Il prezzo del petrolio torna a crescere: ecco la situazione

redazione

Il prezzo del petrolio torna a crescere: ecco la situazione

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mercoledì 16 Giugno 2021 - 11:41

La ripresa economica che sta riprendendo sempre più vigore anche grazie alla buona efficacia del piano vaccinale di diversi Paesi ha, di fatto, rilanciato anche il prezzo dell’oro nero. Un anno devastante, il 2020, che ha messo in crisi anche tanti investitori che hanno tenuto d’occhio giorno e notte anche le minime variazioni del prezzo petrolio, ma a partire da gennaio qualcosa è cambiato.

Sì, perché le quotazioni del greggio hanno fatto un balzo da 40 dollari al barile fino ad arrivare a toccare i 70 dollari, picchi che sono stati raggiunti più e più volte nel corso degli ultimi giorni. La ripresa dei consumi di prodotti petroliferi, dove ha trovato gli stimoli? Gli addetti ai lavori sono convinti che la riapertura completa delle economie a stelle e strisce, ma anche del Vecchio Continente, abbia avuto un impatto fondamentale. In realtà, però, pare che la situazione non sia da trattare in modo così superficiale, visto che in questo caso a fare la differenza e a pesare potrebbe non essere esclusivamente il fattore legato alla domanda.

Il consumo complessivo di petrolio e il suo trend

Proprio per spiegare l’ultimo concetto, è fondamentale dare un’occhiata a un grafico che mostra l’andamento del consumo complessivo di derivati del petrolio nel corso degli ultimi trenta mesi. Nonostante la domanda sembra che vada ad aumentare nel corso dei prossimi mesi, o perlomeno queste sono le previsioni, al termine dello scorso mese di maggio, il rimbalzo dei consumi che un po’ tutti gli esperti si attendevano, non è mai arrivato.

Anzi, c’è stata una richiesta da parte del mercato di qualcosa come 96 milioni di barili quotidiani. Si tratta di un dato che perde circa il 6% in confronto al valore che è stato rilevato durante il mese di dicembre di due anni fa, proprio in prossimità dello scatenarsi dell’emergenza sanitaria legata al Coronavirus.

Nel corso dell’ultima estate, il notevole rimbalzo dei consumi ha di fatto supportato la risalita dei prezzi, che intanto erano scesi fino a toccare i minimi storici, navigando al di sotto dei 20 dollari al barile, fino a riprendere quota e oltrepassare la soglia dei 50 dollari al barile. È abbastanza facile intuire, però, come ci siano tanti altri fattori che devono essere individuati dal punto di vista dell’offerta che, al momento, è ancora notevolmente contingentata.

I tagli alla produzione Opec e non solo

Durante lo scorso anno, l’offerta di petrolio ha ricalcato in misura impressionante le fluttuazioni a mò di montagna russa della domanda. Rispetto alla discesa verticale del prezzo, che è stata registrata a marzo 2020, per colpa del buco nell’acqua dei colloqui nell’ambito del cartello dei più importanti Paesi che producono l’oro nero, ovvero l’Opec.

Quella frattura che, ad un certo punto, pareva davvero difficile da sanare tra Arabia Saudita e Russia, solamente poche settimane dopo, ad aprile, si è trasformata in un’intesa di massima. Tra il mese di aprile e quello di giugno dello scorso anno, la produzione ha fatto registrare un repentino calo che ha sfiorato i 10 milioni di barili al giorno.

Un taglio decisamente senza fronzoli che, però, pare proprio essere stata la mossa migliore, soprattutto tenendo conto della prospettiva di rimettere prima o poi le mani sul mercato petrolifero. Ebbene, tale decisione ha causato una crescita verticale in relazione al surplus di capacità produttiva, in modo particolare quello dell’Arabia Saudita, che ha toccato numeri davvero da record a luglio 2020, nel momento in cui i pozzi di petrolio di Wafra e Khafji, che si trovano nell’area demilitarizzata tra Kuwait e Arabia Saudita, ha ripreso la sua operatività, con un incremento potenziale di 500 mila barili al giorno.

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