Non voteremo il prossimo 28 maggio per i referendum richiesto dalla Cgil in tema di lavoro. Il governo Gentiloni ha provveduto ad approvare un disegno di legge ad hoc che in pratica abolisce l’uso dei voucher. Noi riportiamo due commenti “storici” che furono rilasciati dopo l’approvazione della legge. “Si tratta di un passaggio legislativo destinato a rivoluzionare il mondo del lavoro nei prossimi dieci anni”, Matteo Renzi 5 settembre 2015. “Abbiamo deciso di aggredire il lavoro nero. I voucher sono la nostra risposta concreta”, il ministro Giuliano Poletti 7 gennaio 2016. Ieri Renzi ha taciuto, ma quella “lingua lunga del ministro del lavoro, che in tema di coerenza non può essere battuto da nessuno, ha affermato: “Strumento deteriorato abbiamo deciso di abolirlo, ma non cambia la politica del governo”. Mah! Intanto chi canta vittoria è la Cgil, che ha da sempre osteggiato la legge fino al punto di raccogliere le firme ed orientarsi verso il SI al referendum. Chi invece ha subito detto che non era d’accordo con la marcia indietro fatta dal governo in tema di abolizione dei voucher, è stata la Confindustria. Si comprende bene a chi piaceva la legge. Qualche commento politico: “Non voteremo la legge, è come eliminare i semafori perché c’è chi passa con il rosso”, Maurizio Lupi Area Popolare, ex ministro ed ex Forza Italia (prima di andare avanti, complimenti sinceri per il paragone con i semafori). “Buttano via il bambino con l’acqua sporca. Noi diciamo no”, Renato Brunetta capogruppo di Forza Italia (la battuta è vecchia e fu attribuita a Giulio Andreotti). Insomma tutto il centro destra è compatto nel condannare la decisione governativa. Ma come non era, la riforma del lavoro, una “chiara politica di sinistra” come affermò in conferenza stampa di presentazione il premier di allora e premier ombra di adesso, Matteo Renzi? I lettori, tanti che ci scrivono, sono contenti dell’azione governativa in merito, non saranno per caso gli stessi che hanno bocciato le politiche del governo in tema di lavoro, andando lo scorso 4 dicembre 2016 a votare no al referendum costituzionale? Come motivazione, lo scrivemmo allora, era sbagliata, ma la formazione del consenso a volte segue vie tortuose. Come tortuoso appare il fatto che il ministro Poletti, che cambia parere spesso su temi che riguardano il futuro dei giovani italiani, rimanga al suo posto. Ormai il “nostro” quando appare in Tv somiglia sempre più alle statue di Riace, che sono, come è noto, di bronzo.
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