Su Prodi, Meloni, Benigni e… il Manifesto di Ventotene

redazione

Su Prodi, Meloni, Benigni e… il Manifesto di Ventotene

Condividi su:

mercoledì 02 Aprile 2025 - 07:00

Su alcune riflessioni delle nostre testate, impresse in due editoriali in particolare, ci scrive il nostro lettore Filippo Piccione, che torna sulla vicenda che ha visto tornare alla ribalta, suo malgrado o meno, il Manifesto di Ventotene, documento per la promozione dell’unità politica europea, scritto dagli antifascisti Altiero Spinelli e Ernesto Rossi durante il periodo di confino presso l’isola laziale.

Gentile direttore, l’articolo di Claudia Marchetti, “Prodi e la sinistra che merita una tirata … d’orecchie”, mi dà lo spunto per ritornare a parlare del “Manifesto”, su cui anche Vincenzo Figlioli ha scritto un interessante commento: “Giorgia Meloni, lo spirito di Ventotene e il sentimento europeo”. Desidero segnalare prima di tutto l’abisso profondo che si è creato fra l’atteggiamento “infelice” tenuto da Romano Prodi nei confronti della giornalista della trasmissione di Porro e la stupenda performance di Roberto Benigni andata in onda in Eurovisione un paio di settimane fa. E mi domando come mai Romano Prodi – che ho sempre apprezzato sia come politico che  come studioso – di quella superba lezione di garbo, di intelligenza, di sapienza e di capacità di comunicazione, non sia riuscito a raccogliere nemmeno il minimo frammento, che almeno lo avrebbe messo al riparo dalle critiche e dagli sberleffi ricevuti e al tempo stesso risparmiato le patetiche scuse e le conseguenti tardive e inopportune comprensioni. Non dico che doveva raccogliere interamente, nitida e prepotente, l’eco delle  parole scandite da Roberto Benigni, che quasi 5 milioni di telespettatori avevano seguito per oltre due ore e mezzo con viva partecipazione. Grazie anche a una scenografia sui generis e a un altrettanto dilettevole cenno alla  marcia di Piovani, che avevano il pregio di rendere il tutto  ancora più leggero, penetrante e avvolgente. 

Allora avevo subito pensato che l’impatto emotivo che avrebbe provocato quello spettacolo sulla stragrande maggioranza dei telespettatori, sarebbe stato molto più  dirompente ed efficace rispetto alle  pur legittime e veementi reazioni di protesta e di indignazione che si sono levate in  Parlamento all’indirizzo della “disperata” conclusione dell’intervento volutamente oltraggioso della Presidente del Consiglio nei confronti del  Manifesto di Ventotene. Ancora oggi mi domando perché Romano Prodi, anziché adirarsi e reagire inopinatamente con gesti e parole sconvenienti (che non relegherei semplicemente al fatto “che la sinistra che oggi si presenta frammentata sarebbe stata necessaria una tirata d’orecchie, perché incapace com’è di trovare un’unità che le consenta di essere una vera opposizione alla guida del Paese”) non abbia attinto a piene mani al discorso che Roberto Benigni aveva dedicato all’elogio di quella famosa utopia, o meglio, di quel sogno scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Spinelli, Eugenio Colorni da cui in larga parte è nata l’idea dell’Unione Europea? 

Temo di rimanere deluso. Avevo pensato in un primo momento che la trasmissione di Benigni avrebbe aperto un varco inedito e proficuo anche sul piano politico, etico, storico e culturale, soprattutto in un momento di grande fermento, in cui sono in gioco la democrazia, la libertà, i diritti, la pace, la convivenza civile e sociale che, con angoscia e smarrimento, sta  attraversando  il mondo intero. Ma l’episodio di Prodi e l’uscita di Meloni hanno impresso un’andatura che certamente non vanno nella direzione auspicata per superare le terribili difficoltà che abbiamo di fronte. 

[ Filippo Piccione ]

Condividi su:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Commenta