la dignità di donna che si stava sgretolando in un letto d’ospedale. Beppino in quanto tutore designato dal Tribunale, aveva portato avanti un’estenuante lotta finalizzata a “staccare la spina” alla figlia, ovvero il sondino che la alimentava. Se da una parte l’uomo vedeva la giustizia dalla sua parte (in primis la Corte d’Appello di Milano), d’altro canto trovava gli ostacoli della Direzione Generale Sanità e della Regione Lombardia. Quest’ultima infatti, si era rifiutata di dare seguito al provvedimento della Corte. Allora, e siamo nel 2009, qualche puritano additò Beppino Englaro come “assassino” perché il reato di cui si macchiava era di omicidio. Ma c’era anche chi ha sostenuto, come me, la battaglia della famiglia non solo umanamente. La legge fondamentale del nostro ordinamento, la Costituzione Italiana, all’articolo 2 tutela i diritti inviolabili dell’uomo; si tratta di una “norma aperta” che, in base alle sentenze ed ai principi sovranazionali, spiega come questi diritti inviolabili siano la vita, la dignità, la privacy, lo studio, il lavoro, ecc., tutti valori riconosciuti universali e che, prima delle regole scritte, discendono da leggi divine. Qualche “buon cattolico” che aveva definito omicidio l’eutanasia praticata a Eluana, probabilmente aveva dimenticato questo “particolare”. Ed è proprio per tali motivi che il Tar ha oggi stabilito: “Non è possibile che lo Stato ammetta che alcuni suoi organi ed enti, qual è la Regione Lombardia, ignorino le sue leggi e l’autorità dei tribunali, dopo che siano esauriti tutti i rimedi previsti dall’ordinamento, in quanto questo comporta una rottura dell’ordinamento costituzionale non altrimenti sanabile. Né, a tal fine, si possono invocare motivi di coscienza, in quanto, come evidenziato dalla pronuncia del Consiglio di Stato (punto 55.6), a chi avanza motivi di coscienza si può e si deve obiettare che solo gli individui hanno una coscienza, mentre la “coscienza” delle istituzioni è costituita dalle leggi che le regolano”. Una sentenza a favore degli Englaro che verranno così risarciti dal punto di vista patrimoniale e morale. Oggi potremmo dire che non era omicidio ai danni di Eluana, era invece un “sopruso” attuato da organi dello Stato ai danni di un diritto sacro santo riconosciuto dalle leggi dello Stato stesso. Era un paradosso. L’ennesimo.
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