Alzi la mano chi durante un viaggio all’estero non si sia sentito elencare tra le tipicità italiane anche una di cui c’è poco di cui andare fieri: la mafia. A me è successo in più occasioni. E non è facile spiegare un punto di vista più articolato, il marchio resta. In questi giorni, i media nazionali sono tornati a parlare di quest’angolo occidentale di Sicilia, a proposito del ritorno in Consiglio comunale di Lillo Giambalvo, che dopo essere stato assolto in primo grado dal processo scaturito dall’operazione “Eden 2”, è tornato a sedere tra i banchi del massimo consesso civico di Castelvetrano. Un’assoluzione che non basta a cancellare l’eco delle intercettazioni in cui lo stesso consigliere esprime parole di ammirazione e affetto per Matteo Messina Denaro. Non è un caso, quindi, che a Castelvetrano siano arrivati in rapida successione il vicepresidente della Commissione Antimafia Claudio Fava e gli inviati delle Iene, scatenando reazioni quantomeno eterogenee: nella comunità locale c’è chi non vuole che se ne parli – “perché così si rovina l’immagine della città” – e chi vede nel soccorso esterno un’opportunità per sgretolare il muro di gomma delle connivenze che inquina la vita politica locale. Lo diciamo senza mezzi termini: Giambalvo non può stare in Consiglio comunale. Le sue posizioni sono incompatibili con il decoro delle istituzioni. Ci aspettiamo quindi che i suoi colleghi consiglieri e il sindaco Errante gli chiedano ufficialmente di dimettersi. Il garantismo è un principio nobile, ma qui c’entra poco: non sono i giornali a infangare Castelvetrano, ma la presenza tra le istituzioni di un uomo che si vanta di essere amico di quello che le cronache globali considerano uno dei 50 latitanti più pericolosi al mondo. Per noi, a differenza di Giambalvo, Messina Denaro non è un punto di riferimento da ossequiare, ma un pezzo di storia che va definitivamente accantonata. C’è un’altra Castelvetrano, che in questi anni ha messo in vetrina una grande voglia di riscatto, partendo dal lavoro eccezionale di insegnanti, artisti, uomini e donne che a vario titolo hanno esportato una cristallina cultura della legalità. E’ a loro che gli amministratori locali devono pensare in queste ore. E se proprio non dovessero riuscirci, allora mettano da parte iniziative antimafia rivolte agli studenti. Perché ai giovani non interessano le parole, ma gli esempi, i fatti concreti. Quelli che potrebbero consentirgli, al prossimo viaggio all’estero, di presentarsi come castelvetranesi e siciliani senza che nessuno gli faccia più ricordare di essere i concittadini del latitante Matteo Messina Denaro.
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