Un familismo particolarmente accentuato e uno storico e perdurante legame con la criminalità palermitana. Si presenta così la mafia in provincia di Trapani, in base all’ultima relazione semestrale presentata al Parlamento dalla Dia. Rispetto al passato, si conferma anche l’articolazione in quattro mandamenti (Alcamo, Castelvetrano, Trapani e Mazara del Vallo) e 17 famiglie, nonchè la centralità del boss Matteo Messina Denaro che, nonostante i 28 anni di latitanza, rimane il principale punto di riferimento per decidere le questioni di maggiore interesse dell’organizzazione, per dirimere le controversie e per nominare i vertici delle articolazioni mafiose.
“Le articolazioni mafiose trapanesi – si legge nella relazione della Dia – non presentano segnali di mutamento organizzativo, strutturale o di leadership. Forti sono la pervasività e la pressione esercitate sul tessuto economico e sociale”. Ancora una volta si sottolinea come la crisi economica e sociale contribuisca a tenere in vita Cosa Nostra: “L’insufficienza di servizi e di opportunità lavorative facilitano le consorterie nei rapporti con la popolazione che, a seconda dei casi, viene approcciata con i tipici meccanismi del welfare mafioso o dell’assoggettamento”.
Riprendendo le risultanze dell’inchiesta “Cutrara”, che proprio nei giorni scorsi ha visto concludersi il processo con rito abbreviato con pesanti condanne (e l’assoluzione del sindaco di Castellammare Nicolò Rizzo) la Dia sottolinea il legame tra la mafia trapanese e le “consorterie statunitensi”, in virtù dei contatti tra il capo della famiglia di Castellammare ed esponenti della famiglia Bonanno di New York. In particolare, si fa riferimento a “…diversi incontri avuti dal boss con soggetti italoamericani di origine castellammarese, inseriti nel contesto mafioso statunitense…”.
Mentre le posizioni di vertice “dei mandamenti di Trapani e Alcamo risultano stabilmente detenute da noti esponenti delle storiche famiglie con un sistema di successione quasi “dinastico”, il mandamento di Castelvetrano farebbe riferimento tuttora a Matteo Messina Denaro, il quale per le posizioni di vertice dell’organizzazione ha sempre scelto elementi appartenenti alla propria cerchia familiare. Più dinamica risulta la situazione di Mazara del Vallo per il cui mandamento, come pure per la famiglia di Marsala, la questione della reggenza starebbe attraversando una fase di transizione. Allo stato tuttavia non si evidenziano criticità che lascino ipotizzare un conflitto interno tra fazioni.
Cosa nostra trapanese ha maturato la consapevolezza dell’inopportunità di scatenare lotte cruente come di recente confermato dalla frase di un uomo d’onore di Castellammare secondo cui – come si legge in uno stralcio dell’operazione Cutrara non c’è “più nessuno disposto a fare una cosa di questa…i tempi sono diversi”. A differenza del passato, da alcuni anni a questa parte “la mafia trapanese silente e mercatistica parrebbe privilegiare piuttosto un modus operandi collusivo-corruttivo, ricercando patti basati sulla reciproca convenienza e sulla forte capacità di infiltrare vari settori d’impresa, nonché attuando una gestione sempre più “manageriale” degli interessi criminali. Una valutazione confermata dal Procuratore Distrettuale Antimafia, Francesco Lo Voi, il quale ha evidenziato che alcune indagini “hanno svelato intrecci e cointeressenze tra il mondo imprenditoriale più vicino a cosa nostra trapanese e il mondo della politica, con misure cautelari e imputazioni nei confronti di ex deputati regionali e nazionali, esponenti politici locali e candidati nelle diverse competizioni elettorali”. Grave e inquietante, anche al di là della rilevanza penale delle singole condotte, viene ritenuta l’interlocuzione, registrata nel corso di diverse indagini preliminari, tra esponenti mafiosi e amministratori locali.
Consistenti risultano pure le emergenze relative ai rapporti con alcuni dirigenti della burocrazia regionale, coinvolta, in vicende corruttive di notevole rilievo. In quest’ottica si conferma anche lo storico e peculiare legame “mafia-massoneria-politica”. A tal proposito, secondo la Dia in seno alle logge massoniche occulte o deviate del trapanese potrebbe annidarsi un vero e proprio “potere parallelo” in grado di inquinare l’attività amministrativa e la gestione della cosa pubblica.
In conclusione, la relazione della Direzione Investigativa Antimafia tende ad escludere che, nel breve periodo, si verifichino momenti di conflittualità, alla luce della forte coesione delle compagini mafiose e della capacità, dimostrata questi anni, “di supportarsi reciprocamente per il raggiungimento di un interesse comune”.