“All’incontro con Moni Ovadia io c’ero”, ci scrive il regista Massimo Graffeo

redazione

“All’incontro con Moni Ovadia io c’ero”, ci scrive il regista Massimo Graffeo

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giovedì 26 Gennaio 2017 - 17:08

Io sono andato all’incontro. C’ero. Inizialmente scettico e dubbioso, poi ho riflettuto, ho pensato che la comunicazione avviene anche attraverso la tecnologia quando non si può momentaneamente avere un incontro diretto, fisico. Tutti utilizziamo internet per comunicare e molte volte si fa un uso sconsiderato, o sciocco del mezzo in questione. Sono dunque andato all’incontro. Ho avuto modo di parlare con Ovadia, ho discusso con l’uomo Ovadia è stato rispettoso, attento e disponibile ad un dialogo e anche simpatico. Ora non resta altro che attendere, bisogna dare il tempo e la possibilità al direttore artistico di lavorare, di proporre di coinvolgere le maestranze locali se lo riterrà giusto. Un direttore artistico deve essere libero di fare le sue scelte, senza dubbio la rassegna di spettacoli proposta è di respiro nazionale basta leggere un poco e ce ne possiamo tutti rendere conto. Non esprimo opinioni su chi non è venuto, ognuno deve essere libero di fare ciò che vuole. Una sola considerazione mi viene da fare, in questa città ci si riempie troppo la bocca con la parola artista. E’ arrivato il momento di discernere tra professione e l’essere amatore, tra studio o semplice interesse o hobby. L’arte poi è tutt’altro è la capacità di creare dal nulla e non tutto può essere considerato arte, se suono il campanello del citofono pensando sia arte devo essere in grado di comporre una sinfonia mai sentita prima, si può fare con il citofono di casa? Se si, allora è arte. Diamo tempo al direttore artistico, mettiamo da parte la presunzione di sapere tutto di saper fare tutto il resto poi verrà da se. L’amministrazione insieme alla direzione artistica certamente avrà il dovere di rendere tutta questa operazione trasparente e chiara ha il dovere di salvaguardare le intelligenze locali, creando per esse solide e durature opportunità, eliminando tutti i dubbi affinché il progetto in questione abbia vita lunga, un merito a chi ha voluto Ovadia in questa città va dato ed è quello di voler uscire dal torpore e dalla provincialità operazione già portata avanti da realtà locali private certo, che da anni, con impegno, passione, sacrificio, e “professionalità” hanno dato il loro contributo per arricchire culturalmente e artisticamente questo territorio e a tal proposito, trovo ingiusta e priva di realtà l’affermazione di chi ha detto che in questa città da anni c’è il deserto culturale, non è vero, non è così, informatevi prima di dar fiato alle vostre parole e non fate i presuntuosi.

Gli errori poi li facciamo tutti, ma a tutti va data la possibilità di rimediare e chi scrive non è certo uno che ha avuto favori particolari in questi anni di professionismo teatrale in questa città. Un’ ultima cosa, il direttore artistico ha parlato molto chiaramente di produzioni che coinvolgeranno artisti locali, io li chiamerei professionisti del settore locali che forse il termine più adeguato ma a parte questo arrivo al punto, coinvolgere mi chiedo cosa significherà, nel senso più materiale del termine, le professionalità verranno pagate per il loro lavoro, avranno un regolare contratto o dovranno partecipare a titolo gratuito? Ecco un nodo che potrà arrivare al pettine, ma non essendo veggenti dobbiamo attendere il futuro per sapere la realtà dei fatti. Ho detto molto chiaramente a Moni Ovadia che Garibaldi non è il mio eroe preferito, magari si convince e cambia il testo oppure proporrà un testo fuori da ogni aspettativa speriamolo e comunque sia il fatto che se ne parli che si discuta che si critichi che si dicano anche fesserie ha la sua importanza perché mette in risalto una volontà comune di cambiamento, ora la fesseria la dico io perché non tutti parlano o intervengono per costruire al contrario nella deprimente presunzione di saper tutto si tende per moda a distruggere qualsiasi cosa seppur importante e giusta. Volevo dire a chi pensa che fare professionismo sul proprio territorio è come chiudersi nell’ignoranza che non è proprio così, lavorare sul proprio territorio, lontano dalle grandi opportunità dalle grandi luci della ribalta è segno di grande coraggio e non segno di provincialismo, qualcuno di molto importante un giorno mi disse che si può essere coglioni a Marsala come lo si può essere a New York a Milano o Roma.

[ Massimo Graffeo ]

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