Se non vogliamo fare la fine del ‘Joker’ di Todd Phillips, in cui un eccezionale Joaquin Phoenix diventa l’antieroe/eroe a capo di un movimento di clown che mette a ferro e fuoco la grande metropoli, dovremmo iniziare a chiedere scusa. Una semplice parola, eppure, a quanto pare, molto difficile da dire. Uno di quei vocabili che si fermano in gola in una sorta di onomatopeico “schhh” che finisce lì. E di “scusa” bisognerebbe dirne parecchi.
Un po’ come ha fatto il tassista Stefano che non voleva far salire regolarmente Aboubakar Soumahoro, l’attivista nativo della Costa d’Avorio ed oggi paladino dei diritti di migranti e lavoratori. Probabilmente il tassista credeva fosse un africano di quelli che “devono tornare al loro paese”. Lo ha sentito d’altronde ripetere in tv da Salvini e soci. Gli è andata male fare il gradasso e allora Soumahoro l’ha incontrato, si sono parlati e Stefano il tassista ha chiesto scusa. La gogna mediatica era partita inarrestabile, l’unico modo per salvarsi era chiedere perdono. Bisognerebbe chiedere scusa ai curdi e a Hevrin Khalaf, l’attivista brutalmente lapidata – e forse le scuse non basterebbero –, perchè l’Europa sta girando le spalle, e non è poi tanto una novità nella storia di una Unione che, di fatto, non c’è mai stata. Si dovrebbe chiedere scusa per tutti i morti sul lavoro, i morti di lavoro e i morti alla ricerca di un lavoro, se è vero che l’Italia è una Repubblica fondata su di esso.
Dovremmo anche chiedere scusa a Cucchi e a chi è morto nelle stesse circostanze, per aver dubitato delle cause della sua morte, tra processi bis, Cassazione, appelli ter e inchieste di depistaggio. Scusa quando lo Stato non ci tutela, non ci protegge dalle mafie, non ci garantisce un sistema sanitario e scolastico adeguato. Dovrebbero chiederci scusa perchè la SNA (Economia Non Osservata), ovvero quella illegale e sommersa, nel 2017, secondo i dati Istat, è di circa 211 miliardi di euro, il 12,1% del PIL che pesa come un macigno nelle tasche dei contribuenti onesti. Nonostante la lievissima riduzione, è evidente che nessun Governo ad oggi è riuscito a combattere concretamente l’evasione fiscale, a lottare, altresì, contro il lavoro nero e ad assicurare concrete soluzioni.
E infine uno “scusa” va a tutte le donne lavoratrici, quando a “lavoro” le accostano “famiglia” e “figli”. E’ difficile, forse, per questa società, considerare la donna una lavoratrice in quanto tale, con pari diritti di un uomo. E’ questo il primo passo da fare.