Medici in corsia, immagine di repertorio per sanità, ospedali e Pronto SoccorsoViaggio tra eccellenze e...
Come stanno gli ospedali di Palermo? A raccontarlo è una fotografia scattata da Agenas all’interno del Programma nazionale esiti (Pne), il principale strumento di valutazione a supporto di programmi di audit clinico e organizzativo, reso possibile dalla presentazione di dati ufficiali forniti dal Servizio Sanitario Nazionale. Tra alcune eccellenze, ma anche molte ombre. In questo approfondimento del Quotidiano di Sicilia sulla sanità realizzeremo una vera e propria mappa del modo in cui ci si cura nella principale città dell’Isola. Quali sono i migliori e quali i peggiori ospedali – solo in termini di calcolo statistico ufficiale – nei quali curarsi, patologia per patologia. Al netto delle forze messe in campo dalla Regione – con l’assessorato alla sanità – il problema resta sempre lo stesso: liste d’attesa infinite e numeri elevati di denunce per casi di malasanità. Ma ci sono anche reparti di eccellenza a livello nazionale. Dove e quali sono. Cosa curano e cosa raccontano i numeri, ospedale per ospedale. E tutti i dati palermitani all’interno del Piano nazionale esiti.
Dove si cura bene e dove il sistema non regge
Qualità delle cure, appropriatezza clinica ed esiti ospedalieri attraverso decine di indicatori. Questo quanto l’Agenas, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali mette in luce anche a proposito di Palermo. Quella siciliana è una capitale sanitaria regionale che concentra alcune delle migliori eccellenze del Mezzogiorno e, allo stesso tempo, alcune delle criticità più profonde del sistema sanitario italiano. Una sanità a due velocità, in cui reparti di eccellenza convivono con ritardi strutturali, liste d’attesa croniche e indicatori di mortalità che restano superiori alla media nazionale. La Sicilia è non a caso la regione con il numero più alto di audit clinici in Italia: 103 verifiche su 43 strutture. Un dato che non è un primato positivo, ma il segnale di un sistema che fatica ad allinearsi agli standard nazionali. In una vera e propria mappa sanitaria gli ospedali palermitani si collocano in fasce diverse che vedono prevalere La Maddalena, la clinica salita purtroppo alla ribalta delle cronache nazionali per essere stata teatro dello storico arresto, nel gennaio del 2023, del super latitante Matteo Messina Denaro, in cura presso la struttura per un tumore poi rivelatosi fatale. Al netto del caso di cronaca, La Maddalena occupa l’area più alta della mappa sotto il profilo qualitativo: è l’unica struttura palermitana con livelli eccellenti sia clinici che organizzativi, in linea con i dati sulla chirurgia oncologica. Seguono in questa classifica Orestano, Noto-Pasqualino e Latteri, che allo stesso modo si collocano nella fascia alta per l’area osteomuscolare, confermando Palermo come polo ortopedico competitivo. Ismett e Maria Eleonora Hospital si posizionano invece in una fascia intermedia, coerente con il miglioramento registrato e l’uscita dalle aree di audit. Infine Civico e Policlinico Paolo Giaccone, che restano nelle zone basse della mappa, riflettendo le criticità strutturali evidenziate dal Pne su cardiologia, emergenza e continuità assistenziale. Ma entriamo nello specifico.
La Maddalena, l’eccezione regionale
Se c’è un nome che spicca sopra tutti nel panorama sanitario palermitano è quello della Casa di cura La Maddalena. Nel campo della chirurgia oncologica, in particolare per tumori di mammella, colon-retto e polmone, la struttura palermitana è l’unica del Mezzogiorno ad aver raggiunto il livello di aderenza “molto alto” su tutti e sette gli indicatori valutati dal Pne. In Italia solo 51 strutture raggiungono questo livello e appena 38 superano almeno quattro indicatori. La Maddalena li supera tutti. È un dato che colloca Palermo accanto a colossi della sanità nazionale come l’Humanitas di Rozzano, il Gemelli e l’Umberto I di Roma, il San Martino di Genova o l’Istituto tumori di Napoli. In un contesto regionale segnato dalla mobilità sanitaria passiva – che gli ultimi studi forniti dalla Cgil hanno ritenuto tocchi gli oltre 180 milioni di euro l’anno soltanto per i siciliani – , La Maddalena rappresenta un argine all’emigrazione sanitaria e dimostra che anche in Sicilia è possibile garantire cure oncologiche di livello nazionale.
Ortopedia e apparato muscolo-scheletrico: Palermo tiene botta col Nord
Se l’oncologia è il fiore all’occhiello, l’area in cui la Sicilia – e Palermo in particolare – mostra la maggiore densità di qualità è quella osteomuscolare. Il Pne individua quattordici strutture siciliane con livello “molto alto” e tre di queste si trovano nel capoluogo: Orestano, Noto-Pasqualino e Latteri. Si tratta di case di cura che competono, per risultati clinici e appropriatezza, con strutture simbolo dell’ortopedia italiana come il Rizzoli di Bologna. Tutti i centri palermitani raggiungono punteggi elevati su cinque o sei indicatori, dimostrando un’organizzazione efficace delle reti cliniche per protesi, interventi su femore e riabilitazione.
Up & Down: cardiologia ed emergenza-urgenza
Il quadro cambia radicalmente quando si entra nell’area cardiocircolatoria. Qui Palermo scompare dalle classifiche di vertice. L’unica struttura siciliana a raggiungere il livello “molto alto” è il Cannizzaro di Catania, inserito tra i 25 migliori ospedali italiani. Nel capoluogo siciliano, invece, nessun ospedale raggiunge standard comparabili. Un dato allarmante, se si considera che le patologie cardiovascolari restano la prima causa di morte. Il Pne segnala una mortalità ospedaliera post bypass aorto-coronarico elevata e molto variabile, indice di disomogeneità nella qualità delle cure. Ancora più critico è il dato sulla tempestività degli interventi: in molte aree della Sicilia, meno del 40% dei pazienti con infarto Stemi riceve un’angioplastica entro i 90 minuti dal ricovero, la soglia considerata salvavita. Palermo non fa eccezione. Ritardi che pesano sugli esiti clinici e sull’elevato tasso di mortalità.
Sistema nervoso, parto, nefrologia: Palermo resta indietro
Nelle aree del sistema nervoso, della gravidanza e parto, della chirurgia generale, della nefrologia e dell’area respiratoria, la Sicilia non presenta strutture tra i top performer nazionali. Palermo, in particolare, soffre di una doppia criticità: volumi insufficienti in alcuni reparti e difficoltà organizzative in altri. Il dato sui tagli cesarei resta emblematico. La Sicilia continua a superare stabilmente il 25% di cesarei primari, una soglia ben oltre gli standard raccomandati. Un indicatore che segnala problemi di appropriatezza clinica e di organizzazione dei punti nascita. Anche nella gestione dell’ictus ischemico Palermo paga ritardi: poche strutture superano la soglia di sicurezza del 12,9% di mortalità a 30 giorni.
Segnali di recupero: Ismett e Maria Eleonora
Non tutto è fermo. Rispetto all’anno precedente, 68 strutture italiane sono uscite dall’area di criticità. In Sicilia solo sei, ma due sono palermitane: Ismett e Maria Eleonora Hospital. Entrambe hanno superato indicatori che in passato avevano attivato audit e segnalazioni. È un segnale di miglioramento che va letto con cautela. Non si tratta ancora di eccellenze, ma di un rientro da situazioni problematiche. In una regione dove l’inerzia è spesso la regola, anche piccoli avanzamenti diventano notizia.
Liste d’attesa e malasanità: il problema che non rientra nei ranking
Il Pne misura esiti clinici, ma non racconta tutto. Restano fuori due nodi strutturali che a Palermo pesano più che altrove: liste d’attesa interminabili e contenzioso sanitario. Il numero di denunce per presunti casi di malasanità in Sicilia resta tra i più alti d’Italia, segnale di una frattura profonda tra cittadini e sistema sanitario. Le eccellenze esistono, ma non sono accessibili a tutti. Chi può permetterselo si sposta, chi resta spesso attende. È questa la vera linea di faglia della sanità palermitana: non tanto l’assenza di competenze, quanto la loro distribuzione diseguale. L’analisi di Agenas restituisce l’immagine di una Palermo che concentra il meglio e il peggio della sanità siciliana. Una città capace di esprimere strutture oncologiche e ortopediche di livello nazionale, ma incapace di garantire standard uniformi in cardiologia, emergenza e percorsi materno-infantili.
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