Commissariamo la sanità siciliana

Vincenzo Figlioli

Punto Itaca

Commissariamo la sanità siciliana

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mercoledì 12 Marzo 2025 - 06:50

La scandalosa vicenda delle attese record per gli esiti degli esami istologici nel trapanese ha riportato il tema della malasanità al centro delle cronache politiche. La vicenda della mazarese Maria Cristina Gallo è stata ripresa dagli organi di informazione di tutta Italia, restituendo – ancora una volta – un quadro desolante sui problemi del servizio sanitario in Sicilia. Anche perchè, non si tratta di un caso isolato, considerando che allo stato attuale sono oltre 3000 i campioni in attesa di refertazione. Da più parti è arrivata la richiesta di dimissioni del dirigente Ferdinando Croce o di un intervento del presidente della Regione Schifani, invitato a revocare l’incarico al manager messinese.

Chiaramente, i problemi della sanità trapanese non cominciano con Croce, ma molto prima. Cinque anni fa, per fermarci a uno tra i casi più eclatanti, fu arrestato il dirigente generale Fabio Damiani, nell’ambito dell’inchiesta “Sorella Sanità”, seguita tre anni dopo da “Aspide”, che coinvolse anche altri dirigenti che hanno legato il loro nome all’Asp trapanese (Antonio Sparaco e Giaocchino Oddo). Fece discutere la gestione dell’assessorato regionale alla salute da parte dell’ex pupillo di Nello Musumeci, Ruggero Razza, che si fece notare per un’intercettazione sulla manipolazione dei dati Covid in Sicilia (in cui si parlava, tra le altre cose, di “spalmare” i decessi su più giornate) e per l’annosa questione del padiglione per le malattie infettive a Marsala. Senza dimenticare i tempi di Totò Cuffaro, che da presidente della Regione fu condannato a sei anni di reclusione per aver rivelato informazioni riservate nell’ambito di un’intricata vicenda che legava la sanità, la politica e Cosa Nostra.

In precedenza, al di là delle inchieste giudiziarie, non è che il sistema funzionasse molto meglio, costringendo i medici a lavorare in una situazione di carenza d’organico permanente e gli utenti a lunghe liste d’attesa (o ai soliti “viaggi della speranza” verso le strutture settentrionali). La verità è che il pesce – per usare una metafora ormai abusata – “puzza dalla testa” e la testa, in questo caso, è rappresentata dal governo regionale, che da tempo usa la sanità per collocare le proprie pedine nei ruoli dirigenziali. Tanto che, ai tempi del governo Crocetta, una persona di specchiata moralità come Lucia Borsellino pagò con un progressivo isolamento (condito da vergognose minacce) il suo tentativo di rimettere ordine nell’assessorato regionale alla sanità. 

Croce ha sicuramente le sue responsabilità se gli esami istologici non vengono refertati in tempo utile. Ma pensare che la situazione si risolva con un mero avvicendamento per poi nominare un altro manager indicato da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Democrazia Cristiana o Lega, significa non comprendere la genesi del problema. Fin quando la sanità siciliana verrà gestita in questo modo, cambiando un Damiani con un Croce o un Oddo con uno Sparaco, i medici continueranno a lavorare sotto organico (così come gli infermieri, del resto),  i referti arriveranno sempre a rilento e i pazienti che ne hanno la possibilità emigreranno.

Siccome tutto ciò viene detto e scritto da anni, senza che nulla cambi, sarebbe il caso che il governo nazionale agisse d’imperio, togliendo alla Regione la gestione della sanità nell’isola, per manifesta incapacità, esattamente come avviene quando si ravvisano infiltrazioni mafiose nei Comuni e si procede a un commissariamento dell’ente, nominando una figura autorevole. Nel nostro caso, dopo anni di avvocati ed economisti specializzati riduzione dei costi, si potrebbe provare a indicare un medico, uno di quelli che la legge istitutiva del Sistema Sanitario Nazionale l’ha letta e ne ha ben chiari obiettivi e finalità. Uno di quelli che ha scelto questa delicata e complessa professione per curare i pazienti e non per lo status che ne deriva. 

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