Favignana è celebre per il suo mare, per il suo vento e per la sua storia.
Ma su quest’isola a forma di farfalla, esiste un luogo incantato, che dona l’impressione di essere catapultati in una fiaba, in un mondo a parte, realizzato con piante e fiori di ogni tipo, dove il silenzio è d’oro e l’atmosfera assume toni magici. Persino il nome di questo luogo sembra uscito direttamente da un romanzo fantasy: il Giardino dell’Impossibile.
Si tratta di un giardino ipogeo (quindi sotterraneo, ma a cielo aperto) che si estende per più di quattro ettari e che accoglie una ricca vegetazione, costituita all’incirca da 500 specie di esemplari, provenienti da tutto il mondo.
La mano che ha dato vita a questo importante progetto, è quella di Maria Gabriella Campo, una donna di origini palermitane che cominciò a frequentare Favignana dopo essersi sposata con un uomo del posto, negli anni Sessanta. E fu proprio a metà di quella decade che cominciarono i lavori per la concretizzazione di questo giardino unico al mondo. Unico a causa della sua struttura, che sfrutta quelle che sono le vecchie cave di calcarenite ormai in disuso, per aprire un percorso immersivo e incredibile. Camminando lungo i piccoli sentieri, percorrendo le scalinate scavate nella roccia e osservando le alte pareti delle cave che mi sovrastavano, mi sembrava di vivere in un regno fatato, dove ogni radice, ogni petalo, ogni colore, ogni bocciolo che incrocia il nostro sguardo, appare meravigliosamente surreale. Un lavoro, quello di Maria Gabriella, durato ben cinquant’anni.
“Questo giardino nasce da un’idea di mia madre.”, mi racconta Nunzio Campo, il proprietario e gestore di questa struttura, mentre siamo seduti a un tavolino esterno del bar Aegusa di Piazza Madrice. Mentre chiacchieriamo, abbiamo anche la piacevole quanto rumorosa compagnia delle campane della chiesa omonima, con il sole che ci illumina. Nunzio, continua il suo racconto: per Maria Gabriella non fu un’impresa facile sin dall’inizio, poiché una caratteristica del sottosuolo di Favignana è che appena dopo 30 cm di terra, ci si imbatte nella dura pietra tipica del luogo. Ma ciò non la scoraggiò.
“La particolarità, poi, di questo giardino è data dal fatto che a metà degli anni Ottanta, mia madre decise di mettere mano e bonificare un sistema di ex cantieri di pietra e di riqualificarli.” Un’altra peculiarità di questo giardino, sin dagli albori, è la quasi totale mancanza di progettualità, in favore dell’istinto e della spontaneità. Nunzio continua a raccontarmi, mentre il vociare dei turisti ci circonda e da dentro il bar si sentono i continui rumori di piattini e di tazze: “Non è un giardino disegnato, non è pensato prima, ma è un giardino che cresce col tempo, nel tempo e in base alle esperienze, disastrose o meno che si vanno a fare all’interno della proprietà.” Tutto questo processo di riqualificazione ambientale è avvenuto nell’arco di più di vent’anni, dalla metà degli anni Ottanta fino al 2010, fino all’attuazione di una vera e propria opera di archeologia industriale, come la definisce Nunzio, mentre arriva la cameriera del bar a prendere le nostre ordinazioni.
Dopo aver scherzato sul mio caffè macchiato freddo e sul suo orzo decaffeinato, Nunzio, parlandomi della sua parte preferita del giardino, continua: “Sicuramente tutto. Ma la parte del ninfeo, la parte più antropizzata delle cave, quella più rigogliosa… mi piace il rigoglio, il fatto di stare dentro, sotto a un livello ipogeo, vedendo la verticalità delle piante… mi dà un senso di bosco.” In effetti, quella parte di giardino, una delle ultime visitabili durante il percorso illustrato dalla preziosa audioguida elaborata da Nunzio stesso, mi ha dato l’impressione di immergermi in un luogo mitologico. Da un momento all’altro, mi aspettavo che qualche ninfa fuoriuscisse dalle acque della vasca centrale, coperta di alghe, ninfee, con le Muse pronte a raccontarmi una qualche leggenda sul loro conto.
“La visita comincia dalle cave più antiche, che sono comunque più basse e meno profonde, suggestive con il loro effetto foresta, poi ci sono i percorsi nella grande cava.” Continua a raccontare Nunzio “Danno quel senso di sole, di calore, di pietra, di deserto, le piante cominciano a crescere, svilupparsi, a diventare sempre più grandi e poi si scende ancora di più nei grandi spazi forestali. Dal più alto al più profondo. Mi piace gestirlo come se fosse un percorso architettonico!”. Non a caso, Nunzio ha studiato Architettura a Palermo, con un Master in Restauro.
Stiamo parlando di un’opera d’arte naturale a cielo aperto. Certo, la mano dell’uomo c’è stata, è servita per plasmare l’ambiente a proprio vantaggio, ma la riqualificazione territoriale è un po’ come il restauro di un’opera d’arte, appunto. Inoltre, il Giardino dell’Impossibile opera non solo come attrazione turistica, ma anche come residence: il residence Villa Margherita.
Insomma, vi invito caldamente a visitare questo fantastico luogo dall’aria mistica, questo “museo naturalistico”, una tela grezza fornita dalla Natura dove una donna coraggiosa, con la sua forza e la sua tenacia, nonostante le opinioni contrastanti, è riuscita a realizzare un labirinto artistico e selvaggio veramente straordinario.
In effetti, come diceva Victoria Mary Sackville-West, poetessa, scrittrice, e botanica inglese (1892 – 1962): “Ogni giardiniere dovrebbe essere un artista del suo genere. Quello è il suo modo possibile di creare un giardino, indipendentemente dalla dimensione o dal benessere.”