Cultura e cool-tura

Claudia Marchetti

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Cultura e cool-tura

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venerdì 22 Gennaio 2016 - 07:30

C’è differenza tra cultura e cool-tura. La prima muore di fame, la seconda muore di valori. La prima crolla sotto le colonne di Pompei, davanti i teatri chiusi, la seconda si alimenta dietro enormi lettere e troni senza re né scettro. La cultura muore ogni giorno nella Lilybeo di oggi, nei sabati sera di una città accesa dall’alcol e dalle pizze, dove la musica è finita e gli amici se ne vanno. Qualcuno sospira e dice: “Ah Bologna, che musica al Pratello!”. A noi che questa città e questa terra ci rifiuta in continuazione ma che vogliamo bene in fondo, molto in fondo, non ci rimane che partecipare a qualche evento solidale e poco altro. Non ce l’abbiamo contro la solidarietà ci mancherebbe, anche perché tanta ce ne vuole con le generazioni di oggi in attesa di un futuro precario. Allora la scelta che facciamo è di andare in luoghi come il Baluardo Velasco, tempio per i pochi fedeli alla cultura. Ascoltiamo un attore come Giorgio Magnato che Marsala non ha mai riconosciuto come suo patrimonio, andiamo alle mostre di quei pochi artisti spesso snobbati, ascoltiamo le cover di qualche band che si esibisce per 2 ore e per qualche euro. Personalmente non ricordo neanche più l’ultima volta che ho messo piede al Palazzetto dello Sport. E pensare che Piero Pelù nel suo libro “Perfetto difettoso”, aveva definito quello di Marsala, proprio al Palasport, come il concerto più emozionante della sua carriera. Bei tempi quelli di Jovanotti, Litfiba, Baglioni. Ho sempre pensato che in un posto come Palazzo Grignani si potessero ospitare mostre itineranti di grandi pittori o mostre cinematografiche di quelle con il manifesto in bella mostra giù dal balcone; che Palazzo Fici aprisse le porte delle sue stanze centenarie; sapete, quella porticina anonima che c’è in via Garibaldi è il Museo degli Arazzi, chissà, i nostri amministratori potrebbero creare un giorno un percorso artistico-archeologico! Archeologia portami via… da una passerella pericolante, una vetrata in frantumi, una ringhiera piegata, l’erba incolta, l’umido di Santa Maria della Grotta, le tombe nascoste di vicolo Infermeria. Poi invocano “Stagnone Patrimonio Unesco” con la speranza che qualcuno abbia letto i requisiti di partecipazione: lo sviluppo architettonico, la pianificazione urbana, la conservazione della diversità biologica… “spostiamoci più in là c’è un detersivo che galleggia”. Siamo sulla strada sbagliata, che è pure piena di buche, siamo assetati e non arriva l’acqua, procediamo al buio perché manca la luce ed è certo che “senza cultura, in Italia non rimarrebbe nulla”, Monicelli docet.

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