Escluse le miniere di Pasquasia e Bosco Palo, si riaccendono le polemiche sul deposito di rifiuti radioattivi a Fulgatore e Calatafimi-Segesta. L’ARS contro, ma il governatore Schifani non si pronuncia. Negli ultimi giorni in Sicilia è tornato al centro del dibattito il tema dello smaltimento delle scorie nucleari, con particolare attenzione al Trapanese. Due dei quattro siti inizialmente individuati per ospitare il deposito nazionale di rifiuti radioattivi sono stati esclusi: le miniere dismesse di Pasquasia (Enna) e Bosco Palo (Caltanissetta). Restano in lizza soltanto Fulgatore, nel comune di Trapani, e Calatafimi-Segesta. Nonostante la crescente preoccupazione delle comunità locali, il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, non ha ancora assunto una posizione chiara sulla questione.
Questo silenzio si fa notare soprattutto se confrontato con l’opposizione netta del suo predecessore, Nello Musumeci, e con quella dell’Assemblea Regionale Siciliana (ARS), che si era espressa all’unanimità contro la possibilità di realizzare un deposito di scorie in Sicilia. La Sogin, la società incaricata della gestione delle scorie nucleari e del decommissioning degli impianti, ha confermato di essere ancora in attesa della conclusione della Valutazione Ambientale Strategica e di non aver preso una decisione definitiva. Tuttavia, l’esclusione degli altri due siti siciliani ha concentrato l’attenzione su Fulgatore e Calatafimi-Segesta, alimentando il malcontento tra i residenti. Il progetto prevede la costruzione di un deposito nazionale che stoccherà circa 78.000 metri cubi di rifiuti radioattivi per almeno 300 anni. La popolazione locale, supportata da diversi comitati civici, continua a manifestare preoccupazioni per l’impatto ambientale e sulla salute che un deposito di scorie potrebbe avere, chiedendo alla Regione un intervento chiaro e deciso a tutela del territorio. Le due località siciliane sono infatti considerate zone di alto valore paesaggistico e culturale.
A Calatafimi-Segesta, il deposito sorgerebbe a breve distanza dal celebre Tempio di Segesta e dalle Terme Segestane, mentre Fulgatore si trova in una zona rurale caratterizzata da coltivazioni d’eccellenza e vicina a importanti riserve naturali. La prospettiva di trasformare questi luoghi in un sito per lo stoccaggio di rifiuti radioattivi è stata definita da molti come una “follia”, non solo per la valenza turistica e agricola dell’area, ma anche per i rischi legati alla sismicità della vicina Valle del Belice. Le critiche si concentrano anche sulle modalità con cui sono stati selezionati i siti. Il territorio di Calatafimi-Segesta e Fulgatore presenta caratteristiche geologiche e idriche che potrebbero rendere inadeguata la costruzione di un deposito nucleare. L’esclusione delle due miniere dismesse in Sicilia non ha fatto altro che concentrare l’attenzione su queste due aree, aumentando il malcontento della popolazione, già mobilitata con manifestazioni pubbliche contro il progetto. Il sindaco di Trapani, Giacomo Tranchida, e il primo cittadino di Calatafimi-Segesta, Francesco Gruppuso, hanno ribadito con forza la loro opposizione, sostenuti dalle associazioni di categoria del turismo e dell’agroalimentare. Il timore è che un simile progetto possa compromettere irreparabilmente l’economia locale, basata su settori strategici come il turismo e l’agricoltura, e trasformare il Trapanese in una “pattumiera nucleare”. Nonostante le rassicurazioni della Sogin sulla sicurezza del deposito, che dovrebbe essere operativo entro il 2029, le comunità locali chiedono che il governo nazionale riconsideri la scelta e protegga il patrimonio naturale della Sicilia. Mentre al presidente Schifani si chiede di prendere una posizione chiara e netta contro l’ipotesi. I siciliani riusciranno ad ottenere una risposta?