“Una vita che vuole sprigionarsi”. La scuola di teatro di Perriera

redazione

“Una vita che vuole sprigionarsi”. La scuola di teatro di Perriera

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sabato 12 Settembre 2020 - 06:30

Dieci anni fa ci lasciava Michele Perriera, scrittore, drammaturgo e regista teatrale, a cui dal 1997 al 2005 fu affidata la direzione della scuola di teatro del Comune di Marsala, e che negli anni ha formato diverse generazioni di talenti attoriali, alcuni dei quali oggi affermati a livello nazionale. La redazione di Marsala C’è e Itacanotizie, per ricordarne la memoria, pubblica un capitolo di Romanzo d’amore, la lunga autobiografia teatrale di Perriera, edito da Sellerio nel 2002, in cui viene rievocata – tra cronaca, memoria e diario intimo – l’esperienza del primo corso della scuola di Marsala, con i nomi della maggior parte dei protagonisti di quella stagione.

Mi telefona l’assessore alla cultura del Comune di Marsala. Si chiama Nino Rosolia. Mi dice che gradirebbe parlarmi per concertare con me la possibilità di rinnovare profondamente il gusto teatrale di Marsala e di offrire ai giovani della sua città una cultura scenica «di livello europeo». Mi chiede un incontro a Marsala. L’assessore ha una voce cupa, timida e leale.

L’incontro avviene nel bar della grande piazza, dove sorge il Teatro Impero, in via di restaurazione: un piccolo monumento d’arte fascista, interessante all’esterno, piuttosto squallido all’interno.

Nino Rosolia è un giovane non ancora quarantenne, credo, dai tratti fisici piuttosto delicati, quasi infantili, parzialmente camuffati da una folta barba da marinaio, in fondo alla quale campeggiano due occhi molto intensi che sprizzano candore, ambizione e prudenza. Ci tiene a dire che si è rivolto a me, non solo perché segue da anni sui giornali la mia attività, ma perché è stato fortemente motivato da persone che «ti stimano immensamente come Dacia Maraini, Vincenzo Consolo, Eliodoro e Giovanni Sollima».

«Abbiamo concertato col sindaco Lombardo di farci guidare da te nel rilancio del teatro a Marsala. Ci sono due questioni sulle quali vorrei impegnarti: nella programmazione dei due teatri di cui disponiamo (il Teatro Impero e il delizioso Teatro Comunale, costruito nell’Ottocento); e nella progettazione e creazione di una scuola di teatro. Ti dico subito che personalmente tengo alla seconda iniziativa in modo particolare. So che hai un’esperienza quasi ventennale di una scuola di teatro e che essa suscita entusiasmo. Vorrei che tu facessi anche qui un’impresa simile a quella di Palermo: uno “scavo culturale” che lasci il segno».

Ero incerto. Da un lato mi preoccupava impelagarmi in una nuova scuola di teatro, che mi avrebbe coinvolto con la solita intensità, e mi avrebbe però esposto ai soliti complicati rapporti con l’ente pubblico. Era più tempo di passione? E quanto avrei resistito alle nuove pastoie burocratiche, ora che mi ero ripromesso di fare teatro e laboratori «di passaggio»? Del resto tutte le mie depressioni, come tutte le mie esaltazioni, erano nate da Teatés, cioè dall’organismo stabile che avevo voluto creare. Le esperienze «estemporanee» erano sempre state molto miti. Era il caso di impegnarsi a lungo termine? D’altra parte la vecchia «esaltazione», sotto sotto, non era spenta. Il carattere pionieristico dell’impresa mi attirava ancora. E del resto quel giovane assessore era così sensibile al progetto etico e pedagogico, che mi conquistò, credo, assai più rapidamente di quanto forse non sembrasse. Volli essere comunque freddo nella risposta. Avrei preparato il progetto e fatto la scuola a certe condizioni economiche e se mi si offrisse la collaborazione di un marsalese di grandi qualità culturali, organizzative e passionali. Sulla prima delle due condizioni Nino Rosolia mi assicurò una risposta a breve termine; per quanto attiene alla seconda, convocò subito, disse, la «persona adatta». Poco dopo conoscevo Massimo Pastore, giovane pianista e compositore di eccezionale trasporto morale e culturale. Dotato di rara sensibilità artistica, mi sembrò anche disposto a qualunque fatica per una bella causa. «Sì, è la persona giusta», dissi all’assessore mezz’ora dopo. E così da questo incontro a un bar, dove non mancava una squisita crema di ricotta, da questo incontro a tre, nacquero – quando tutto sembrava morire – le fondamenta di un’altra mia avventura.

Non dimenticherò mai l’incredibile numero di giovani che si è sottoposto ai provini per l’ammissione alla scuola di teatro di Marsala. Non dimenticherò Rina Martinez, una delicatissima insegnante, che con intelligenza mi ha affiancato (assieme a Massimo Pastore) nella ricerca dei 40 giovani da ammettere al corso biennale per attori e registi. Non dimenticherò tutti i quaranta allievi di Marsala che, con gli occhi accesi di curiosità e di tensione, hanno iniziato il corso; né la grande folla di marsalesi che ha assistito alla mia prima «lezione aperta». Non dimenticherò soprattutto il gruppo che mi avrebbe accompagnato, fino alla conclusione del corso, in questa mia nuova concessione alla rinascita. Alessio Piazza, Guglielmo Lentini, Fabiola Filardo, Anna Clara Giampino, Francesco Teresi, Evelyn Magaddino, Stefania Parrinello, Massimo Graffeo, Mariella Sasso, Loredana Tramati, Adriana Parrinello, Mattia Salerno e tanti altri. E ha voluto frequentare le lezioni anche un giovane scrittore, Francesco Vinci, di sottilissimo gusto estetico, critico e poeta delizioso, dotato di intelligenza e di ironia dal respiro profondo. Dio, quanti volti della conoscenza, della scoperta, dell’affetto. Quanti respiri di una vita che vuole sprigionarsi, ho incontrato nella vita. E quanti me ne hanno ricordato questi ragazzi di Marsala, che mi strapparono alla mia stanchezza. Quanta bellezza contiene, nel suo brutto guscio, questo insidioso mondo. E quanto è inebriante il profumo di quel mondo «aperto», in una fase della mia vita in cui tendevo a sprofondare nel chiuso del mio «studio».

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