Dopo l’entrata in vigore della nuova normativa, introdotta da Papa Francesco con il motu proprio Mitis iudex, (15 agosto 2015, entrato in vigore l’8 dicembre 2015) circa le cause di nullità matrimoniali, nella Diocesi di Mazara del Vallo sono state emesse, da parte del Vescovo, le prime quattro sentenze definitive di nullità su altrettanti casi che erano stati sottoposti all’esame. Il motu proprio ha restituito al Vescovo diocesano la propria naturale, de iure divino, funzione di Giudice nelle cause dei propri fedeli. Queste cause di nullità dapprima erano trattate dal Tribunale ecclesiastico regionale – oggi chiamato Tribunale ecclesiastico inter diocesano – davanti al quale oggi si continuano a dibattere, invece, le cause col processo ordinario. La normativa, infatti, introduce, accanto al processo ordinario che prevede una terna di giudici sacerdoti e laici (quello appunto trattato dal Tribunale regionale), una nuova procedura chiamata brevior (più breve), riservata al Vescovo diocesano come Giudice unico. La possibilità di chiedere tale nuovo processo, la cui forma deve ritenersi straordinaria, è soggetta però a due condizioni. La prima che la domanda sia proposta da entrambi i coniugi o da uno di essi, col consenso dell’altro; la seconda, invece, che ricorrano circostanze di fatti e di persone […] che rendano manifesta la nullità” (can. 1683). «Il doppio binario su cui si muove la nuova prassi giudiziaria della chiesa è costituito da “celerità dei processi” e da “giusta semplicità” avendo come fine che “il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio”» spiega don Orazio Placenti, vicario giudiziale della Diocesi di Mazara del Vallo. Il primo passo è l’accoglienza, da parte dell’apposita commissione diocesana per i processi breviori, dei coniugi che intendono chiedere la nullità del proprio matrimonio. È in questa sede che i coniugi vengono aiutati a formulare il “libello”, cioè la narrazione della vicenda coniugale e l’individuazione del motivo giuridico per cui si chiede la nullità, insieme ai documenti e alle testimonianze che confermano la narrazione dei coniugi. Presentato il libello firmato da entrambi i coniugi al Vescovo, spetta a lui verificare l’esistenza del secondo necessario requisito cioè l’esistenza di «circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una inchiesta o una istruzione più accurata, e rendano manifesta la nullità». Se l’esame è positivo, il Vescovo firma il Decreto di ammissione al processo breviore e delega un Giudice istruttore, nominando anche il Difensore del Vincolo e un notaio. A questo punto inizia l’istruzione della causa con l’esame giudiziario delle parti e dei testi, possibilmente «in una unica sessione» (can. 1686). Raccolte le prove, gli atti vengono pubblicati, cioè messi a disposizione del Difensore del Vincolo e delle parti per eventuali osservazioni, e scaduto il termine vanno al Vescovo per la sentenza. Emessa la sentenza e comunicata alle parti, decorrono 15 giorni per un eventuale appello e, trascorso il termine, la sentenza di nullità diventa esecutiva e viene comunicata ai parroci per l’annotazione nei registri parrocchiali di matrimonio e di battesimo. La sentenza esecutiva con cui si dichiara la nullità di un matrimonio permette a ciascuna delle parti di celebrare il sacramento del matrimonio, sanando spesso una situazione matrimoniale irregolare che impediva al fedele di vivere pienamente la vita cristiana. A oggi in Diocesi sono state introdotte 18 cause di nullità matrimoniale davanti al Vescovo.
Cronaca