Il viaggio del Meschino è il titolo dello spettacolo di e con Miriam Palma, andato in scena mercoledì scorso al Parco archeologico lilibetano, all’interno della ritrovata cornice del Baglio Tumbarello, nell’ambito della rassegna “Agorai del mare”.
Attrice palermitana, originaria di Santo Stefano di Quisquina, tra le più versatili – che da sempre si è dedicata a un linguaggio espressivo piuttosto personale, capace di coniugare nella prassi teatrale la ricerca vocale e la tradizione canora siciliana e mediorientale – Miriam Palma ha catturato senza tregua l’attenzione di un pubblico fin troppo sparuto, ma affascinatissimo da una narrazione visionaria, come disegnata dalla voce, dominando da sola la scena per tre quarti d’ora, e alternando recitazione e intonazione. Un melologo intenso che rimandava spesso alle cadenze del cunto siciliano, tra sguardi attoniti e posture statuarie, minimi gesti, parole e canzoni, sospiri affannosi e percussioni, con il solo supporto delle alchimie sonore, delle citazioni musicali e della chitarra classica di Nino Giannotta, che diventano parte integrante del racconto.
Adattamento teatrale del Guerrin Meschino di Gesualdo Bufalino, nella sua lingua arcaica e favolosa il testo mette costantemente in mostra la sua natura di fiaba cavalleresca riscritta da un “vecchio puparo” in chiave ‘esistenziale’: un viaggio alla ricerca delle proprie origini familiari (come nell’opera originale di Andrea da Barberino), ma soprattutto una parabola del disfacimento senile che nessun straniamento e nessuna finzione letteraria riescono alla fine a riscattare: “Non si dovrebbe diventar vecchi. / Ormai confondo le gesta, dimentico le casate, / m’impennacchio di parole morte; / durlindane e olifanti, non ci credo più”.
Francesco Vinci