Il Mar Mediterraneo, noto per la sua biodiversità unica, sta attraversando un periodo di trasformazione radicale. Nuove specie ittiche stanno invadendo le acque del nostro mare, portando con sé sia opportunità che rischi. Un recente studio pubblicato sulla rivista Global Change Biology e coordinato dall’Istituto per le risorse biologiche e biotecnologie marine (CNR-Irbim) di Ancona, due anni fa ricostruì la storia delle invasioni biologiche nel Mediterraneo, concentrandosi sull’introduzione di circa 200 specie ittiche nell’ultimo secolo, accelerata dal cambiamento climatico.
La globalizzazione delle specie marine
Nel corso degli ultimi 130 anni, il Mediterraneo è diventato la regione marina più invasa al mondo. La ricerca dimostra come, a partire dagli anni ’90, l’introduzione di specie esotiche abbia subito un’accelerazione notevole. I cambiamenti climatici, l’apertura del Canale di Suez nel 1869, e il trasporto navale hanno favorito l’ingresso di nuove specie, creando una situazione senza precedenti. Le specie provenienti dal Mar Rosso, attraverso il Canale di Suez, sono tra le più numerose e problematiche, ma anche il rilascio di specie da acquari e il passaggio dall’Atlantico tramite lo Stretto di Gibilterra hanno contribuito al fenomeno.
Opportunità e minacce per il Mare Nostrum: un equilibrio fragile
Le “migrazioni ittiche” nel Mediterraneo possono avere effetti contrastanti. Da un lato, alcune specie esotiche si sono adattate facilmente al clima tropicale, diventando nuove risorse per la pesca, specialmente nelle zone orientali del Mediterraneo. Queste specie rappresentano una fonte di approvvigionamento alimentare e un’opportunità economica per la pesca commerciale, ma non senza rischi. Dall’altro lato, l’invasione di specie esotiche sta minacciando gli ecosistemi naturali del Mediterraneo. Alcuni invasori competono con le specie native, più vulnerabili, riducendo drasticamente la biodiversità locale. La competizione e la predazione da parte delle nuove specie stanno cambiando l’identità faunistica del mare, alterando gli equilibri ecologici già fragili.
La pesca sostenibile e la domanda eccessiva di prodotti ittici
Oltre alla crescente invasione di specie, il Mediterraneo è sotto pressione a causa dell’eccessiva domanda di prodotti ittici. In Italia, ad esempio, il Fish Dependence Day segna il punto in cui il consumo di pesce e frutti di mare supera la capacità di produzione nazionale, con un’impennata di consumo soprattutto nei mesi estivi. Ogni italiano consuma, in media, 31,21 kg di pesce all’anno, ben oltre la media europea di 24 kg. Questa domanda crescente alimenta una pesca eccessiva, che danneggia ulteriormente gli stock ittici. Tra le specie più colpite ci sono il nasello, la sardina, i gamberi viola e rosa, e la triglia di fango. La situazione è complicata dalla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN), che contribuisce alla rapida decimazione delle risorse marine e mette a rischio le economie locali che dipendono dalla pesca.
L’Impatto del cambiamento climatico
Il cambiamento climatico rappresenta un ulteriore fattore di stress per il Mediterraneo. Il riscaldamento delle acque sta portando alla tropicalizzazione del mare, ovvero l’espansione di specie tipiche dei tropici, mentre quelle autoctone, più sensibili all’aumento delle temperature, sono costrette a spostarsi. Questo fenomeno sta riducendo la biodiversità locale, con alcune aree che registrano una perdita di specie native fino al 40%. Altri impatti del cambiamento climatico includono i bloom di meduse, causati da una combinazione di eutrofizzazione, riduzione degli stock ittici e squilibrio degli ecosistemi marini. La perdita delle praterie di posidonia, fondamentali per l’assorbimento di CO2, riduce inoltre la capacità del mare di immagazzinare carbonio, aggravando la crisi climatica globale.
La necessità di un cambiamento di prospettiva
Il rapporto “Il Respiro degli Oceani”, pubblicato dal WWF, analizza questi impatti e richiama l’attenzione sulla necessità di un consumo più responsabile di prodotti ittici. Se il trend attuale persiste, entro metà anno l’Europa esaurirebbe le risorse marine dei suoi mari, costringendo il continente a dipendere dalle importazioni per soddisfare la domanda dei consumatori. Solo comportamenti più consapevoli, come la scelta di pesce certificato e l’adozione di pratiche di pesca sostenibile, possono prevenire il collasso degli ecosistemi marini. Il Mediterraneo, quindi, si trova a un bivio. Da un lato, il cambiamento porta nuove opportunità, ma dall’altro sta mettendo a rischio il fragile equilibrio ecologico di uno dei mari più straordinari del mondo. È necessario agire con urgenza per preservare la biodiversità, contrastare la pesca eccessiva e proteggere gli ecosistemi marini da un futuro sempre più incerto.