Si è concluso con la sentenza di primo grado di condanna il processo che vedeva imputato padre Nicolò Genna. Il giudice Marcello Saladino, presidente del collegio giudicante, ha condannato l’anziano sacerdote ad un anno e dieci mesi di reclusione, pena sospesa. Il processo vedeva imputato il sacerdote perché secondo l’accusa avrebbe tentato di abusare sessualmente di un minore originario del Gambia. Nella scorsa udienza il Pubblico Ministero Niccolò Volpe aveva richiesto, per violenza sessuale, la condanna a due anni e quattro mesi di reclusione, pur qualificando il fatto “di minore gravità”.
Secondo l’accusa, padre Genna avrebbe tentato di abusare sessualmente di un minore originario del Gambia, con offerta (non accolta) di denaro o posto di lavoro in cambio di rapporti intimi. Il prete avrebbe adescato il ragazzo africano, ospite di un centro di accoglienza di contrada Bosco, mentre questi camminava sul ciglio della strada lungo la statale 115 nel tratto tra Marsala e Trapani. Con la scusa di un passaggio, lo avrebbe fatto salire in auto e poi con un “gesto repentino”, si leggeva nel capo d’accusa, gli avrebbe palpeggiato i genitali (coperti dai pantaloni). Il giovane, però, non avrebbe gradito e lo ha denunciato. Il fatto risale al 14 agosto 2017.
A difendere padre Genna sono stati gli avvocati Cettina Coppola e Stefano Pellegrino. Nel corso del processo, l’avvocato Coppola aveva fatto rilevare che nella “c.n.r.” redatta dai carabinieri è scritto che fu il prete a chiedere l’intervento di una pattuglia dell’Arma che stava transitando sulla via Trapani. Facendo ampi gesti con le braccia e gridando: “Aiuto, aiuto”. Ma il legale di parte civile, l’avvocato Giacomo Lombardo, aveva sottolineato che non fu il prete a chiamare i carabinieri, ad esempio telefonando, ma che i militari stavano passando “per caso” sulla SS115. “Avevamo richiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste – ci ha detto l’avvocato Cettina Coppola -. Non appena saranno note le motivazioni della sentenza, avremo un quadro più chiaro e potremo, questo lo anticipo, e impugnare la sentenza in Corte d’Appello”.
A corredo della sentenza di condanna, è stato previsto un risarcimento economico alla persona offesa e alcune misure interdittive accessorie nei confronti di padre Genna.