All’ombra di Longanesi il diario di Leonardo Agate

Francesco Vinci

All’ombra di Longanesi il diario di Leonardo Agate

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mercoledì 20 Novembre 2024 - 08:44

Il mio diario 2021 (SUSIL edizioni, 2022, pp.182, euro 19) è il titolo con cui Leonardo Agate – poligrafo e pubblicista marsalese – si presenta laconicamente al lettore, senza particolari pose di tipo autoriale. Con il piglio dei grandi diaristi e, al tempo stesso, l’immediatezza e la precarietà dello “scrivente che vive nel mondo postmoderno interconnesso” (come si legge nella quarta di copertina), Leonardo Agate stila giorno dopo giorno il suo diario per tutto l’anno 2021: un anno ancora fortemente sospeso tra gli effetti della pandemia e le prime avvisaglie di presunta rinascita. Non a caso il diario si apre, in data 3 gennaio, con una riflessione sulla suddivisione in ottimisti e pessimisti, in margine alla dolorosa esperienza di un virus sconosciuto e letale, che si conclude con una sentenza stoicamente quasi al limite del disincanto: “Come si fa a essere ottimisti? Meglio essere realisti o pensare di essere insignificanti di fronte all’universo”.

La letteratura diaristica, però, ha sempre qualcosa di capriccioso e imprevedibile: non si accontenta mai, almeno nelle sue pagine migliori, di stare unicamente dentro i suoi ranghi o i suoi confini. Si pensi, soltanto per fare un esempio, alla straordinaria ‘letterarietà’ del Diario di Jules Renard. A corroborare, anche in questo caso, la cifra diaristica finiscono fatalmente per confluire anche note e divagazioni semiserie, aforismi, pensieri più o meno ‘scorretti’, citazioni, tributi a poeti e scrittori prediletti, persino versi.

Il diario diventa così una sorta di zibaldone o una raccolta di scritti di diversa natura, come lo stesso Agate ci avverte in premessa: “Si tratta di pezzi di lunghezza e contenuto vari: dalla cronaca al costume, dalla politica alla storia, dal fantasioso al realistico, dall’aneddoto all’aforisma, dall’ironico al meditativo; tutto quasi sempre controcorrente”.

Tolta l’autoinvestitura forse un po’ troppo velleitaria di essere “quasi sempre” e comunque “controcorrente”, Leonardo Agate possiede da sempre una qualità essenziale più volte sperimentata nei suoi pezzi giornalistici e ormai piuttosto rara a trovarsi in purezza tra gli autori di oggi, spesso inclini alla piacioneria in salsetta social: non corteggia il lettore con nessuna narrazione edificante o pillola di saggezza, né indugia mai sul territorio battuto delle emozioni. Anzi, l’autore di questo diario sembra a volte quasi divertirsi vezzosamente a sconcertare chi lo legge, ostentando le sue piccole e grandi idiosincrasie, i giudizi schietti, il tono greve e tranchant a cui a volte la sua scrittura si abbandona quando commenta in modo dissacrante il tema politico del giorno, il fatto di cronaca o di costume del momento. Siamo più dalle parti del diario in pubblico – per dirla con una cifra novecentesca ormai pressoché archiviata – che del diario intimo o confessionale, su cui ogni tanto si affaccia la figura più volte omaggiata di Leo Longanesi, uno degli autori evidentemente molto amati da Agate, e forse il modello riconoscibile di alcune tra le boutade più esilaranti di questo libro: “Sarebbe opportuno mettere gli scheletri nell’armadio. Il problema sorge quando non si ha l’armadio”.

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Un commento

  1. Sono l’autore del libro recensito Francesco Vinci, con scrittura chiara e incisiva, come spesso non sanno fare i recensori. Non posso che ringraziare Francesco, per avere descritto il mio Diario, come avrei voluto che fosse, e che forse veramente è.
    Come Francesco dice della mi franchezza, altrettanto e di più dico io di lui: non esiste in città un commentatore così auto e leggibile come lui, e non certo per questo suo solo pezzo. Non faccio un complimento per la critica positiva nei miei riguardi, lo dico perché lo penso, e potrei fare paragoni, se non fosse indecoroso, con altri presunti critici che scrivono sui giornali, locali e non solo.

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