Si è concluso al Seminario Vescovile di Mazara del Vallo il meeting dei bracci operativi della Caritas siciliana. Un’iniziativa che ha chiamato a raccolta dirigenti e operatori, che hanno lanciato senza mezzi termini un vero e proprio allarme sull’aumento della povertà. «Negli ultimi cinque anni in Sicilia abbiamo registrato un aumento dei poveri – ha detto don Enzo Cosentino, direttore regionale Caritas – tanti, che in forma dignitosa, chiedono da mangiare prima che soldi. Questo è un campanello allarmante perché la gente ha la necessità di sopravvivere». Una crisi generale, che naturalmente pesa anche sui servizi sociali che le amministrazioni garantiscono con sempre maggiore difficoltà e che dovrebbe portare a una profonda riflessione chi occupa incarichi pubblici.
«La politica ha i suoi costi – ha ricordato Cosentino – ma è anche giusto che in un momento di crisi non ci siano stipendi esagerati. Mi chiedo: i politici si rendono conto che c’è tantissima gente che muore di fame?». E a tal riguardo il direttore regionale della Caritas ha evidenziato come spesso lo stesso ente si è ritrovato a pagare i biglietti degli autobus a famiglie che, altrimenti, non avrebbero potuto mandare i figli a scuola. «Alla luce di questo – ha proseguito Cosentino – è necessario che la politica utilizzi con più parsimonia i fondi. Se non si spreca il denaro questo può bastare per tutti. Ma suggerisco anche l’adozione dei bilanci partecipati nei comuni, consentendo di tener conto di alcune realtà nell’assegnazione delle risorse degli enti locali».
Un monito ancor più duro ai rappresentanti delle istituzioni pubbliche è arrivato dal Vescovo di Mazara, monsignor Domenico Mogavero: «Come Caritas abbiamo un contatto più diretto con le persone che hanno bisogno e cerchiamo di dare risposte – ha detto Mogavero – noi diamo voce alla profezia. Ecco perché le nostre Chiese locali sono più avanti delle istituzioni pubbliche, in primis la Regione Siciliana che è lontana mille miglia dalle realtà che, tramite le Caritas in ogni diocesi, tocchiamo con mano. L’autonomia siciliana, se non messe in pratica integralmente, è una palla a piede».
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