Lei è Marisa Leo, giovane donna 39enne e professionista originaria di Salemi che lavorava per la Cantina Colomba Bianca, tra Petrosino e Mazara, come responsabile marketing e comunicazione. Aveva una figlioletta di 4 anni. Lui, Angelo Reina, l’assassino 42enne che inizialmente si pensava fosse originario di Valderice ma che viveva in contrada Bosco, a Marsala, è l’ex compagno che lei aveva – secondo diverse fonti a lei vicine – denunciato per stalking per poi rimettere l’atto. Gestiva un vivaio di famiglia dopo la morte del padre avvenuto in seguito ad un incidente stradale.
Mercoledì sera, Reina aveva dato appuntamento a Marisa, probabilmente l’ennesimo, per ‘chiarire’ la loro situazione.
Ed è in zona Ferla, tra Marsala e Mazara, che è avvenuto l’omicidio: lui la uccide con un colpo di pistola. Molti sui Social definiscono la vicenda “una tragedia annunciata”, perchè diverse persone vicine a Marisa e molte colleghe sapevano della tormentata vicenda con il suo ex. Adesso una bimba crescerà senza la mamma brutalmente uccisa dal papà che si è poi recato nei pressi del viadotto in zona Castellammare e si è sparato un colpo alla testa.
Le istituzioni, i sindacati e il mondo politico è intervenuto in merito. “La nostra comunità è sotto shock per questo gesto di assoluta follia. Serve una rivoluzione culturale. È necessario educare i nostri giovani al rispetto della vita umana, della donna” afferma il sindaco di Marsala Massimo Grillo. Cisl, Cgil e Uil parlano di uno “… stato di emergenza, la violenza contro le donne fra le mura domestiche e fuori, sembra dilagare in modo sconvolgente nelle nostre città” e che servono più servizi al fine di promuovere la cultura della non violenza. “Non è più differibile l’intervento nelle scuole che educhi al rispetto dei sentimenti, anche quando questi sono contrastanti e quando si esprimono con un no”, sono le parole di Rossana Titone, responsabile Politiche Sociali IV.
Per questo ci corre l’obbligo, ancora una volta, di dare spazio a chi ogni giorno lotta contro le violenze sulle donne, a chi conosce e combatte quotidianamente nei nostri territori, gli abusi e i femminicidi. “Rabbia, orrore, impotenza. Un’altra vita spezzata. Sentimenti che viviamo ogni giorno e non è facile, neppure quando hai un’esperienza ventennale in questo ambito, digerire il tutto; ogni caso è un dramma, una ferita. Dovremmo essere abituate ad accogliere questo dolore ma non è così ed è pesante”, sono queste le parole fortemente espressive e cariche di costernazione di Francesca Parrinello, Presidente del Centro Antiviolenza “La Casa di Venere”.
L’operatrice ci ricorda come tutti siamo chiamati a un senso di responsabilità: “Non ci può essere mai una giustificazione al femminicidio – continua Parrinello -, anche se lui poi si è ucciso. Scriviamo le cose nel modo corretto, non sminuiamo la violenza che è accaduta. E’ un’emergenza sociale e la politica deve agire in fretta, è un problema esteso; c’è qualcosa che dobbiamo rivedere, dobbiamo partire dalle scuole, fare formazione e informazione, lavorare coi giovani perchè sono loro il futuro, dobbiamo dare loro valori più forti”.
Formazione anche nelle aule di Tribunale, dove spesso – sempre per un fattore culturale – non si riesce a trattare adeguatamente una violenza di genere nonostante le leggi, il Codice Rosso e la Convenzione di Istanbul: “Quando c’è un precedente di stalking il giudice non può accordare la bi-genitorialità, ovvero l’affidamento congiunto della figlia, e invece è un errore che si fa spesso – specifica l’operatrice antiviolenza -. Alle donne vittima di abusi nell’ambito domestico e non invece dico: rivolgetevi ai centri antiviolenza formati ad hoc per statuto e non a semplici associazioni, avrete la sicurezza di un supporto. Vi diremo sempre di non andare all’ultimo appuntamento, perchè sarà veramente l’ultimo. Vi daremo supporto per avviare un percorso di consapevolezza in modo tale che sarete libere, poi, di denunciare”.
Infine un ultimo promemoria su quanto aberrante possa essere la violenza di genere: “E’ un fattore culturale, la donna viene vista come un oggetto ed è subordinata all’uomo e a prescindere dal ceto sociale. Penso alla piccola – conclude Francesca Parrinello -. Chissà cosa avrà visto tra la madre e il padre, quali fenomeni di maltrattamento, quali traumi”.
“Ciao Marisa, eri e sarai luce” è il messaggio di cordoglio della cantina Colomba Bianca per cui lavorava Marisa Leo. All’azienda vinicola si aggiunge il dolore dell’Associazione Donne del Vino, di cui la professionista faceva parte.