Processo Perricone, ultima udienza prima della pausa estiva

Linda Ferrara

Processo Perricone, ultima udienza prima della pausa estiva

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giovedì 15 Luglio 2021 - 18:29

È terminata il 2 luglio scorso l’arringa dell’avvocato Giuseppe Benenati che nel processo scaturito dall’inchiesta “Affari sporchi” del 2016 difende il politico alcamese. Oltre all’assoluzione per i reati contestati dall’accusa, per l’ex vicesindaco di Alcamo il legale ha chiesto il dissequestro di 288 mila euro.

Domani si svolgerà nell’aula intitolata all’avvocato Alberto Giacomelli del tribunale di Trapani l’ultima udienza, prima della pausa estiva, del processo a carico di Pasquale Perricone, ex vicesindaco di Alcamo, e di altri tre soggetti: la cugina Maria Lucia Perricone (detta Mary), l’ex legale rappresentante della Promosud srl, Marianna Cottone, e il funzionario del Centro per l’impiego della città, Emanuele Asta. Gli imputati devono rispondere di vari reati, tra cui: associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta e preferenziale, truffa ai danni dello Stato e della Ue, corruzione. Davanti al collegio dei giudici, presieduto dal dottore Enzo Agate e a latere le dottoresse Roberta Nodari e Chiara Badalucco, l’avvocato Giuseppe Benenati il 2 luglio scorso ha terminato la sua arringa iniziata il 18 giugno.

Dopo avere trattato questioni di diritto, il legale del politico alcamese, nel corso della prima udienza citata si era soffermato sui reati di associazione a delinquere e sulle dichiarazioni del luogotenente Giacomo Sorrentino della guardia di finanza che si è occupato delle indagini. In particolare, sul fatto che nella sede della Promosud, in via Goldoni n°6 ad Alcamo, fossero presenti documenti di diverse società che operavano in altri luoghi. Secondo la tesi della difesa, dal momento che la Promosud era un consorzio, nato per curare la contabilità della consociate (tranne quella di Coimp), i documenti che riguardavano queste ultime avrebbero dovuto trovarsi all’interno del suddetto stabile. Dunque, per l’avvocato Benenati non ci si dovrebbe meravigliare. In merito ad un’intercettazione del 2015, il legale dell’ex vicesindaco ha affermato che il suo assistito non avrebbe espresso preoccupazione per le perquisizioni delle fiamme gialle, ma per la visita del liquidatore della Cea, il dottore Pasquale Russo (coinvolto in un procedimento parallelo), in quanto il contratto di locazione tra la Cea e la Promosud avrebbe escluso il subaffitto degli spazi occupati dalla società. Per quanto concerne le dichiarazioni di Vitalba Palmeri, ex dipendente della Promosud e presidente della Dafne Consulting, facente parte della galassia di società per l’accusa riconducibili al Perricone, l’avvocato Benenati ha sostenuto che la stessa ha mentito riguardo le disposizioni che il suo assistito le avrebbe dato a ridosso delle perquisizioni. Pasquale Perricone non le avrebbe detto di portare con sé le carte della Dafne perché i documenti presenti sulla sua vettura sarebbero stati in suo possesso già un anno prima. Per quanto riguarda i rapporti con Mary Perricone, considerata dalla Procura la longa manus del politico alcamese nella Cea, l’avvocato Benenati ha spiegato che la cugina si sarebbe recata negli uffici in via Ferro di Pasquale Perricone e gli avrebbe chiesto di parlare con il presidente del Coveco per aiutare la società fondata nel ’69 dal padre dell’ex vicesindaco di Alcamo. Nel 2012, invece, Perricone si sarebbe rivolto alla parente chiedendole una mano per l’acquisto di crediti vantati dalla Promosud nei confronti della Aimeri Ambienti relativi ad un servizio di guardiania. Visto che la società Magara di Mary Perricone si occupava solo del recupero dei crediti, si sarebbe poi rivolto alla Demofin, su suggerimento della cugina, che avrebbe acquistato il 70% dei crediti sopracitati. In detto periodo, ha continuato l’avvocato Benenati, Mary Perricone avrebbe lavorato anche per conto del liquidatore della Cea, motivo per il quale si sarebbe recata presso gli uffici in via Goldoni. Inoltre, dopo avere ricevuto l’avviso di proroga delle indagini su Nettuno (la consortile creata come centro di imputazione dei costi per i lavori del porto di Castellammare del Golfo) nel corso della conversazione captata del 20 marzo del 2015, nel timore di essere intercettato il Perricone esprimeva preoccupazione alla cugina, ma, secondo la difesa del politico alcamese, si evincerebbe che quest’ultimo non conoscesse la Magara e, dunque, la stessa non c’entrerebbe nulla con le società a lui riconducibili. Sempre relativamente alla galassia di società attribuibili al Perricone, durante l’udienza del 18 giugno, l’avvocato Benenati si era soffermato sulla Imex Italia (unica società nella quale il politico alcamese figura come amministratore), che si occupava di import/export e che venne fondata nel 2000, quando ancora sarebbe stato all’interno della Cea. Per tale motivo, ne avrebbe discusso con gli amministratori della cooperativa fondata dal padre. Il 5% della Imex sarebbe stato infatti acquistato da Domenico Parisi (imputato in un processo parallelo). Da tale società, sarebbe stata inoltre assunta Marianna Cottone nel 2008, prima di diventare legale rappresentante della Promosud nel 2011. Nel 2012, la Imex si sarebbe occupata poi di piccole manutenzioni edili e per effettuare tali opere Pasquale Perricone avrebbe coinvolto Mario Giardina (coinvolto nell’inchiesta), che era stato licenziato nell’ambito dei lavori del porto di Castellammare del Golfo. Entrambi avevano anche lavorato insieme all’interno della Cea. L’avvocato Giuseppe Benenati ha spiegato che la frase espressa nell’intercettazione del 4 agosto del 2014 da Pasquale Perricone “Imex foraggia pure la scopa” dovrebbe essere intesa nel senso che le altre società sarebbero state in perdita e, quindi, l’unica su cui sarebbero gravati i costi sarebbe stata proprio la Imex. Per quanto concerne le fatture false, il legale ha affermato che la Imex non ne ha emesse. Il presidente Agate ha ricordato che tale punto non è trattato nel capo di imputazione. Relativamente alle acquisizioni delle attestazioni Soa della Cea nel 2014, l’avvocato Benenati poi ha dichiarato che prima sarebbe stato concluso un accordo con la ditta Saullo e che nelle intercettazioni con Anzalone della Soatech, concernenti la creazione del consorzio Coimp, Perricone avrebbe rinunciato all’acquisto delle certificazioni dal liquidatore della cooperativa (mentre per l’accusa sarebbero stati in combutta per cannibalizzare la Cea). Nel 2011, ha evidenziato il legale, il dottore Russo sarebbe stato già a conoscenza dello scarso valore delle Soa perché la Cea avrebbe ricevuto un provvedimento di sospensione e revoca della certificazione, che è stato prodotto dalla difesa nel corso del dibattimento. Inoltre, detto scarso valore sarebbe stato anche rappresentato nella memoria del 2016 del commissario liquidatore. Dopo, il difensore ha sottolineato che il Coimp non avrebbe tentato di acquisire tali certificazioni, anche perché la legge vieterebbe tale operazione ai consorzi stabili. Riguardo, invece, le quattro postepay intestate a Perricone Pasquale, Marianna Cottone, Vitalba Palmeri e Santo Frazzitta, queste sarebbero state utilizzate per pagare i lavoratori cubani che effettuavano la pubblicità dei prodotti della Imex. Se per l’accusa il valore degli importi delle carte utilizzate per un anno e mezzo sarebbe stato pari a 30 mila euro, ha spiegato il legale, per la difesa al contrario questo sarebbe pari a 10 mila euro in 3 anni (2013-2015). Poi, la società Alimpex, che la teste Annamaria Emmolo aveva indicato come società gestita occultamente dal Perricone, sarebbe invece una società cubana con la quale la Imex avrebbe intrattenuto dei rapporti commerciali. L’avvocato Benenati ha inoltre aggiunto che a Cuba solamente lo Stato può effettuare una compravendita. Per quanto concerne la Promosud fondata nel 2005, e che successivamente si sarebbe occupata di formazione professionale, il difensore dell’ex vicesindaco di Alcamo ha precisato che nel 2002 si chiamava Alcaexport e tra le ditte socie figurava anche quella di Vincenzo Puma, marito di Francesca Cruciata, la consulente contabile coinvolta nell’inchiesta della magistratura del 2016. Proprio nello studio della professionista in piazza Pittore Renda ad Alcamo sarebbe stata fondata la menzionata società di cui era presidente Pasquale Perricone. La Promosud sopracitata non va però confusa con l’omologo consorzio costituito nel ’96 tra la Cea e le impresse del gruppo Emmolo. La Promosud nata nel 2005 e che, dunque, nel 2011 avrebbe cambiato statuto e si sarebbe occupata della formazione professionale. Si sarebbero inoltre succeduti diversi amministratori all’interno di questa società perché Perricone sarebbe stato impegnato in politica e con i suoi affari a Cuba. Il politico alcamese, però, non sarebbe stato un amministratore occulto della stessa perché presente nel consiglio di amministrazione della società mediante la Imex che sosteneva i costi di gestione. Tra il 2007 e il 2008 la Promosud avrebbe poi organizzato un Master in via del Carroccio e non in via Goldoni e, quindi, non vi sarebbe stata la disponibilità di quei locali dove, per l’accusa, Perricone avrebbe da sempre gestito la galassia di società a lui riconducibili così come la Cea. Successivamente, sarebbero stati organizzati i corsi di formazione e a questo punto la Promosud avrebbe chiesto i locali in affitto al primo piano dell’immobile della cooperativa, che sarebbero stati ristrutturati, ma con entrate diverse rispetto agli spazi occupati dalla Cea. Per la Procura, invece, la porta della scala interna dei due piani (piano terra e primo piano) sarebbe stata aperta e, dunque, accessibile. Per quanto concerne detto contratto di affitto, per la difesa sarebbe stato concluso nel 2009, come dimostrerebbe un documento dell’Agenzia delle Entrate; secondo l’accusa, risalirebbe al 2007, come si evincerebbe da una visura camerale. Per l’avvocato Benenati, quindi, fino al 2013 l’ufficio di Pasquale Perricone si sarebbe trovato in via Ferro, dove vi sarebbe stata anche la sede legale della Promosud, e non in via Goldoni per l’appunto. Per la Procura, al contrario, ciò sarebbe una messa in scena. Relativamente ad una intercettazione del gennaio del 2015, Perricone avrebbe parlato delle indebite trattenute solo alla Palmeri perché riguardavano un lavoro svolto due volte. L’avvocato Benenati poi ha precisato che Promosud (ex Alcaexport) non avrebbe fatto delle fatture a Cea e quindi non è possibile che la società si trovi nello stato passivo della cooperativa, ma si tratterebbe dell’omologo consorzio. In seguito, il legale ha raccontato la vicenda dell’associazione tra la Promosud, la Paidos e la Work in Progress. Nel 2007 l’Aimeri Ambiente vinse infatti l’appalto per la raccolta rifiuti in provincia di Trapani. La distribuzione dei contenitori venne data in subappalto alla cooperativa Spazio Libero di Angelo Rappa, amico di Perricone, e poi il servizio di guardiania alla Paidos e alla Work in progress con associati alcamesi. Queste ultime due società vennero costituite a Palermo e divennero socie di Ambiente e Servizi, la quale finì in liquidazione. A questo punto sarebbe subentrata la Promosud diventando titolare anche del contratto con l’Aimeri. Per la difesa, comunque, dette società non avrebbero fatto sostanzialmente nulla e nemmeno pagato i lavoratori. Da qui, la vicenda relativa al recupero crediti del 2014. La Dafne Consulting di Palermo ha partecipato all’avviso 1 del 2010. Inoltre, grazie a Tiziana Piazza, la quale presentò la proposta di accorpamento con detta società, sarebbe stato consentito alla Promosud di accreditarsi per i corsi di apprendistato e di mantenere attivo un corso. Tra i soci di Dafne figuravano dunque Paidos e Work in Progress che, a loro volta, erano anche soci della Promosud. Sarebbe stato il Perricone a chiedere a Vitalba Palmeri di diventare presidente della Dafne. Il legale dell’ex vicesindaco ha poi voluto precisare che la Promosud al suo interno non aveva soci lavoratori perché sarebbe stata un consorzio di imprese, come già detto, ma queste ultime avrebbero avuto dei soci lavoratori da poter impiegare. In fine, nel corso della prima udienza dedicata all’arringa dell’avvocato Benenati, il difensore del politico alcamese ha concluso ricordando che il Coimp nel giro di cinque mesi cessò la sua esistenza, mentre la presidenza del consorzio stabile sarebbe stata affidata a Mary Perricone per evitare delle incompatibilità per partecipare alle gare d’appalto.

La seconda parte dell’arringa dell’avvocato Giuseppe Benenati è invece terminata il 2 luglio scorso. Oltre all’assoluzione per i reati di truffa e falso e per la bancarotta fraudolenta, in quell’occasione, per l’ex vicesindaco di Alcamo il legale ha chiesto il dissequestro di 288 mila euro.

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