Sopra le nostre teste

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

Sopra le nostre teste

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mercoledì 07 Ottobre 2015 - 07:30

Facciamo fatica a trovare una logica in quel che sta accadendo intorno all’aeroporto “Vincenzo Florio” di Birgi. Per mesi abbiamo scritto fiumi d’inchiostro sul mancato rinnovo del Consiglio d’amministrazione dell’Airgest. Venerdì scorso, finalmente, la Regione tira fuori il nome del nuovo presidente, Franco Giudice, che viene immediatamente salutato da toni trionfali per la sua esperienza e il suo innegabile curriculum. Nel giro di poche ore, scopriamo però che il nuovo Cda non rispetta le norme sulla parità di genere e quindi occorre un’altra riunione per ridefinire gli assetti di Airgest. Si pensa che sia una pura formalità. Ma nel frattempo si scopre che Giudice è stato scelto dai privati e dalla politica romana pescando in prossimità del “cerchio magico” del presidente Renzi. In barba a un assetto societario che dà alla Regione il 62% delle quote societarie. Facile pensare che i parlamentari del territorio non abbiano saputo fare quello che è riuscito ai palermitani con le nomine di Gesap: trovare un accordo su un nome condiviso. O che, in omaggio a superiori interessi, siano stati convinti a fare un passo indietro rispetto ad eventuali rivendicazioni. L’impressione, però, è che nelle ultime ore il mondo politico trapanese stia provando a tentare un estremo blitz, puntando sulla possibile rinuncia di Franco Giudice (che non potrebbe aggiungere alla sua pensione d’oro da ex direttore generale di AdR) per far rientrare un manager rappresentativo del territorio. Si fa il nome di Luciana Giammanco, che da commissario straordinario della Provincia Regionale di Trapani non lasciò un gran ricordo e che non sembra abbia particolari competenze in materia di aeroporti alle spalle. Se aggiungiamo a uno scenario societario ancora indefinito le difficoltà emerse nel rispetto degli accordi di co-marketing, viene da chiedersi cosa spinga ancora Ryanair a credere nell’aeroporto “Vincenzo Florio” di Birgi. Mentre risulta evidente che il futuro dello scalo trapanese stuzzichi appetiti diversi e che sopra le nostre teste si stiano consumando accordi e strategie che poco hanno a che fare con gli interessi del territorio.

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